Il ragno

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In quei giorni, a Londra, c'era la Fiera: lungo le strade della città vecchia, quella che si sviluppava fra la City e Westminster, c'erano centinaia di bancarelle, artisti di strada, imbonitori e ambulanti con i loro carrettini; chiunque fosse in grado di vendere qualcosa si era radunato lì per farlo, come ogni anno.

Gli abitanti della città nuova si riversavano nei quartieri antichi per curiosare e comprare fra migliaia di oggetti strani ed innovativi, si cibava delle leccornie distribuite dai chioschi presenti ad ogni angolo, si fermava ad ammirare questo o quel saltimbanco fino a tarda notte.

Krot avrebbe potuto muoversi inosservato in quella folla variegata e festante anche in pieno giorno, tuttavia aveva preferito uscire al calare del buio, scivolare fra le lunghe ombre danzanti dei falò che erano stati accesi dai nomadi per riscaldarsi nella gelida notte novembrina, evitare la confusione e la calca per poter raggiungere al più presto colui che avrebbe dovuto condurre da Donald.

Le risate dei visitatori, le parole soffocate dall'ovatta della notte ed i richiami dei mercanti venivano sovrastati dal gracchiare incessante dei corvi i quali volteggiavano sopra i palazzi fatiscenti.

Krot accelerò il passo, evitò un ubriaco che ciondolava perso nel labirinto di vicoli e si infilò nello stretto passaggio il quale da Piccadilly conduceva all'abitazione che gli interessava.

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Lo chiamavano "Ragno" e nessuno aveva mai saputo spiegarne il motivo.

Era un uomo anziano, minuto, che aveva la sua piccola bottega e dimora in un sottoscala di Haymarket; alla luce fioca di una piccola lampada lavorava instancabilmente notte e giorno per creare quelle che venivano definite "macchine viventi": erano veri e propri capolavori della tecnologia, come Moma; manichini antropomorfi dotati di migliaia di ingranaggi e meccanismi in grado di dar loro vita fino a farli sembrare esseri umani, grazie alla precisione e alla dovizia di particolari impiegati nella loro realizzazione.

Il Ragno era riuscito a far sì che avessero perfino diverse espressioni facciali, un rivestimento simile alla pelle umana e la capacità di esprimere pensieri e concetti di un certo spessore, sebbene preregistrati.

C'era chi lo riteneva alla stregua di uno stregone, chi raccontava che innestasse esseri umani fino a farli sembrare dei robot oppure che rapisse delle persone per strappare loro la pelle ed il cervello e quindi applicarli alle sue macchine, chi sosteneva che in passato, prima del collasso mondiale, fosse stato un ingegnere esperto di costruzione di robot che aveva proseguito nella creazione di macchinari sempre più evoluti e c'era chi semplicemente preferiva non porsi domande.

Certo era che le sue macchine non erano ben viste dalla gran parte dei cittadini londinesi e sebbene nessuno gli impedisse di portare avanti la propria attività, erano in pochi a servirsi dei suoi marchingegni, spaventati com'erano dalla loro autonomia.

Donald era uno di quelli che sosteneva e ammirava il suo lavoro; per un certo periodo, prima che lo arrestassero, era stato al servizio del Ragno e fra i due si era sviluppato un rapporto molto stretto, pari quasi a quello di un padre col proprio figlio.

Era stato il Ragno a costruire Moma, riproducendola tale e quale alla madre biologica di Donald quando questa era morta nel corso dell'ultima epidemia di morbillo.

La considerava il suo capolavoro, l'opera ineguagliabile; ci aveva impiegato un anno intero a crearla.

Quando l'uomo vide Krot entrare nella sua bottega, non fece domande: sapeva che poteva esser stato soltanto Donald a mandarlo lì.

Afferrò la propria borsa degli attrezzi ed il cappotto, dopo di che si apprestò a seguire il mostriciattolo lungo i vicoli bui e maleodoranti fino a raggiungere l'ormai abbandonata Victoria Station.

Da lì avrebbe avuto accesso ai vecchi tunnel della metropolitana; Donald viveva laggiù, in quel dedalo di cunicoli sotterranei. 

Requiem per una sposaWhere stories live. Discover now