𝟕. 𝐀𝐧𝐝𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐫𝐨

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Al risveglio Snezhana e Andriy si alzarono tranquillamente dal letto, quasi come se avessero totalmente dimenticato quel che la notte scorsa era accaduto.
La giovane si mise a sedere sul letto, mentre i suoi lunghi capelli castani scuri, ondulati e morbidi, giacevano ancora legati in una treccia, che però si era abbastanza scompigliata. Sbadigliò, non curante del fatto che come ormai al solito era nella compagnia del ragazzo, che sfottendola le disse《Vedo che ti ci eri abituata fin troppo bene ad esser un maschio! Sii più educata, madame!》mentre lei gli lanciò il primo cuscino che aveva a disposizione, così da far barcollare il compagno abbastanza gracile, poi disse《La prossima volta va dal fantasma piangendo e dicendo che ti ho fatto qualcosa. Riparati da me, non da lui!》mentre finì in una lieve risatina, il loro rapporto sembrava quasi incentrarsi tra compassione e disprezzo, non erano fatti per amarsi, forse nemmeno per essere amici; l'unica cosa positiva però era la fiducia che riusciva a legarli nei momenti in cui sia l'uno che l'altra avevano realmemte bisogno di un appoggio.
A Snezhana tutto quel che era accaduto la notte precedente parve nei ricordi come una sorta di sogno, non era sicura di quel che aveva vissuto.

Ma i segni di quel che accade nessuno li rimuove.
I due giovani spalancarono la porta come al solito, di mattina era impossibile stare fermi e chiusi in una camera da letto, ma il giovane notò qualcosa che prima non era mai accaduto: sul legno bianco della porta giacevano dei graffi, come se un grosso animale, una sorta di tigre qualche ora prima avesse graffiato la superficie per poterci entrare; ma ciò che lo colpì maggiormente era ciò di cui erano circondate quelle ferite, sembrava come se quel che fosse stato ferito non fosse un pezzo di legno, ma come se le ferite fossero state recate su una parte d'un corpo vivo ed umano. I graffi sembravano quasi arrossati, come se qualcuno li avesse ricalcati con un pennarello rosso e da essi colava qualcosa di rosso, che lentamente si scuriva e si solidificava, quasi come una vera pennellata di vernice; ma quel che poteva scovolgere il pensiero umano era che ciò non era certo vernice, bensì sangue.

Il giovane rientrò velocemente nella camera, anche tacendo mostrava sul volto i tratti e le espressioni che avrebbe avuto chiunque avesse visto un omicidio in atto, proprio dinanzi ai suoi occhi e non aveva fatto o detto niente. La compagna di stanza, che nel frattempo si era tolta la bizzarra camicia da notte antica per indossare i suoi vestiti, a cui era maggiormente abituata, vedendolo così preoccupato domandò con fare ironico《Quale lugubre visione hai avuto stavolta?》nel mentre restava dinanzi allo specchio a sistemarsi i capelli, ed anche se non lo avrebbe facilmente ammesso un po' a pavoneggiarsi. Era notevole come si preferisse nelle giornate in cui lei e nessun altro aveva il pieno possesso del suo corpo.

Dopo fu scossa dai suoi magici pensieri che si riflettevano insieme al suo corpo nello specchio, il giovane l'aveva appena tirata da un polso《Cosa ti salta in mente? Ti sembra il momento? - disse innervosita mentre continuò a dimostrare pieno fastidio dicendo - Dovrò rifarmi i cap-》 ma si fermò, non fece in tempo a finire la frase che notò quel che c'era all'esterno della porta.
Com'era possibile, non poteva essere di certo uno scherzo di cattivo gusto, per quanto lei e quel ragazzo fingessero alla perfezione di detestarsi continuamente e per quanto passavano le giornate a farsi dispetti, era ovvio che il giovane non avesse potuto fare una cosa del genere. Insanguinare la porta, graffiarla così bene e soprattutto far sembrare quel sangue così realistico, per farlo avrebbe dovuto di sicuro provocarsi una ferita parecchio dolorosa, cosa che non mostrava avere.
Sembravano entrambi due folli, ma nessuno dei due sarebbe arrivato a tanto.

