Capitolo 2

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«Ariel, Ariel, Ariel

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«Ariel, Ariel, Ariel...ti hanno detto che nuotare in acque infestate da squali non è saggio?» la voce graffiata mi arrivò dritta alle orecchie. Mi teneva salda ad un armadietto dietro. Come si permetteva a toccarmi?

«Lasciami andare, esaltato.» sbottai dimenandomi dalla presa forte al mio polso. Lui scosse il capo accennando un ghigno malefico.

«Sei nuova e dovresti imparare le regole che ci sono in questa scuola del cazzo.» mi avvertì trafiggendomi con i suoi occhi azzurri. Aveva l'angolo della bocca alzato e la dentatura bianca spiccava in mezzo alle sue labbra carnose. Tanto bello quanto stronzo e pazzo.

«Regola numero uno...» alzò l'indice della mano libera dove giaceva un anello grosso argentato. «Nessuno osa sfidarmi e parlarmi male. Regola numero due: non mettermi mai contro di me, questo prendilo più come un consiglio, principessina.» i suoi occhi si posarono sulla mia maglietta firmata. Il "principessina" era dovuto fare sicuramente a quello.
«E regola numero tre: prova a infrangere queste tre regole e ti farai molto male.» concluse minacciandomi.

Scoppiai subito a ridere con gusto per le sue regole. Ma chi si credeva di essere?

«Ora ti dirò io una cosa, Jared.» pronunciai per la prima volta il suo nome e lui apparve stupito, fece per aprire bocca ma lo bloccai subito «Non me ne frega un cazzo delle tue regole di merda, se pensi che io possa seguirne anche solo una di queste, ti sbagli di grosso. Non sei nessuno e per quanto mi riguarda non ti devo un bel niente.» conclusi assottigliando gli occhi. Non mi feci intimidire, anche perché un ragazzino frustato dalla vita cosa poteva farmi?

«Ti ho detto, non mi sfidare.» rimarcò l'ultima frase con enfasi. «E io ti ho detto che non me ne frega un cazzo.»

«Hai commesso un grosso guaio a trasferirti qua...questa città è già troppo piccola per tutti, e tu sei di troppo. Devi nuotare via da qua, Ariel.» mi liberò dalla stretta al mio polso, accennò un ghigno malefico e andò via facendo riecheggiare per il corridoio il rumore delle suole dei suoi anfibi neri.

La città è troppo piccola per tutti, aveva detto? Bene, gli avrei fatto pesare la mia presenza!
Doveva smetterla di credersi Dio sceso in terra e dettare regole.

Andai in bagno a sciacquarmi i polsi per calmare il mio nervosismo. Non ero arrivata neanche da un giorno e già mi ero fatta un nemico. Il mio telefono squillò in modo insistente non appena entrai in quel bagno enorme. Il nome di Ryan lampeggiò sullo schermo del mio iPhone. Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, riattaccai la chiamata e non risposi. Non volevo starlo a sentire, ma non per lui, ma per il mio nervosismo.

Dopo qualche minuto Faith, Daphne e Britney fecero il loro ingresso nel bagno, avventandosi subito su di me.

«Come stai, Eve?» domandò Faith toccando mi le braccia scoperte come per vedere se fossi tutta intera. «Ti ha toccato?» chiese subito dopo Daphne.
«Se vuoi lo denunciamo.» continuò Britney.

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