10. Sono un gioco per te?

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«Se non ti fossi lasciato toccare così tanto, non sarebbe successo nulla di tutto questo.»

Non aveva mai messo in discussione il loro rapporto, ma in quel momento ebbe vari dubbi sul suo proseguimento. Non avevano mai definito il loro rapporto, entrambi si volevano bene e questo era tutto quello che ci fosse da sapere.

La posizione di Jimin negli anni era sempre la stessa, con solo un cambiamento: il suo bene nei confronti del castano si era trasformato in qualcosa di più forte, qualcosa che neanche lui inizialmente comprendeva. Solo con la successione dei mesi e degli anni capì veramente che quel bene corrispondesse ad un sentimento; forse era troppo per definirlo amore, ma gli si avvicinava molto.

I problemi arrivarono quando iniziò a sentirsi messo da parte: Jungkook lo ignorava e gli dava fastidio il suo affetto, che solo con il tempo accettò. Il loro legame si solidificò, passarono molto più tempo insieme e il bene che provarono nei confronti dell'altro aumentò. Jungkook era tutto fino a quel momento, non gli aveva mai negato niente e gli aveva sempre perdonato tutto: come poteva rimanere arrabbiato con lui quando si mostrava nella sua stanza con broncio, delle scuse e un abbraccio?

Doveva già sopportare tanto il suo cuore, non poteva lasciarsi scappare anche la persona più importante che avesse. Sorrideva, rideva ed era felice: nessuno avrebbe detto che fosse triste, ma invece era proprio così. Se da una parte il passare degli anni aveva dato una base al suo sentimento, dall'altra gli aveva provocato dolore.

Sapere che il minore non ricambiava, vedere felicità sul suo volto grazie a qualcun altro, venire a conoscenza delle sue uscite con ragazze e ragazzi, vedere con i suoi stessi occhi baciare qualcuno e vedere lo stesso Jungkook parlargliene. Faceva tutto troppo male, lo distruggeva dall'interno; per questo molte volte cercava di ignorare i suoi sguardi interrogativi.

Pensava che con il tempo la situazione sarebbe migliorata, ma quello che successe fu soltanto l'opposto; ad ogni azione corrisponde una reazione: più il suo sentimento cresceva più il suo malessere aumentava e più cercava di sopprimere quel male più il tempo creava ferite.

Aveva sentito quelle parole perfettamente e gli sembrarono inverosimili. Lo guardò negli occhi, incredulo di aver sentito quelle parole uscire dalla sua bocca: indirettamente lo aveva appena incolpato dell'azione che lui stesso aveva fatto. Si avvicinò al suo volto e con le lacrime agli occhi, gli diede uno schiaffo: poteva sopportare tutto, veramente tutto, ma ormai non aveva più nulla per cui resistere ancora.

«Non ti azzardare a dire una cosa così, non ci provare mai più Jungkook-ah. Non hai il diritto di trattarmi così e io non te lo lascerò fare.» disse con le lacrime agli occhi, puntando lo sguardo sul ragazzo davanti a sé. «Io ci sono sempre stato per te e questo è il modo in cui mi ringrazi? Lascia perdere il fatto che sia un tuo hyung e anche se ferisce il mio orgoglio, mettilo da parte. Ma non mettere da parte me, la persone che è sempre stata con te nonostante tutto, la persona che avrebbe perdonato ogni tuo errore. Non mettere da parte Jimin, non mettermi da parte. Comportandoti così non fai altro che creare problemi, inesistenti per lo più. E ribadisco che se voglio o non voglio avere qualcuno vicino, lo decido io. Non sei nessuno per dirmi chi fare o non fare avvicinare, che sia chiaro. E poi quella sera io non lo-»

«Non m'importa.» rispose Jungkook, guardando dritto nei suoi occhi lucidi. «Se non mi capisci, se vuoi farti toccare da tutti, se vuoi andare in America con Mark. Non sono nessuno per te, forse non lo sono mai stato e mai lo sarò. Non mi importa più niente di quello che farai.»

Gli era bastata una frase, una sola per crollare. Come poteva pensare di non essere qualcuno, come? Di certezze gliene aveva date e persino i loro hyung le avevano avvertite: come poteva ora affermare di non essere mai stato qualcuno per sé? Non gli sarebbe importato più niente delle cose che avrebbe fatto né tantomeno se fosse partito insieme a Mark.

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