18. Fers omnia - tutto si porta

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18. Fers omnia – tutto si porta

    Fers omnia – tutto si porta

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Alluene

Non aveva chiuso occhio tutta la notte.

Quell'allocco doveva provare una specie di malata soddisfazione nel vederla in difficoltà.

Ma perché tutte a me, pensò emettendo uno sbuffo sconsolato quella mattina.

Erano trascorsi tre giorni dalla loro ultima conversazione e, seppure abitassero provvisoriamente sotto lo stesso tetto, lui era più un fantasma fluttuante che spariva e appariva dal nulla, quasi trasparente, per quanto poco l'aveva incrociato, più che la presenza ingombrante che aveva temuto.

Quell'improvvisa bandiera bianca non la convinceva, e infatti, il cinghiale in quei giorni era stato sfuggente come al solito e lei, aveva preferito prendere tempo piuttosto che stuzzicarlo.

Fiorellino.

Le sembrava di poter sentire il graffio frastagliato della sua voce, rovente quanto l'inferno più profondo, ogni volta che pronunciava quel nome. Digrignò i denti mentre si allisciava con le mani i capelli per cercare di renderli meno gonfi, meno spettinati, meno tutto. Invece il suo riflesso allo specchio parlava chiaro, le occhiaie gonfie, souvenir della notte insonne, il viso pallido di stanchezza e gli occhi, beh, quelli non parlavano più da tanto tempo. Non un luccichio, non una scintilla, come se con le stelle, si fossero spenti anche loro.

Harry Staiden sembrava trovare una subdola gioia di vita nel provocarla e, seppure quel soprannome scucito dalle sue labbra, dalla sua voce, fosse un richiamo verso l'inferno, provocatorio, schernitore, avrebbe sopportato il bruciore sulla pelle, il bollore del sangue pur di non dargliela vinta. Pur di non cedere.

Così, vestita con il suo solito comodo abbigliamento composto da jeans stretti, felpa calda e scarpe da ginnastica, si diresse a passo di marcia verso la stanza degli ospiti. Che poi, era la sua stanza, quando era bambina.

«Alla buonora»
L'urlo che le sfuggì dalla gola si propagò tra le pareti, tanto da infastidire persino il suo, di udito. Il cuore stava toccando velocità impensabili, l'ossigeno aveva preso residenza altrove, perché la gola era talmente contratta che respirare era l'ultimo dei problemi. Per poco non le era venuta una sincope.

Per tutti i piumini spiumati!

«Lo fai apposta!» gracchiò rauca, la gola accartocciata alla ricerca di aria. Affacciandosi oltre il parapetto della scala trovò lui poggiato dove finiva la balaustra, le braccia conserte che gli attribuivano quello stato perennemente svogliato, le gambe accavallate segnavano l'impazienza e quell'espressione costantemente crucciata sembrava voler minare la sua, di pazienza.

«Andiamo?» replicò lui suonando frettoloso.

«Dov...» Alluene schiacciò la domanda istintiva per correggersi immediatamente «Certo» un corno, con lui, di certo, non c'era proprio nulla. Congelò in gola il flusso di stupore tramutandolo in fasulla accondiscendenza.

𝐑𝐔𝐈𝐍𝐒 | HS |Where stories live. Discover now