31. Una voce melodica

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Due settimane erano passate e con esse arrivarono altri esami per Jimin e altro lavoro per Jungkook. La prima settimana i due si sentirono spesso o al telefono o per messaggio; una volta avevano provato a fare una videochiamata, ma dopo pochi minuti dovettero salutarsi perché il minore dovette ritornare a lavoro ⎯ per di più la sua assistente fu fin troppo interessata al suo lavoro.

E Jungkook lo sapeva; aveva capito il fastidio del biondo, ma non poteva dirle niente, d'altronde era al lavoro. D'altra parte Jimin capiva, era riuscito a sentirlo persino sul luogo di lavoro quando in teoria non avrebbe potuto; lo capiva, ma gli dava fastidio sapere che la sua assistente fosse così tanto interessata ai suoi impegni.

Non voleva chiudere la chiamata, ma vedendo la ragazza avvicinarsi al minore, chiuse la comunicazione salutandolo in fretta. Non poteva mostrarsi in quel modo solo dopo poco una settimana, non doveva sentirsi così; doveva continuare la sua carriera universitaria e sentire quel sentimento di gelosia non era ben accetto.

Il giorno dopo che Jungkook ritornò a Seoul, fece il suo arrivo Taehyung pronto a sentire tutte le notizie che aveva da dirgli il suo migliore amico. Quasi non ci credette quando gli raccontò di ciò che disse al minore prima che uscisse dalla sua stanza, non poteva crederci; sapeva in generale cosa fosse successo grazie a Yoongi, ma non i dettagli delle loro parole.

Taehyung aveva voglia di urlare al suo amico per le bugie dette, ma si trattenne sapendo che ci fosse altro da sapere. Avere pazienza con Jimin era fondamentale e il suo amico lo sapeva più che bene; ci volle del tempo per capire il suo sentimento, ma Taehyung l'avrebbe sempre sostenuto.

Quel fine settimana Jimin avrebbe avuto due esami, uno dei quali era abbastanza complicato; studiò molto, ma la paura di deludere qualcuno e se stesso era molto alta. Passò tutta la giornata in biblioteca, tornando poi in sala comune insieme a Taehyung e Jackson; terminò di leggere i suoi appunti, ma non ci riuscì a causa del rumore che i due facevano. Una cosa che Jimin odiava era proprio quella, interrompere il suo studio per sgridare quei due.

«Jackson, Taehyungie. Ora basta però. È già complicato studiare per un esame, figuriamoci farne due contemporaneamente. O fate meno rumore o giuro che prendo quei controller e li brucio. E Taehyungie, tu sai che ne sono capace. Non avete tre anni, quindi smettetela.» disse, portando poi la sua attenzione ai libri.

«Scusaci Jimin, hai ragione.» rispose Jackson, smettendo di giocare e avvicinandosi al tavolo del biondo insieme a Taehyung. «Devi stare tranquillo, andranno bene. Ti sei sempre distinto nello studio e ci riuscirai anche questa volta.»

«Ti ringrazio Jackson, ma non serve solo quello. Lo studio non ha bisogno solo di bravura o distinzione, ma richiede concentrazione. Ho paura di non riuscirci e di deludere non solo i miei genitori o i miei amici, ma me stesso.» rispose, vedendo poi il suo migliore amico sedersi accanto a sé.

Aveva paura di deludere la sua famiglia: con tutti gli sforzi che avevano fatto per poterlo fare studiare in quell'università, fallire non sarebbe stato un bel risultato. Aveva paura di deludere anche i suoi hyung: li aveva già lasciati senza dire nulla quando partì, non poteva deluderli anche nello studio o nella danza.

Ma ciò che lo spaventava di più era deludere se stesso. Si è sempre sentito poco realizzato e con l'arrivo in un nuovo posto, in una nuova città e circondato con persone diverse, gli aveva fatto pensare che so sarebbe potuto sentire bene. Il fallimento non era un'opzione; se avesse fallito tutto intorno a sé avrebbe perso colore.

«Tu non deluderai proprio nessuno Jimin-ssi. Sono tutti fieri di te. Non devi importi qualcosa solo per far felici, contenti o fieri gli altri. Se tu vuoi fare una determinata cosa, sbagliata o giusta che sia, falla. Magari sbaglierai, ma non ti sarai precluso il desiderio di farla.» disse prendendogli il volto. «Sei stato fin troppo generoso con le persone, mettendole prima di te. Non devi mai, mai mettere te stesso al secondo posto; tu sei più importante di ogni altra cosa. Come tutti gli altri, hai le tue debolezze, ma non sei solo. In un mondo come questo per sopravvivere, ogni tanto, devi pensare prima a te stesso.»

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