36. Impossibile da dimenticare

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Volevo dirvi tre cose: 1, quel ti amo detto a fine 34° capitolo è un pensiero; 2, questo capitolo sarà lungo; 3, avete avuto i capitoli dolci e presto arriverà la tempesta! Un bacione🐰🐥

°࿐✾ ˚.*ೃ°

Aveva preso una decisione finalmente, aveva preso il suo biglietto e aveva capito che fosse arrivato il tempo di ritornare. Non poteva più restare in una città in cui non si sentiva libero. Certamente, New York gli aveva regalato molte opportunità, nuove amicizie e nuovi scenari; stava bene in università e ancor di più nel campus.

Ma stare bene non è un equivalente dell'essere felici. E purtroppo Jimin non lo era.

Non era libero di esprimere al massimo la sua felicità, si sentiva chiuso da mesi ormai in una bolla invisibile che gli impediva di oltrepassare il suo limite. Ha tentato molte volte di uscirne, di andare oltre, ma non aveva mai funzionato. È rimasto per mesi intrappolato in quella bolla, in quella sensazione di vuoto, senza riuscire ad emergere.

Aveva capito che non si sarebbe mai potuto allontanare da Jungkook quando lui stesso fosse proprio la sua felicità ⎯ e nonostante tutto, lo sarebbe sempre stato. In quella settimana aveva parlato nuovamente con i suoi genitori: lo appoggiarono dicendogli che quella fosse la scelta migliore.

Era riuscito a dirlo anche Taehyung e non potrà mai dimenticare la sua espressione: gli aveva scritto un semplice messaggio e in pochi minuti il telefono squillò, mostrando poco dopo il volto del suo amico. Era stupito, ma contento. Come detto da Jimin, non aveva detto nulla ai suoi hyung; era una sorpresa e doveva rimanere tale.

L'ultima settimana a New York non fu molto emozionante. Aveva più volte incontrato Jackson e puntualmente i due cambiarono direzione per non parlare. Jimin aveva sbagliato a parlargli così e lo sapeva, ma lui non doveva prendere una decisione al proprio posto.

Lo stesso giorno in cui decise di adoperare il biglietto, cercò gli orari delle partenze degli aerei. Molti partivano a degli orari improponibili e altrettanto era l'arrivo stabilito a Seoul. Il suo aereo sarebbe partito poco prima di mezzanotte e sarebbe arrivato all'aeroporto di Incheon alle 4 della notte: sicuramente avrebbe dormito e nessuno gliel'avrebbe impedito.

La sua ultima giornata ormai stava terminando; aveva già salutato tutti i suoi amici in campus, ringraziando in mattinata anche i propri docenti. Aveva incontrato anche Mark, con il quale ebbe anche un abbraccio; non voleva perderlo come amico, era sempre stato gentile nei suoi confronti e gli voleva bene. Le valigie erano pronte, lui lo era, la stanza ormai era vuota.

Non c'erano più le cose di Taehyung da quasi due mesi ormai e ora anche le proprie non ci sarebbero più state. Gli sarebbe mancata quella stanza, quelle mura in cui molte erano state le volte in cui lo videro star male, lo videro piangere, ma altrettante in cui lo guardarono sorridere. Si alzò, prese il biglietto, raggiunse la sua valigia e quando aprì la porta gli arrivò una chiamata.

«Spero tu non voglia farmi la lista
anche a distanza Taehyung-ssi.» disse
appena rispose alla chiamata.

«Ovviamente Mochi. Sei sicuro di
aver preso tutto? Non hai dimenticato
nulla? Biglietto, documenti, denaro?»

«Ti prego. Sono sbadato, ma non così
tanto. Ho tutto in valigia tranne il
biglietto e i documenti che sono tra
le mie mani.» rispose sorridendo.

«Sei davvero sicuro di volermi venire
a prendere? Arriverò molto tardi
e non ti voglio disturbare, posso
chiamare un taxi. Non ho nes-»

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