3. Is Arenas Biancas - la sabbia bianca

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"I pensieri di lei si ritirano nel loro nascondiglio più segreto:nessuno al mondo deve saperli,e questo non tanto per orgoglioquanto perché lei ama la sua animacome la sua casa, che tutto sia in ordine, pulito, chiuso nelle casse,appartenente a le...

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"I pensieri di lei si ritirano
nel loro nascondiglio più segreto:
nessuno al mondo deve saperli,
e questo non tanto per orgoglio
quanto perché lei ama la sua anima
come la sua casa,
che tutto sia in ordine, pulito,
chiuso nelle casse,
appartenente a lei sola."

Alluene


-          Buonanotte Nenette, notte Rose, notte Felicity – Alluene recitò quella litania come faceva ogni giorno da più di un anno, sfoderando un sorriso lieto, agitando la mano verso le sue vicine e dirimpettaie che, come tutte le sere ancora miti, usavano accomodarsi sotto i portici della villetta a schiera bianca di fronte alla sua.

Facevano le ore piccole quelle tre malandrine, intente a raccontarsi ogni vicissitudine passasse per il paese. Durante le estati il gruppo si arricchiva di "giovincelle" che venivano dai paesi vicini dell'entroterra, riempendo le loro case al mare pur di trovare un sollievo al caldo afoso.

-          Buonanotte Fiorellino – la salutarono in coro le tre comari.

La più giovane, Rose, vantava di aver superato gli ottanta, eppure il loro cervello era fresco così come il loro animo, nonostante le corte capigliature ingrigite, eccetto la lunga e invidiabile treccia di Felicity, e la pelle aggrinzita. Quelle tre si incontravano anche durante l'inverno, sempre nella casa di Nenette, la villetta con giardino proprio accanto alla sua. La donna viveva sola da anni, sola con Patrick, Alluene sorrise agitando la mano come se lui potesse ricambiare il saluto. Patrick era una capra che pascolava libera nel giardino della vicina come un cane da guardia e che si mangiava continuamente la siepe divisoria tra le loro proprietà.

Lei si era affezionata in modo viscerale a quelle tre vecchiette. La loro presenza era diventata un appiglio, una coccola nei momenti di solitudine, una certezza a cui aggrapparsi.

Era rientrata tardi a casa quella sera, dopo aver passato l'ultima ora a selezionare mobili nuovi su internet insieme a Odin e attrezzature per fai da te, per cercare da soli di portare avanti i piccoli lavori di manutenzione per velocizzare il processo di rimessa a nuovo dell'hotel.

Da quando era arrivata sull'isola viveva nella casa di sua nonna, estorta a sua madre prima che potesse vederla deprezzata al miglior offerente.

Era una piccola casa indipendente su due piani, con i mattoni faccia vista e persiane color lavanda che ricordavano uno stile provenzale. Era circondata da un piccolo giardino rinsecchito di cadaveri di povere piante abbandonate al loro destino, che la facevano sentire in colpa costantemente per il suo pollice assassino.


Era semplice la sua casa, un salotto spazioso dove guardava programmi trash in tv di tanto in tanto, con una piccola sala da pranzo e una cucina attrezzata al lato opposto praticamente nuova, perché lei a stento sapeva condire un'insalata. Ma la parte che più preferiva della casa era l'unico balcone da cui si affacciava la sua camera da letto al piano di sopra. Vedeva pochi tetti e il mare, poteva persino scorgere la spiaggia.
Quella casa era appartenuta alla sua bisnonna, prima che a sua nonna, e lei ricordava la donna sedersi per ore in quel balcone, lo sguardo perso verso l'orizzonte a guardare le navi che di tanto in tanto lo attraversavano.
Lei aveva fatto lo stesso, si era attrezzata con due sedie a dondolo in vimini dove spesso lei e Odin si accomodavano per bere tisane e lasciarsi incantare dai colori del tramonto, con le risate delle tre vicine a fare da allegro sottofondo.

𝐑𝐔𝐈𝐍𝐒 | HS |Where stories live. Discover now