1.38 • CHI VIOLERÀ QUESTO LUOGO SIA MALEDETTO

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«Buongiorno» mi disse Kirk. «Bevi un po' d'acqua. Come ti senti?»

Mi misi a sedere cercando di soffocare l'impressione che qualcosa mi stesse rimbalzando nella testa da una parete all'altra della scatola cranica. Afferrai il bicchiere e, al secondo o terzo tentativo, riuscii a portarlo alla bocca e a bere. Mi guardai intorno, strizzando gli occhi, ma tutto era buio e silenzioso.

«Mi sento uno schifo» risposi, massaggiandomi le tempie. «Dove siamo?»

«A casa di Gilbert».

«Nel sotterraneo della Setta?»

«No, a Tibur» rispose. «Vuoi altra acqua?»

«Sì, grazie».

Bevvi avidamente. Avevo le labbra secche e mi sembrava di essere disidratata da giorni.

«Non si potrebbe avere un po' di luce?» chiesi, asciugandomi la bocca col dorso della mano.

«Gilbert dice che è meglio se rimaniamo al buio per qualche ora ancora» rispose. «Per il mal di testa».

«Ok» risposi.

Stare al buio poteva anche essere un vantaggio, in fondo. Non sarei stata costretta a guardare la sua cicatrice, per esempio.

«Abbiamo fallito» sussurrai. «Mi dispiace».

Lo sentii muoversi nelle tenebre e poi sedersi sul mio letto.

«Non dispiacerti» rispose, a voce altrettanto bassa. «Non è colpa tua».

E invece era colpa mia. Eccome.

Lo cercai, tastoni. Le tenebre mi infondevano coraggio, rendevano tutto più facile. Gli presi il viso tra le mani. La metà destra era stata fasciata.

«Ti fa male?» chiesi, con un filo di voce.

«Per niente» rispose lui.

Forse era vero. Anche l'ustione che avevo sul polso era rimasta totalmente indolore. Eppure mi sentivo male lo stesso.

«Scusa» dissi, gli lasciai il viso e mi feci un po' indietro.

La porta si spalancò in quel momento. Un fascio di luce ci colpì in pieno, costringendomi a portarmi una mano davanti agli occhi e a rantolare di dolore per la fitta che sembrava mi stesse spaccando la testa in due.

«Scusate» disse Gilbert, richiudendosi subito la porta alle spalle. «Spero di non aver interrotto niente».

«Che è successo?» domandò Kirk.

«Melania, tua madre si è svegliata» disse.

«Davvero?» domandai con troppa enfasi, tanto da provocarmi un'ulteriore stilettata alla testa.

«Ovviamente» rispose.

«E Jurgen?» chiesi.

«No, lui no» rispose Gilbert.

Rimanemmo in silenzio. Kirk immerso in chissà quale turbinio di pensieri. Io assurdamente schiacciata dal senso di colpa anche per quella nuova rivelazione. E Gilbert, la cui espressione di rimprovero mi era più che manifesta senza neanche il bisogno di guardarlo in faccia alla luce.

«Non so cosa vi sia venuto in mente» disse, alla fine.

«Lo sapeva che avrei provato a...» iniziai, ma lui mi interruppe subito.

«A infilarti nel sito più maledetto e infestato di tutto il regno?» chiese, a voce troppo alta.

Quando smise di parlare le orecchie presero a fischiarmi come dopo un concerto.

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