«Di continuo» rispose lui.

«Ma hai capito cosa mi ha detto?» chiesi, anche se l'immagine che mi era rimasta, quella del piatto che andava in pezzi, non mi evocava nulla di buono.

Rei fece un tiro profondo ed espirò lentamente una lunga boccata di fumo.

«No» rispose, infine. «No, gli Equites non sono in grado di decifrare le profezie Sibilline. Per quello ti servirebbe una Vestale».

Avevamo dovuto camminare per una mezzora prima di raggiungerlo

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Avevamo dovuto camminare per una mezzora prima di raggiungerlo. Ma era lì, eravamo arrivati. Proprio davanti a me, immerso nelle profondità di quel bosco che sembrava incantato, c'era il cimitero dell'acropoli. La foresta era diventata una cattedrale, il tappeto di erba e foglie il pavimento, gli alberi ad alto fusto le colonne lungo la navata e i loro rami protesi gli uni verso gli altri il soffitto a volta.

Feci qualche passo, estasiata e allo stesso tempo intimidita da quell'atmosfera onirica. Nei tronchi spessi dei grossi alberi che formavano la navata centrale erano scolpite delle immagini. Immagini di persone. Di Equites morti e sepolti lì. Camminai lentamente osservando quelle sculture, figure che sembravano essere rimaste imprigionate molto a lungo all'interno di quei tronchi, prima che qualcuno, intagliandoli, fosse riuscito a liberarle. Ai piedi di ogni albero bruciava una fiammella, senza che ci fosse alcun lume né stoppino. Rei mi seguiva a un paio di passi di distanza, in silenzio. Avanzai finché non individuai, tra quelle sculture, una che mi risultò familiare.

«È tuo padre» sussurrai.

Kento era alto, con le spalle dritte, la spada alla vita e lo scudo in mano, parzialmente avvolto nel mantello da Eques le cui pieghe erano state scolpite così accuratamente che quasi mi sarei aspettata di vederle agitarsi al vento.

«Tuo padre era bello come te» dissi, sfiorando appena la mano della statua di Kento poggiata sull'elsa della spada. «L'ho incontrato una sola volta, purtroppo».

«Essere stato nominato prima del tempo è stato un bene per me, da questo punto di vista. Perché, prima di allora, anche io lo avevo incontrato una manciata di volte» disse, osservandolo. «Mi spiace che Yumi non abbia avuto la stessa fortuna».

«Rei» dissi, poggiando il viso contro il suo petto. «Se tu volessi smettere di essere un Eques, cosa ti accadrebbe?»

«Sarei condannato a morte per diserzione» rispose, stringendomi appena.

«Però... ho motivo di pensare che a nominarti non sia stata la vera Sibilla, ma la lamia che aveva preso il suo posto» bisbigliai, tanto che non fui neanche certa che mi avesse potuta udire.

«Lo so» rispose, in un sussurro. «Ho lo stesso dubbio anch'io. E, probabilmente, anche tutti gli altri».

«Ma, se fosse così...»

«Potrei essere congedato» concluse.

Feci scivolare la mani sotto il mantello, dietro la sua schiena, e lo strinsi in vita.

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