26. Non prendere quell'aereo

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Sarà un pochino lungo il capitolo, spero siate pronti a quello che accadrà nei prossimi🤍

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Chi avrebbe detto al proprio cuore di smettere di battere così forte in sua presenza? Chi si sarebbe azzardato a dire a un sentimento di quel genere di spegnersi senza accendersi più? Ci sarebbe stato qualcuno di così insensibile da chiedere di spegnere un fuoco talmente in crescita?

Quella persona sicuramente non sarebbe stata Jimin: non avrebbe spento nulla e non l'avrebbe lasciato fare da nessuno. Il tempo lo avrebbe spento automaticamente, ma in quel preciso momento tutto ciò che voleva era fermarlo e rimanere tra le sue braccia per l'eternità.

Il calore che gli donavano era la cura per la sua tristezza e solitudine; aveva bisogno di qualcuno che lo sostenesse, necessitava di Jungkook. Sapere che lui fosse lì, lontano neanche un millimetro dal proprio corpo, lo faceva rilassare.

L'ultima occhiata che gli diede fu triste, spenta e delusa; quando lui era uscito dalla stanza davvero sperava che la risposta fosse positiva, ma appena il maggiore aprì la bocca per parlare, essa venne a meno. Ma ora che lo aveva vicino sentì tutta la mancanza che in quei mesi aveva sfogato nel cuscino, riuscendo a capire il perché.

«Ho sentito entrambe le chiamate e tu sei veramente pazzo.» disse togliendo poi il braccio dalla vita dell'opposto e facendolo girare. «Perché sei uscito a quest'ora e con questo diluvio Jimin-ssi?»

«Te l'ho detto.. non voglio che tu ritorni a Seoul, non prima di parlare.» ed era vero, per una volta non stava mentendo. Non voleva che partisse, né ora né mai.

«Ma noi abbiamo già parlato.» disse serio, pur sapendo che questa serietà non sarebbe vissuta a lungo con Jimin davanti.

Avrebbe potuto arrabbiarsi, dirgli di andarsene o urlargli contro, ma ciò che fece fu ancora peggio. Aveva detto cose che assolutamente non pensava, cose che mai avrebbe voluto dire. Quella frase gli era costata cara: non solo aveva ferito i suoi sentimenti, ma aveva calpestato i propri senza ritegno, pensando che quello fosse il meglio per star bene.

Non era stato sincero e glielo avrebbe detto. Non poteva e non voleva più mentire, non faceva bene a nessuno. Facendo così aveva illuso Mark e allo stesso tempo Jungkook avrebbe pensato che non gli importasse più niente, quando invece era l'esatto contrario. Eccome se gli importava, forse anche più di ogni altra cosa.

«Ma io non sono stato sincero, perlomeno non del tutto.» disse vedendo un'espressione confusa farsi strada sul volto del minore. «Ho paura. Io davvero volevo dimenticare, volevo allontanarmi; non volevo e non voglio più star male in quel modo per qualcuno. Quando sono partito ho promesso a me stesso che non avrei più pianto per te, eppure in quell'aereo lo feci. Ogni volta che pensavo che tu fossi diventato il passato, il mio telefono squillava e il tuo nome appariva sullo schermo. Il non rispondere, non serviva a nulla perché almeno una lacrima mi scendeva. Ho messo tutto me stesso nel cercare di dimenticare come stessi bene con te, quanto bene mi facessi sentire e quanto bello il tuo faccino fosse. Ero certo che non esistessi più né nella mia mente né tantomeno nel cuore, ma quando ti ho visto davanti alla mia porta non ho avuto questa conferma.»

Jungkook rimase ad ascoltare il discorso del biondo, non staccandogli gli occhi di dosso per un secondo. Guardarlo era la cosa che gli era mancata in assoluto, oltre la sua presenza.

Non ha grandezza l'emozione di rivedere quella persona, quella che fa sorridere anche quando non se ne ha voglia, quella che abbraccia improvvisamente, quella che rende felice grazie ai suoi sorrisi, quella che facendo stupide cose fa ridere fino allo sfinimento. La stessa che si amerebbe anche a distanza di anni semplicemente perché regala un'immensa felicità.

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