𝟏𝟑. 𝐈𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐟𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢𝐥𝐮𝐨𝐦𝐨

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Andriy Kovalenko

Ero nella stanza di Snezhana ed ero consapevole che trovandomi lì, non appena sarebbe rientrata, mi avrebbe spaccato sicuramente qualcosa in faccia. Ma quello era l'unico modo per attenderla, per trovarla. Non appena sarebbe rientrata avrei potuto parlarle, in fondo chiedeva sempre a qualcuno di me e voleva sicuramente parlarmi di qualcosa di importante; ma puntualmente non riuscivamo mai a vederci.
Effettivamente ero là dentro da un po', un bel po'.
Certo, questa volta la biasimavo se si sarebbe innervosita: non è carino che qualcuno entri senza il tuo consenso nella tua stanza e per giunta si sdrai comodamente sul tuo letto.

Osservai il soffitto, che nonostante fosse di un modesto albergo aveva uno stile abbastanza piacevole, soprattutto in alcune camere. Quella che potei definire di Snezhana, ad esempio, era davvero, ma davvero carina.
C'era un armadio in legno, probabilmente era legno di ciliegio ed era molto simile a quello che giaceva nella mia camera d'albergo, nonché quella di fronte alla sua, l'armadio era abbastanza modesto e probabilmente ce ne erano simili o tutti uguali, se non anche peggio ridotti in tutte le altre stanze. Fu inevitabile per me provare ad aprire il suo armadio, impresa facile, ovviamente. Allora notai come probabilmente era anche lei a saper organizzare in un modo davvero piacevole il suo ambiente... era davvero ordinata. A differenza mia lei in quell'armadio teneva tutto in modo meticolosamente organizzato tanto che ogni abito sembrava appena stirato, anche se così non era, potevo assicurarlo a chiunque, lei detestava stirare i vestiti, o meglio, si scocciava perché "si sarebbero stirati una volta indossati". Ma il modo in cui lei teneva in quel piccolo spazio l'ordine lo faceva apparire più grande e più piacevole, nonostante esteriormente era un armadio semplicissimo.

Beh, di certo nessuno avrebbe voluto saperne del mio, che era come il suo, proprio identico, tranne per il fatto che... non appena lo aprivi era un'ottima trappola per un assassino: sull'anta più alta solitamente giacevano vestiti... una marea di vestiti sudici, usati più volte e talvolta piuttosto maleodoranti; a seguito c'erano quelli puliti e messi ben in ordine, tra cui anche quelli più nuovi o che avrei conservato per le "occasioni speciali", dopo di essi c'erano mutande e calzini, sparsi in ordine quasi casuale e dopo di essi varie coperte piuttosto inutilizzate cui al di sopra giacevano a volte carte di cibo da cui, inevitabilmente ed erroneamente sbucavano fuori briciole che in esse ancora risiedevano.
In fine, ecco, sotto alle coperte giacevano oggetti proibiti e segreti... nonché fogli su cui ci avevo disegnato qualcosa, disegnato per modo di dire... i miei erano più scarabocchi che mi aiutavano ad esprimere come mi sentivo, altri di questi fogli erano scritti invece, in una grafia ordinata ma veloce che racchiudeva poesie che a loro volta celavano i miei pensieri e sentimenti, sia quelli più puri che quelli più indomabili e meno casti. Ma là sotto c'erano anche ritrovamenti casuali, ricordi e... reperti storici.

Mi fermai e lasciai che le mie narici inspirassero l'odore che giaceva nell'armadio della ragazza, dopodiché mi fu inevitabile un pensiero buffo: il mio armadio sarebbe stata la perfetta casa di un topo, ma non ci avrei potuto sbattere Snezhana all'interno. O almeno, se l'avessi fatto, non ne sarebbe stata soddisfatta, tutt'altro, sarebbe stata disgustata probabilmente fino a dar di stomaco.
Come se non bastasse la curiosità mi uccideva e non potevo accontentarmi. Non potevo perché non volevo e non dovevo accontentarmi. Dovevo vedere e scoprire di più su di lei, sui suoi modi di fare, sulla sua personalità, vedere in che condizioni teneva la sua intera stanza. Richiusi delicatamente il suo armadio, senza lasciare tracce delle mie mani, della mia presenza e decisi di esplorare un pochino nel suo bagno.
Cosa avrebbe tenuto una ragazza del diciannovesimo secolo in bagno?
Anche lì le piaceva tenere tutto nel perfetto ordine: la doccia emanava un soave odore di bagnoschiuma che sapeva di cocco e vaniglia, che evaporava e restava in tutta la piccola stanza, lo specchio sul lavandino era sempre lucido come se fosse nuovo, probabilmente amava guardare il suo riflesso e non la biasimavo essendo che era proprio perfetta. Nei vari cassettini del mobile che giaceva sotto al semplice lavandino giacevano vari oggettini da ragazza... ad esempio molteplici pettini e pettinesse... che senso aveva averne così tanti quando ne bastava uno solo a fare il suo lavoro?
Così non avendo nulla da fare quella mattina e non avendo la più pallida idea di dove Snezhana fosse, decisi che l'unico modo per parlarle, non conoscendo la sua posizione e di conseguenza non potendola rintracciare attraverso lettere, era aspettarla lì... proprio nella sua stanza... esplorando la sua stanza. Dopo aver conosciuto il suo ordine non mi restò altro da fare sennonché sdraiarmi un po' sul suo letto: le lenzuola ci venivano cambiate ogni giorno, ma non sempre alla stessa ora: a volte la mattina presto e a volte nel pomeriggio, prima o dopo i pasti.
Mi sdraiai a pancia in giù sul letto di Snezhana e non potei far a meno di notare come le sue lenzuola fresche avessero un delicato profumo di cocco e vaniglia, che si mischiava a quello che maggiormente risiedeva sul cuscino, che sapeva di un mix fruttato dalle dolci fragranze della prugna e dell'albicocca, non riuscii a far a meno di restare lì a far subentrare nelle mie narici il profumo di quella ragazza, che mi mandava in delirio, metteva in discussione ogni piccola parte del mio autocontrollo e non faceva a meno di torturarmi rendendomi folle. Era il tormento della mia esistenza e l'oggetto di ogni mio desiderio. Ora che avevo per un solo momento il suo letto a mia disposizione non potevo non restare lì a lasciare che il suo profumo penetrasse dritto nelle mie narici ed offuscasse la mia ragione.

𝐋𝐚𝐝𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐑𝐨𝐬𝐞Where stories live. Discover now