3.3 • SE TI AVVICINI TROPPO FAI MALE AL NASO

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Non avevo certo dimenticato il modo in cui mi aveva mostrato il suo ricordo con Heikki. Yumi poteva anche rifuggire il suo potere, rifiutandosi di usarlo, ma non poteva continuare a negare di averlo. Era comunque qualcosa di cui non avevo intenzione di impicciarmi. Non in quel momento, perlomeno.

«Iulian» sussurrai, poiché l'harpastum e l'inizio imminente del torneo scolastico aveva incendiato la conversazione, «possiamo allontanarci un momento?»

Lui annuì con discrezione e vuotò il suo boccale di birra.

«Dove andate?» domandò subito Yumi, non appena ci alzammo, inducendo anche Devon e Nate a distogliere per un attimo l'attenzione da Nozomi per voltarsi verso di noi.

«Dobbiamo fare una cosa» risposi.

«Non potete farla qui, davanti a tutti?» insistette lei.

«Infatti» convenne Nate, rivolgendosi al suo amico. «Ora anche tu hai i segreti?»

«Va bene» tagliai corto, perché creare problemi a Iulian non era propio nelle mie intenzioni. «Va bene, sì, possiamo farlo qui, davanti a tutti».

Iulian mi guardò con attenzione, poi tornò a sedersi.

«Ecco qui» dissi, porgendogli un foglio e una penna che avevo portato da casa. «Tieni. Ho bisogno che tu traduca in rumeno quello che ti dirò».

Iulian impugnò la penna e mi guardò, in attesa.

«Caro Uriel» cominciai. «Purtroppo non ho buone notizie da darti».

Quando finii il dettato, Iulian posò la penna sul tavolo e rimase a fissare il foglio

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Quando finii il dettato, Iulian posò la penna sul tavolo e rimase a fissare il foglio.

Le persone sedute ai tavoli stipati intorno al nostro vociavano in maniera confusa, i musicisti alticci e accaldati suonavano all'impazzata e un tizio decisamente ubriaco che stava cantando uno stornello osceno aveva radunato intorno a sé una piccola folla ammassata in un ammucchiamento di volti rubicondi e risate sguaiate.

Sul nostro tavolo, però, era calato il gelo.

«Grazie mille» dissi, ignorando deliberatamente le occhiate imbarazzate degli altri.

«E come pensi di fargliela recapitare?» domandò Yumi, guardandomi solo per un attimo.

«La spedirò a Flacara» risposi, piegai il foglio a metà e mi alzai in piedi. «E le chiederò la cortesia di portargliela personalmente. Ora, se volete scusarmi...»

«Aspetta, veniamo anche io e Nozomi» si affrettò a dire Yumi che, chiaramente, si sentiva in colpa per avermi costretta a dettare la lettera davanti a tutti.

«No, non serve. Buonanotte» risposi, poi mi voltai verso Iulian. «Grazie ancora».

«Per così poco, Ania».

«Vado anche io» disse Roze, alzandosi. «Facciamo un pezzo di strada insieme».

«Va bene» acconsentii, poiché la sua presenza, a differenza di quella di tutti gli altri, non mi disturbava.

Uscimmo da Piazza d'Oro senza parlare e camminammo affiancate fino allo stradone che conduceva al quartiere residenziale, lasciandoci man mano alle spalle la musica e il frastuono che ben presto andò scemando fino a sparire.

Lo stradone era placido proprio come una tiepida notte di fine estate. La luce della luna illuminava le abitazioni silenziose, le cicale cantavano, qualche persona rientrava a casa barcollando dopo aver fatto un po' di baldoria e qualcun altro, invece, si stava già dirigendo sul proprio posto di lavoro, sbadigliando e scambiando qualche parola con i proprio compagni di sventura.

«Mi dispiace molto per il tuo magister» mi disse Roze, a un tratto. «Era stimato da tutti. Il professor Ionascu lo rispettava moltissimo».

«Grazie» risposi.

«C'è un'altra cosa che volevo dirti» sussurrò. «Anzi, due».

Mi voltai a guardarla, interrogativa.

«Non so se c'è un modo giusto per dirlo ma...» farfugliò, «mi hai chiesto del numen perché... sei consapevole di averne acquisito un altro, vero?»

Smisi di camminare.

«Se, insomma... sì, se dovessi sentirti un po' strana... è sicuramente questo il motivo».

Il mio dubbio si era dunque rivelato corretto: era il suo numen. Quella piccola luce fuoriuscita dalla sua bocca, che io avevo intrappolato nella mia appena in tempo prima che si dissolvesse nell'oscurità.

«Voglio dire... essere un Vendicatore e, allo stesso tempo, anche un Incendiario, deve essere molto dura».

Molto dura, sì. Costantemente circondata da Umani rancorosi, persone che avrebbero dovuto essere amici ma che non facevo altro che covare sentimenti di rabbia e ripicca uno nei confronti dell'altro.

«Qual era l'altra cosa che volevi dirmi?» le chiesi, poiché eravamo arrivate davanti a casa sua.

«So che hai Yumi e Devon e che gli amici non ti mancano... ma, ecco, tu sei sempre stata così gentile con me che... insomma, se tu avessi bisogno... per qualsiasi cosa, puoi contare su di me».

No, certo. Gli amici non mi mancavano. Quello che mi mancava era il controllo per star loro dietro. Quello che mi mancava era lui.

Allora ragazzi, questa pubblicazione trisettimanale mi sta già affaticando

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Allora ragazzi, questa pubblicazione trisettimanale mi sta già affaticando. Anche perché non ho abbastanza disgrazie da narrarvi (per fortuna D:). In più credo che Maddalena (quella che mi corregge sempre tutti gli errori nelle postfazioni) sia a cena fuori (con chi, poi? Chi vuole saperlo? Io sì), perché dovevamo vederci ma lei ha declinato con un laconico "io non ci sono". Anche se mi sta venendo il dubbio che la cena di Maddalena fosse ieri e che oggi quello impegnato fosse un altro nostro amico. Vabbè comunque non ha importanza. Ciò che conta è: oggi o ieri che sia, con chi è andata a cena Maddalena?

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