I suoi pensieri furono interrotti dalle parole del ragazzo, che le disse animatamente《Quindi. Si può sapere il perché qualsiasi cosa faccia o dica tu non mi credi mai?》domanda a cui non ebbe risposta, che fu susseguita da un'affermazione, più che altro una proposta《Secondo me... Questo posto non è così sicuro come credevamo! Faremmo meglio a fuggire prima che il prossimo jumpscare sia il cadavere di uno dei due sotto al letto!》.

Forse era realmente così, dovevano davvero fuggire, per andare dove però.
Magari oltre quell'isolato maniero sulla collina, in fondo se quell'abitazione era così isolata ci doveva pur essere un valido motivo; c'è a tutto. Forse non era sicura. E loro avevano avuto la geniale idea di andare proprio lì!
Nulla sarebbe potuto esser messo in discussione nella loro nuova vita, ma una cosa era certa: sarebbe sempre stato difficile, anzi difficilissimo comprendere se erano i guai ad attrarre loro oppure loro ad essere una calamita per i primi citati.

Così quel giorno i due giovani decisero che se non fosse arrivato il momento di scappare perlomeno era arrivato il momento di esplorare quel paese e conoscere quella realtà in cui erano catapultati da all'incirca due settimane.
Verso mezzogiorno Snezhana e Andriy si misero in cammino e scesero in paese, tempismo inadeguato essendo che la loro pelle veniva direttamente colpita dal sole estivo cocente nel periodo più caldo della giornata, nel mentre la stradina erbacea lasciava spazio alle antiche e strette stradine del paesino francese, cui scoprirono si chiamava Annecy. Camminavano prestando molta attenzione a ciò che li circondava, a quell'ora però non era solo il calore del sole a rendere un po' più ostacolata e lenta la loro camminata, ma anche l'affluenza di persone che circolavano, sembrava essere l'ora in cui il paese era più vivo, ed effettivamente era così. Gran parte della gente, che fossero bambini, anziani o giovani erano principalmente impegnati nelle compere, infatti oltre al continuo scorrere di gente che camminava vivacemente si notavano nei piccoli vicoli delle stradine mucchietti di persone ammassate attorno a sorta di "bancarelle" che giacevano sparse e distanti le une dalle altre. Nelle strade più ampie giacevano generalmente i mercanti che avevano da vendere quelli che sono i doni e frutti della terra, che oltre all'appoggio delle loro baracche avevano l'appoggio di un animale che usufruivano come mezzo di trasporto durante i loro spostamenti da un paese all'altro affinché potessero rendere nota la loro merce, generalmente erano più soliti quadrupedi come asini e muli; solo i mercanti più ricchi avevano l'opportunità di mostrare la loro altezzosità girovagando con cavalli che trainavano piccole carrozze sulle quali avevano il lusso di poter posare ciò che dovevano vendere, in genere abiti o qualunque cosa fosse di stoffa e tessuti vari.
Ma come al solito erano presenti le mentalità più stravaganti ed insolite, partendo da chi si distingueva poiché utilizzasse quadrupedi come bovini a chi si muoveva contando solamente sulle proprie gambe e sulle proprie spalle. In occasioni eccezionali potevano esser visti commercianti con cammelli, e stava ad indicare che portavano qualche merce maggiormente pregiata e che non si trovava ovunque.

Certo c'era da dire che come ai loro occhi i dettagli erano risaltati, anche agli abitanti di quel luogo, che probabilmente si conoscevano tutti o quasi, essendo piccolo il paese e la minima popolazione che lo frequentava, anche la loro presenza non era risultata indifferente, anzi; partendo dal fatto che non fossero giunti lì a portare merce, fino al notare il loro modo totalmente differente di vestire, quei due in un men che non si dica ebbero gli occhi di tutti addosso.

𝐋𝐚𝐝𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐑𝐨𝐬𝐞Where stories live. Discover now