2.18 • RAMI

Depuis le début
                                    

«Inizia a scendere» disse Yumi, affacciandosi alla porta della stanza che condividevamo. «La cena è quasi pronta».

Nonostante non aspettassimo alcun ospite, Kumiko aveva fatto le cose in grande: non solo l'albero di Natale, un vero abete alto fino al soffitto finemente addobbato nei colori del bianco e dell'oro, ma anche tutto il resto della casa, dall'elaborata ghirlanda sulla porta fino alle fila di lampadine dorate che correvano attorcigliate introno al corrimano delle scale.

«Buon Natale» disse Kumiko, non appena prendemmo posto a tavola.

«Buon Natale» risposi, poi mi rivolsi a mia madre, seduta proprio davanti a me: «Ma non aspettiamo Daniel? Non è ancora rientrato?»

«No» rispose mia madre.

Non si era neanche cambiata, era scesa a mangiare con il mollettone nei capelli e la tuta che usava per casa.

«No cosa?» domandai.

«Non lo aspettiamo. Non è ancora rientrato. E non rientrerà» rispose, poi si cacciò in bocca una forchettata di penne al salmone.

«Che cosa significa?» chiesi.

«Quello che ho detto. Non tornerà. Non abita più qui».

«Non abita più qui?» saltai in piedi. «Che stai dicendo? Dov'è?»

«Abbiamo ritenuto più saggio farlo trasferire dalla sua magister. Almeno per un periodo» rispose mia madre.

Posò la forchetta e sorseggiò il vino bianco che Kumiko aveva servito a tutti, anche a me e Yumi.

«Abbiamo chi?» urlai quasi, perché il suo atteggiamento mi indispettiva.

«Io e Gilbert» tagliò corto.

«Ania» mi chiamò Yumi, ancora seduta al mio fianco. «Non agitarti così, dai. È la vigilia di Natale».

Era vero. Mi stavo agitando. Mia madre mi aveva lanciato una di quelle sue occhiate perentorie poi aveva smesso di guardarmi in faccia. Non la sopportavo.

Respirai lentamente. Gilbert, tanto tempo prima, mi aveva insegnato una strategia.

Inspira, fai entrare aria dal naso, chiara e rilassante, e falla arrivare fino ai piedi; espira, l'aria fuoriesce scura liberando i piedi da ogni tensione.
Inspira, fai entrare aria dal naso, chiara e rilassante, e falla arrivare fino alle caviglie; espira, l'aria fuoriesce scura liberando le caviglie da ogni tensione.

E poi continuava con le cosce, la pancia, il petto, le spalle, fino alla testa.

Aggiunsi, di mia iniziativa, alcune parti del corpo accessorie: le ginocchia, i fianchi, le mani, i gomiti, il collo, la faccia. Non perché le sentissi cariche di chissà quale tensione ma perché, alla fine del processo, ero riuscita ad arrivare anche alla fine della cena senza essermi avventata su mia madre.

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