Capitolo Tredici: Chissà cosa aveva quel kimchi!

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Capitolo Tredici.
Chissà cosa aveva quel kimchi!

Quando quella mattina il kimchi non presentava sapore, tutta la mia positività non sembrava bastare per non cedere al panico, mangiai l'intera ciotola in attesa che il sapore del cavolo fermentato invadesse la mia bocca, ma nulla, solo un leggero ...

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Quando quella mattina il kimchi non presentava sapore, tutta la mia positività non sembrava bastare per non cedere al panico, mangiai l'intera ciotola in attesa che il sapore del cavolo fermentato invadesse la mia bocca, ma nulla, solo un leggero pizzicore sulla lingua.

Avrei voluto piangere, da solo nel dormitorio, mentre fissavo il contenitore vuoto e arrivavo alla consapevolezza che il covid mi avesse preso, nonostante i miei sforzi nello schivare qualsiasi contatto a rischio.

Feci un respiro profondo, pronto ad urlare e distruggere le stoviglie ancora adagiate sul tavolo, ma trattenni ogni emozione, strinsi violentemente il telefono, mentre con i pollici battevo sullo schermo così forte da temere per la sua incolumità.

Erano mesi che non incontravo i miei famigliari, che rimandavo la cena con mio fratello, che gli impegni e il mio umore altalenante, mi impedivano di compiere ogni azione prefissata e quando finalmente, le cose sembravano essersi stabilizzate, il kimchi aveva smesso di avere un sapore.

Maledetto kimchi!

L'assistente mi assicurò di essere per strada, con uno dei medici che si trovavano sul set del nostro video musicale, in modo che potesse farmi un test in tutta sicurezza nel dormitorio.

Dovevo attendere solo un'ora, il lasso di tempo che separava il set dall'appartamento, traffico mattiniero incluso, anche se un test non avrebbe migliorato il mio umore, bensì giustificato la rabbia al momento controllata da un lascito di speranza.

Misi in ordine la cucina, ripulendo ogni ripiano toccato, indossai la mascherina e i guanti, disinfettando qualsiasi cosa avessi incrociato nel cammino tra la mia stanza e la cucina, mi feci accompagnare da un podcast, che sviscerava l'argomento riguardante il cambiamento climatico, senza però realmente ascoltare.

L'idea di dovermi isolare per una settimana mi devastava, dopo l'impegno messo nel incastrare tutti gli impegni, del ritorno di Hoseok e Jimin dalla loro quarantena, non potevo frenare la nostra risalita. Avevo appena affrontato le mie paure, la costante sensazione di inutilità, di paura verso la situazione pandemica, non volevo darmi la possibilità di retrocedere.

Lasciai cadere lo strofinaccio sul pavimento, e mi indirizzai verso il letto, pronto a stendermi qualche minuti, interruppi il farfugliare del ragazzo nelle mie orecchie, i tentativi di distrarmi erano stati vani e le pulizie più veloci del previsto.

Mi addentrai su Instagram, dove potei notare delle nuove foto postate da Danbi, intenta a preparare le valigie per il suo piccolo ritorno a casa; mi stupivo ancora di poter dare una reale chiave di lettura a quello che vedevo, sapere prima che condividesse sui social cosa stesse succedendo nella sua vita, grazie a delle mail e alla reciproca fiducia, che in qualche modo l'anonimato aveva alimentato.

Avrei voluto chiederle il suo Instagram personale, per il puro gusto di sentirmi completamente libero, di potermi riferire a lei in qualsiasi ambito, senza dover omettere di non conoscere il suo aspetto. Era una questione ridicola, però mi spaventava, l'idea che potesse chiedermi di vedermi alimentava le mie paure che tutto finisse troppo presto.

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