7. Verbos - parole magiche

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7. Verbos – parole magiche

"Ricordi di pace legati a questo canto che il vento disperderà

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"Ricordi di pace
legati a questo canto
che il vento disperderà."


Le cene con le sue zie erano diventate una divertente ricorrenza che mai avrebbe voluto abbandonare. Erano ospitate nella villetta della zia Coralyne, la sorella più giovane di sua nonna. Lei aveva ereditato la farmacia di famiglia, una delle più frequentate di Claramontis.

Per quelle cene, zia Coralyne decideva di buttare fuori di casa il marito, lo zio Cody, per dare spazio a riunioni tutte al femminile insieme alle altre sorelle e alle nipoti. La bellezza della sua famiglia, quella stessa che sua mamma aveva avuto il coraggio di lasciare confinata tra le correnti di quel mare, insieme alle sue origini, era che non importava quanto il sangue in comune fosse annacquato da generazioni e generazioni.

La famiglia era composta da cugini di gradi decimali, zii ereditati da lontano. La loro forza si esprimeva nei legami indistruttibili che andavano oltre le cellule che avevano in comune.

Alluene si era sentita accolta da quella famiglia di cui, fino ad un anno prima, aveva solo sentito raccontare di tanto in tanto da sua mamma, i cui ricordi si perdevano nelle memorie di estati lontane, e ora non avrebbe più potuto immaginare una vita senza di loro.

Lasciava la casa della zia Cor, dopo le sue famose cene, sempre come una bomba pronta ad esplodere per le quantità di cibo che era riuscita a farle ingerire. Le zie continuavano a ripeterle che era troppo magra e con quella scusa si adoperavano per rimpinzarla. Come tutte le volte, non era riuscita ad uscire da quella gabbia di matte a mani vuote.

Al principio, era stata tentata di non rientrare in albergo. Avrebbe potuto chiedere asilo politico a una delle sue zie, ma poi, pentita di quell'improvviso slancio di codardia, era rientrata nella sua stanza in silenzio tombale, come se avesse temuto di essere sentita.

La camera era esattamente come l'aveva lasciata, offuscata dall'ombra dei leggeri graffi di luce che delimitavano i confini della porta che comunicava con lo spazio accanto.

Alluene deglutì, tergiversando incerta, con ancora la giacca addosso e il sacchetto di carta con le polpette della zia in mano.
Sebbene la compagnia dei suoi parenti fosse un'ottima scusa per distrarsi, non era riuscita a smettere, se non per pochi secondi di fila, di pensare alla discussione che aveva avuto con lui.

Aveva esagerato, lo sapeva, sentiva le scariche di pentimento marchiarla come se fosse stata in difetto, come a ricordarle che aveva sbagliato. Aveva perso la ragione, scaraventandosi contro un demone ferito, ignorando la sua frattura interna, nascosta dalla violenza che esponeva al mondo pur di camuffare le sue sofferenze. E lei ci era andata proprio contro. Gli aveva strappato i punti su quella ferita aperta e poi aveva preteso di comandare le sue reazioni.

Ma come si poteva addomesticare una creatura violentata dallo stesso inferno che aveva dentro?

Era dannato di una dannazione marcita dall'interno, una chiazza oscura contro la quale avrebbe potuto lottare solo lui.
E lei aveva afferrato i lembi della sua oscurità allargandoli, straziando il fulcro della sua condanna pur di non uscire spezzata da ogni confronto.

𝐑𝐔𝐈𝐍𝐒 | HS |Where stories live. Discover now