04. Innamorarsi due volte

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«Sono fuori con Mark tutto il giorno.»

Certamente, Mark. Sempre lui.
Ultimamente era sempre presente nelle loro conversazioni e che sia chiaro, non era affatto Jungkook a intavolare il suo nome nei discorsi. Anzi, più lontano fosse stato meglio sarebbe stato. Ancora non riusciva a credere che insieme a Jimin fosse stato uno dei primi ad accoglierlo e fargli conoscere l'università.

Andava tutto bene, gli stava simpatico e specialmente gli piaceva il suo accento americano. Gli sarebbe piaciuto visitare l'America, non ne aveva mai avuto la possibilità e sperava che presto ne avrebbe potuto usufruire. Tutto cambiò quando un giorno, uscendo dalla sua aula, lo vide dall'altra parte del corridoio insieme a Jimin.

Li raggiunse, andarono a pranzare insieme e parlarono vivacemente. «Forse un pò troppo però», pensò in quel momento Jungkook. Mentre Mark parlava non toglieva quasi mai lo sguardo da Jimin, mai una volta, neanche quando mangiava: lo guardava negli occhi, guardava i suoi gesti, guardava le sue labbra.

E dire che questo lo seccò è poco per rappresentare il suo fastidio. Perché doveva molestare così tanto il suo hyung, il suo amico? Perché non poteva sparire e lasciarli soli? Nel corridoio forse fu ancora peggio, perché non smise un secondo di guardarlo dalla testa ai piedi.

Il fastidio che provò non ebbe eguali e non solo verso Mark, ma anche verso Jimin stesso: come poteva non accorgersi del suo sguardo? Non parlava, ma lo faceva il suo comportamento: e Jungkook sapeva, sapeva benissimo cosa avrebbe voluto Mark. Fu proprio quello il momento in cui iniziò a non sopportarlo, solo per uno sguardo di troppo.

Ma ne aveva il diritto? Aveva il diritto di infastidirsi per uno sguardo sulla figura di Jimin, il suo amico e hyung? Apparentemente no, ma in quel momento non gli importò e questo comportamento avrebbe col tempo avuto gravi conseguenze. Ecco perché quando Jimin disse quella frase lo raggiunse, nonostante la sua lezione fosse appena iniziata.

«Jimin-ssi.» chiamò, prendendolo per un braccio e facendolo girare. «Stai attento. Non mi fido di lui e non voglio che tu vada in qualche locale per poi finire come quando hai-»

«Lo so! Non devi ricordarmelo sempre!» rispose allontanandosi dalla sua presa. «Tutti voi lo fate, nessuno che mi lasci libero. So cosa mi è successo e come vi ho fatto stare, non sono stupido. Ma è ora di smetterla di impormi di andare in un locale, non deve essere un vostro problema.»

«Invece si che è un nostro problema, è un mio problema hyung.» sancì, guardandolo negli occhi. «Se tu non ricordi è un mio problema, se tu sei in ospedale è un mio problema, se tu stai male è un mio problema. Non pensare che dopo essere uscito da quel maledetto posto, ora nessuno si debba preoccupare per te. Perché io lo faccio, sempre e non smetterò per un tuo capriccio.»

E fu quello il momento in cui, ancora una volta, il cuore di Jimin si innamorò di Jungkook.

࿐✾ ˚.*ೃ°

Dopo aver visto lo sguardo confuso di Jimin, Jungkook sembrò riprendersi e dopo essersi scusato, corse via da quel lungo corridoio: non era mai arrivato tardi a lezione, ma quella volta non la seguì proprio. La prima ora decise di passarla fuori, nel giardino, entrando una volta terminata la prima delle due ore di inglese.

Le parole che aveva detto erano vere, le pensava veramente; aveva paura che potesse di nuovo star male e che potesse di nuovo dimenticare. E questa volta avrebbe fatto male doppiamente, perché lui stesso avrebbe dovuto dimenticare per forza. Quando quel giorno poi gli venne detto che il suo hyung non avrebbe ricordato nulla, si sentì vuoto dentro. Avrebbe ricordato lui, lo avrebbe fatto per entrambi.

D'altra parte Jimin passò dal vedere Jungkook davanti a sé al vederlo correre via, rimanendo così solo. Tutte quelle parole furono musica per le sue orecchie: a Jungkook importava allora, si preoccupava nel saperlo fuori con qualcuno. Oppure si preoccupava solo perché non avrebbe più voluto tenerlo a bada? Non seppe nemmeno Jimin quanto tempo rimase in mezzo al corridoio; si riprese dalla sua tranche solo quando sentì una mano sulla spalla.

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