Ricominciare da capo

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Due mesi possono sembrare un'eternità, quando la tua vita viene stravolta e le tue certezze buttate all'aria come un castello di carte abbattuto da un soffio di vento.

Lawrence aveva dato le dimissioni, dopo il suo fallimento con quegli omicidi; nessuno tranne Matthew si era opposto alla sua decisione, nessuno aveva cercato di farlo desistere: la stampa e il popolo volevano la sua testa, i suoi superiori nutrivano il sospetto che fosse stato lui a commettere quei delitti e avevano insabbiato tutto soltanto per non screditare l'intero corpo di polizia; come biasimarli, del resto, quando lui stesso aveva avuto lo stesso dubbio per mesi?

Dopo la fuga di Moma, Lawrence e Matthew avevano cercato per diversi giorni di rintracciarla o di scovare il nascondiglio di Donald, ma entrambi sembravano svaniti nel nulla e le prove in possesso dei due poliziotti non erano sufficienti a far sì che qualcuno credesse alla storia.

Inoltre, dopo quella notte, il serial killer non aveva più dato segno di vita.

Marie non aveva cercato di riallacciare i rapporti con Lawrence, né tanto meno lui aveva avuto intenzione di farlo: per entrambi era stato impossibile scendere a compromessi con quella verità scomoda scoperta riguardo il loro comune genitore; semplicemente avevano smesso di vedersi e sentirsi: Marie era partita per un viaggio in America, senza lasciar detto se e quando sarebbe tornata.

Lawrence aveva iniziato a precipitare.

Prima la confusione suscitata dalla morte della sorella, da quel caso e dalle rivelazioni sulla sua famiglia, poi il fallimento delle indagini, quindi la perdita di Marie e del lavoro lo avevano ridotto ad un groviglio di emozioni nere e dolorose; si era chiuso in sé stesso ed aveva perfino tagliato i ponti con Matthew, il quale era diventato Ispettore Capo al suo posto. Oh, no, non era stato questo, il motivo dell'allontanamento: Lawrence aveva sempre creduto nella superiorità dell'amico in quel lavoro; soltanto, non riusciva più ad esser lo stesso con lui per via dell'esperienza vissuta.

Aveva trovato un lavoro ai Docks, come operaio addetto allo scarico dei zeppelin: aveva bisogno di non pensare e di stordirsi di stanchezza; iniziava all'alba e terminava a notte fonda, dormiva come un sasso per due o tre ore e poi ricominciava.

Sua nonna Mathilda gli aveva insegnato che non c'era niente di meglio di una sana sudata per scacciare via tutti i pensieri e in effetti aveva avuto ragione: anche se lentamente, Lawrence stava iniziando a stare meglio.

Aveva lasciato la casa di Piccadilly e si era trasferito in una stanza a Southwark, in uno dei palazzi abbandonati sulla riva del fiume; non gli serviva molto: un letto, una luce, un baule in cui conservava tutti i suoi averi.

Aveva perfino cambiato nome, pur di cercare di dimenticare e di confondersi con la gente del posto; si faceva chiamare Arlan, diceva di venire da Dublino.

Quando si accorse che c'era Matthew ad attenderlo davanti alla porta di casa, quella notte, fu tentato di andarsene senza farsi vedere da lui, ma l'amico lo aveva già individuato e gli stava andando incontro a passo deciso.

Così deciso che Lawrence si era paralizzato lì dove si trovava.

"Cosa ci fai qui?"

"Ho bisogno del tuo aiuto"

"Non so in cosa po..."

Matthew lo zittì con un gesto secco della mano

"Guarda. É scomparsa una ragazza, ieri sera"

Lawrence lanciò un'occhiata alla foto che Matthew gli stava mostrando ed ebbe un sussulto: la ragazza scomparsa era praticamente la fotocopia di Virginia.

Impallidì e scosse il capo, poi, senza dire una parola, cercò di aggirare l'amico per raggiungere la propria abitazione ma Matthew lo afferrò per un braccio, senza troppi complimenti.

"Non puoi fare così, non puoi mollare in questo modo, Lawrence, lo capisci?" gli ringhiò all'orecchio.

"E chi lo dice? Tu?"

Lawrence si girò sferrando un gancio dritto alla mandibola di Matthew. O almeno, questo era stato il suo intento, ma l'amico probabilmente se lo aspettava e schivò il colpo. 

Requiem per una sposaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora