13. Una promessa infranta

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Esame superato, capitolo sfornato!♡

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La dipendenza è la miccia che fa distruggere una persona, sia fisicamente sia psicologicamente. Distruggere fisicamente fino a far bruciare qualsiasi parte di corpo, rendendo difficile qualsiasi tipologia di movimento senza stancarsi.

Perdere il controllo del corpo è la peggiore delle condanne che possano essere inflitte a qualcuno. Consiste in una perdita completa della libertà di movimento, quando esso è un atto innato sin dalla nascita. Ma contrariamente ad esso e forse peggiore, è la distruzione psicologica. Impedisce di ragionare con logica, di agire nel modo in cui si vuole, di pensare ad altro che non sia la dipendenza stessa.

L'oggetto principale per la mente è proprio essa, la quale occupa la maggior parte della giornata. Non vi è posto per pensare ad altro. Il brutto della dipendenza è proprio questo: distruggersi fino a consumarsi e nel mentre non esserne neanche a conoscenza. Non sempre ciò che rende dipendenti sono pillole; a volte sono semplicemente persone, entrambe però con un unico problema: nessuna delle due finisce bene.

Prima d'ora non aveva mai capito cosa significasse essere dipendente, non pensava che il proprio sorriso potesse dipendere da qualcuno. Le braccia strette intorno al suo corpo quando dormivano insieme, la tranquillità che provava quando era in sua compagnia, la felicità che provava nel vedere il suo sorriso. Tutti piccoli dettagli che nel momento in cui vide quel taxi allontanarsi, capì quanto ingenti fossero.

Come una folata di vento, Jimin sparì dalla sua vista e lacrime continuarono a bagnare quel volto così perfetto. Rimase in quel piccolo piazzale per molto tempo senza riuscire così ad accorgersi di una leggera pioggia che cominciava a rinfrescare l'aria.

Poco tempo prima era steso sul prato a vedere le stelle e in quel momento l'unica cosa che fissava era il punto in cui vide il maggiore andar via. Le stelle quella nottata erano molto luminose, ma quando alzò il viso le vide offuscate da delle nubi ⎯ forse erano semplicemente la rappresentazione degli occhi di Jungkook: luminosi, ma oscurati dalle lacrime.

«Jungkook-ssi.. vai a dormire dai, ti ammalerai se starai ancora qua.» parlò Taehyung, abbracciandolo da dietro. «Entra in casa dai.»

Negò più volte con la testa. Non si voleva muovere da lì, non poteva entrare in casa come niente fosse successo, come se Jimin non fosse partito per sempre. Entrare in quell'edificio avrebbe distrutto ogni suo muro, rendendolo fragile e sensibile. E poi, cosa avrebbero pensato i suoi hyung? Come avrebbero reagito al vedere lacrime sul proprio volto?

Taehyung capì. Non disse più nulla, prese per mano il castano e lo accompagnò in casa. Alcuni di loro erano nelle stanze, altri ancora nel soggiorno; proprio come Taehyung e Yoongi. Il primo aveva detto a tutti cosa Jimin avrebbe fatto e il respiro venne a mancare a tutti. Salutò Yoongi, dirigendosi poi verso la propria camera; entrò nella sua stanza e si sdraiò nel proprio letto insieme al minore.

Non gli piaceva vederlo così. Quando stava male aveva bisogno di qualcuno in grado di rassicurarlo, aveva bisogno di Jimin per ritornare a sorridere; in quel momento però anche Taehyung stesso ne aveva bisogno e per questo decise che quella nottata non avrebbe lasciato solo Jungkook. Dormirono abbracciati tutta la notte, durante la quale il castano non smise un secondo di piangere.

D'altrocanto in quel momento Jimin stava andando verso casa. Non appena entrò in taxi disse all'autista di andare all'aeroporto, ma aveva mentito; non sarebbe andato via, perlomeno non quella sera. Ormai tutti sapevano che fosse diretto verso l'aeroporto, verso una nuova meta; sapeva che Taehyung avrebbe parlato ai suoi hyung prima di partire e per questo lo disse anche a Jungkook.

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