3.12 • NOTTE DI LUNA CALANTE

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«È impossibile» disse lui. «I ricordi che fissiamo nelle nostre menti non possono essere alterati».

Ah no?

«Yumi mi ha mostrato un ricordo di casa di Heikki e Maia» bisbigliai. «C'era un quadro con un ritratto di famiglia e Rami non c'era. Non c'era alcuna traccia di lui nella casa né nel ricordo».

«Ancora con questa storia?» gracchiò Yumi, comparendo sulla porta.

«Sì!» le risposi, alzandomi in piedi a mia volta. «Sì, mi sono stufata delle tue mezze verità! Quando è comparso Rami ho pensato di poter morire di paura. E tu, che dovresti essere mia amica, avevi il dovere di aiutarmi!»

«Non avrei potuto aiutarti in ogni caso!»

«Sì, invece! Tu lo sapevi che in quel ritratto Rami non c'era!»

«Basta!» esclamò, col viso in fiamme. «Sì, lo sapevo. Sei contenta?»

«Per niente!» urlai, sopra di lei. «Mi hai lasciata sola con i miei tormenti in un momento in cui temevo di essere diventata pazza!»

«I miei ricordi non sono attendibili!» urlò più forte.

«Yumi» intervenne Rei, e lei parve subito calmarsi al suono della sua voce imperturbabile. «Sai che questo non è possibile».

Non avevo mai visto Yumi tanto scossa. Era accaldata e sudata e mi sembrava che stesse tremando. Avvertivo la sua rabbia nei miei confronti pulsare potente nelle sue vene, raggiungerle la testa e diramarsi in un fitto reticolo nel suo cervello, fino a ingabbiarlo completamente. Nonostante ciò, però, la sua reazione mi frenò. Yumi non mi stava tenendo nascoso un segreto per sua scelta, ma per un motivo, qualunque esso fosse, che per lei rappresentava un trauma.

«Va bene» concesse, infine, guardandoci uno per uno, anche Devon che non aveva più aperto bocca. «E sia. Venite qui. Vi farò vedere».

Era una notte estiva calda e umida

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Era una notte estiva calda e umida. Le cicale frinivano sfinite, l'aria era appiccicosa e insalubre e la luna calante illuminava fiocamente un'acropoli buia e immobile. Yumi, una bambinetta di cinque o sei anni, si guardava intorno spaventata.

«Papà?» domandò, e la sua voce echeggiò nel silenzio.

«Barba di Giove» esclamò Devon, dal colorito verdognolo e dall'andatura barcollante. «Quella sei tu?»

«Tra poco andrà meglio» gli sussurrai. «Mi sono sentita stordita e sballottata anch'io, la prima volta in un ricordo».

«Sì» rispose lei, secca, fissando quella bambina carinissima con distacco, quasi con disprezzo.

«Yumi» le disse Rei, serissimo. «È quella notte

«Sì» rispose ancora lei.

«Papà?» domandò ancora la bambina e io dovetti trattenermi dall'impulso di andare ad abbracciarla.

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