3.6 • IL SIMBOLO DELLA NOSTRA OPPRESSIONE

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E fu proprio un libro lasciato aperto sul pavimento ad attirare la mia attenzione.

Lo raccolsi e, ancora vestita da harpastum e ricoperta di fango, mi accomodai sul davanzale di uno dei finestroni in modo da non compromettere ulteriormente l'arredamento già discutibile della sala con la mia sozzura.

Sfogliai rapidamente il librone, che era pesante e consunto. Quella non era roba da studi scolastici, era un manuale di caccia; ed era scritto in una lingua che non ero in grado di comprendere. Quello che però capivo benissimo erano le illustrazioni impressionanti, cariche di inchiostro e di neri pieni.

«Che accidenti sarebbe?» chiesi a Viktor, in piedi davanti al davanzale, ancora mezzo nudo, bagnato e infangato proprio come me.

«Un genio mediorientale. Un jinn» rispose lui, mettendosi a sedere accanto a me.

«Fa paura».

«Abbastanza» convenne Viktor.

Il jinn era stato raffigurato come un gigante, intento nell'atto di emergere da un deserto di sabbia furiosamente agitata dal vento e dalla sua potenza distruttiva. Il volto e i lunghi capelli erano in ombra e completamente neri, fatta eccezione per due piccoli occhietti malvagi e luminosi. Il jinn era a petto nudo, con il collo e le spalle larghi come quelli di un toro. La parte inferiore del suo corpo si confondeva nel polverone e i mulinelli di sabbia. Osservai le sue enormi braccia divaricate: i pugni erano chiusi e i muscoli contratti davano l'idea che li stesse serrando fino a conficcarsi le unghie nei palmi.

Un dettaglio, però, attrasse la mia attenzione: il jinn aveva due alte polsiere dorate a entrambe le braccia.

«Sono brachialia coercitionis» disse Viktor. «Legano il genio e piegano il numen al volere del padrone».

«So cosa sono» risposi.

«In passato ogni genio era costretto a indossarli» mi spiegò. «Poi, nel 476 cadde l'Impero Romano d'occidente e quella data coincide anche con il definitivo affrancamento dei geni dagli umani. In realtà, già negli ultimi secoli, con l'avvento del cristianesimo, la figura del nume tutelare era stata già delegittimata e mantenuta solo da pochissime personalità di spicco. Ma, comunque, i geni che fino a quel momento erano stati detenuti dai padroni come schiavi, hanno potuto finalmente liberarsi dei brachialia che li vincolavano all'Umano».

«Non lo sapevo» ammisi.

«Lo immaginavo. Non tutto è scritto nei libri di testo» rispose. «E immagino che tu non sappia neanche che, intorno alla metà del ventesimo secolo, in seguito all'attacco di qualche genio sciolto e sotto pressione degli Augustali, si è valutato il reinserimento dei brachialia».

«Gli Augustali hai detto?» chiesi, perplessa. Ne avevo conosciuto uno in Romania l'anno precedente e la Di Pietro mi aveva assicurato la sua più totale buona fede.

«Sì. I geni, ovviamente, si ribellarono e, per la prima volta dalla caduta dell'Impero Romano, si organizzarono e attaccarono gli Umani. La rivolta era guidata da geni militarmente non organizzati, ed è stata violentemente repressa. Gli Umani, però, sono stati costretti ad aprire gli occhi su quali fossero le reali potenzialità offensive dei geni che, da quel momento in poi, furono visti come una minaccia».

«Per questo furono promulgate le leggi di civilizzazione, con i rastrellamenti e tutto il resto?» chiesi, avvertendo il peso dell'enormità di quel dramma.

«Precisamente» rispose Viktor, poi, dopo un attimo di silenzio, continuò: «Attualmente, comunque, i brachialia vengono applicati come provvedimento punitivo ai soli geni che infrangono la legge».

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