2.11 • QUALCOSA DI VAGAMENTE AZZURRINO

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Lo avevo aspettato a lungo poi, un po' depressa, mi ero messa i pantaloni della tuta e la canottiera che usavo come pigiama e mi ero messa a letto. Avrei dovuto immaginarlo. Rei non era tipo da violare le regole.

Avevo quasi preso sonno quando sentii bussare alla finestra, che avevo lasciato aperta. Scattai a sedere sul letto.

«Rei! Pensavo che...»

«Scusami» mi interruppe, scavalcando il davanzale con l'agilità di una gazzella. «Yumi era ancora sveglia. Ho aspettato che si addormentasse».

«Non vuoi che sappia che...»

Che cosa? Cosa stavo blaterando?

«No, non è che non voglio. Ma credo che debba decidere tu se e quando dirglielo».

Si sfilò il mantello da Eques e lo poggiò sulla sedia della scrivania, cercando di fare meno rumore possibile. Se fosse entrata mia madre, in quel momento, avrei anche potuto suicidarmi.

«Ti ho fatto fare tardi» sussurrò. «E domani hai scuola».

«Non ti preoccupare» mi affettai a rispondere.

Ero stata io ad invitarlo. Ma, nonostante quella consapevolezza, mi vergognavo come se mi avesse sorpresa a rubare. Ma cosa mi era venuto in mente? Non ero in grado di passare la notte con un ragazzo.

Rei si avvicinò, muovendosi al buio, e si mise a sedere sul mio letto. Ma io ero pietrificata. Incapace di muovermi. Incapace persino di respirare. Mi passò un braccio intorno alle spalle e mi strinse a sé.

«Buonanotte» sussurrò.

Ma non si era infilato con me sotto le coperte.

«Non hai freddo?» domandai.

«Non preoccuparti» rispose.

Scivolammo nel letto un po' più vicini l'uno all'altra. Come avevo potuto pensare che mi sarebbe saltato addosso alla prima occasione? Era di Rei che si stava parlando, mica dell'ultimo arrivato. Spinsi più forte il mio viso sul suo petto, e sprofondai nel più profondo e appagante sonno della mia vita.

 Spinsi più forte il mio viso sul suo petto, e sprofondai nel più profondo e appagante sonno della mia vita

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«Che cosa ti era successo poi, ieri in classe?» mi domandò Yumi, nel tragitto verso casa, dopo scuola.

«Proprio niente» mentii. «Avevo voglia di prendere aria. Quella tizia mi fa venire il nervoso e il mal di testa».

Nonostante fossi già pronta a difendermi dalla consueta raffica di domande, Yumi sembrò contentarsi della risposta, stranamente.

«Sono molto in ansia» mi disse, sottovoce. «Ho paura che Devon possa non riprendersi».

«Anche io» ammisi.

Ero in ansia per Devon e per tante altre cose.

«Dobbiamo andare da lui» disse Yumi.

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