1.30 • LA TERZA REGOLA

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Però non ero proprio il tipo da aspettare e sperare. Anche perché non riuscivo in alcun modo a darmi pace per ciò che era accaduto.

«È stata colpa mia» ripetei a Kirk per la centesima volta.

«Ti dico di no» rispose lui, paziente. «Tu hai fatto quello che ti sei sentita di fare».

«Io non potevo pensare che...» cantilenai.

«Certo che no» convenne.

«Sei stata un'incosciente, come tuo solito» intervenne Gilbert, porgendoci due fumanti tazze di tè lì sul tappeto davanti al divano dove eravamo seduti. «Ma di sicuro non potevi immaginare che intervenisse Arianna».

«Nè che intervenisse in quel modo» concordò Kirk. «E neanche Jurgen».

«Tua madre ha sicuramente percepito la tua paura, per questo si è precipitata» disse Gilbert. «Una volta sul posto è intervenuta per evitare che facessi qualcosa di inconsulto, di cui poi ti saresti potuta pentire». 

«Per noi in battaglia è molto facile attaccare. Gli Umani sono spesso, anzi quasi sempre, letteralmente accecati da sentimenti come l'ira o la vendetta. Avresti potuto davvero comprometterti» disse Kirk.

Mi presi la testa tra le mani.

«Quindi è stata colpa mia» conclusi.

«No, Ania» ripetè Kirk. «Non puoi controllare le emozioni solo per evitare che gli altri geni le sentano. Ci riescono i Velatori e anche alcuni Perturbatori di Anime ma non certo i Vendicatori che, anzi, in genere sono tra i geni più...»

«Scellerati» concluse Gilbert, togliendolo dall'imbarazzo.

«Non riesco a capire» dissi. «Non riesco a capire. Deve esserci un modo... un guaritore...»

«Non sono feriti quindi non devono essere guariti» disse Gilbert. «Devono solo ricostituirsi. Rimettersi in forze».

«Quindi staranno bene?» domandai.

Anche quella domanda l'avevo già posta una decina di volte.

«Usciamo a farci un giro?» mi chiese Kirk. «Andiamo in Accademia, dai».

L'Accademia. Eravamo proprio lì quando...

«Aspetta» dissi, alzando di scatto la testa. «Le illusioni dell'Accademia. Mi hai detto che sono i Velatori e tenerle in piedi. Con quale numen? Non ci sono mortali da cui attingere, qui».

«L'Accademia è un discorso diverso» disse Kirk. «È stata fondata da Alastor e lì non valgono le regole che conosciamo. Lì il potere non ha limiti».

«E non vi siete mai chiesti perché?» chiesi.

«È così e basta».

«È così e basta?» domandai, alzandomi in piedi. «Mi prendi in giro?»

«Che vuoi che ti dica?» rispose lui. «Non posso darti un'informazione che non ho».

«Ce l'ho io» intervenne Gilbert, e entrambi ci voltammo a guardarlo.

«Che stai dicendo?» gli domandò Kirk.

«Quello che ho detto» rispose lui. «L'intera Accademia è stata creata sulla base di un catalizzatore».

«Un catalizzatore?» domandai, piena di speranza. «Possiamo portare lì mia madre e Jurgen e vedere se li aiuta a...»

«Non possiamo» mi interruppe Gilbert.

«No, assolutamente» convenne Kirk. «Non si portano geni feriti o ammalati in Accademia».

«Perché no?» chiesi, impaziente.

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