V - K.J.H.V

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Devo ammettere che questo ragazzo ha il suo fascino. Riesce ad essere sexy, intelligente e sorprendente. Il suo modo di fare è particolare ed attraente. Non lo conosco affatto, ma credo sia una persona interessante da scoprire.
Accende il computer ed entra negli archivi, o almeno credo. I capelli divisi al centro gli cadono sul viso infastidendolo e lui scuote la testa per cercare di sistemarli. Cerca per qualche minuto, finché, proprio come non speravo, compare la visione, preceduta dal mio solito dolore alle tempie.
Chiudo gli occhi per qualche secondo e li riapro, trovandomi davanti l'immagine offuscata della vicepreside che cammina nella mia direzione.
«Cazzo. Sbrigati.» Quasi grido. Il dolore è facilmente sopportabile, ma fastidioso.
«Dammi un secondo, ho quasi fatto.»
«Ti prego, muoviti. Sta arrivando la Anderson.» Continuo, mentre chiudendo e riaprendo gli occhi la mia visione svanisce.
«Ok, ho fatto.» Chiude alla svelta il computer e corre verso di me.
In quel momento, la vicepreside svolta l'angolo dirigendosi verso di noi. C'è mancato poco.
Lui mi afferra per il braccio e mi strattona accanto all'ultimo armadietto, schiacchiandomi contro il muro col suo corpo e posandomi un dito sulle labbra, facendomi cenno di tacere. Sono rinchiusa tra lui ed il cartongesso e mi sembra di essere in un film.
Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, i nostri volti sono molto vicini, fin troppo. Riuscirei a sentire il suo battito se solo ce l'avesse.
«Martinez.» Dice accanto al mio orecchio, sussurrando.
«Che cosa?» Balbetto.
«Il suo cognome, è Martinez.»
Mi blocco. Non mi aspettavo che lo dicesse così. In realtà, non so cosa mi aspettavo.
«Perfetto.» Rispondo deglutendo, mentre lui si stacca da me una volta aver controllato che il corridoio sia totalmente vuoto.
«Bene. Ora abbiamo il nome e siamo entrambi felici e contenti. Tu lo dirai ad Aurel ed io lo terrò per me, per scoprire qualcosa in più.»
«Si. Grazie dell'aiuto.»
«Grazie a te.» Conclude facendomi un delicato occhiolino, allontanandosi.
«Aspetta!» Lo fermo.
Si volta lentamente, quasi divertito. «Dimmi.»
«Puoi dirmi il tuo nome? Così da poterti cercare nel caso avessi bisogno di una mano.»
Ridacchia passandosi una mano tra il ciuffo di capelli mori. «Così da dirlo a tuo fratello, vorresti dire! Assolutamente no, non te lo dirò. Dovrai scoprirlo come io ho scoperto il tuo. Buona giornata.»
Ok, questa è davvero da raccontare.
Passa qualche ora ed il momento del pranzo sta per arrivare. Mio fratello ha appena visualizzato il messaggio contenente il cognome di Peter. Non ho alcun motivo di fidarmi di quel ragazzo, potrebbe avermi presa in giro sputando un nome inventato sul momento, ma la mia parte idiota decide di credergli. In fondo, non posso fare nient'altro. Il fatto che non mi abbia voluto rivelare il suo nome, però, mi suscita un po' di spavento.
Appena la campanella inizia a rilasciare il tanto fastidioso suono di sempre, tutti ci dirigiamo verso la mensa. Non vedo l'ora di parlare con Megan, devo raccontarle della situazione surreale avvenuta poco fa.
Il frastuono causato dalle voci degli alunni si moltiplica una volta varcata la porta della mensa. I tavoli sono quasi tutti occupati, ne rimangono ben pochi liberi o con poche persone sedute. Purtroppo, nonostante mi ci impegni, non riesco a stare in una cerchia di persone troppo attaccate l'un l'altra, quindi, l'unica opzione che rimane, è sedersi nell'ultimo tavolo libero in fondo alla sala. Vado verso di esso e prendo posto, mentre vedo Megan correre verso di me.
«Cavolo, Ada, mi dispiace. Il professor Johnson non mi ha dato il permesso di uscire dall'aula. Ti prego, perdonami.» Dice dispiaciuta. Leggo nei suoi occhi nocciola sincera tristezza.
Mi lascio scappare una risata divertita, mentre lei si siede di fronte a me.
«Tranquilla, ho fatto lo stesso!»
«Davvero? Come?» Sembra stupita e confusa.
«Emh, è una storia bizzarra in realtà. Ricordi quel ragazzo che mi guardava ieri in corridoio?»
«Umh, quello del quarto anno?» Domanda, iniziando a gustare il suo pranzo.
«Si, esatto, lui. Beh, diciamo che nella scuola ci sono più vampiri di quanto io credessi.»
Tace per qualche secondo. «Aspetta... vorresti dirmi che è un vampiro anche lui?»
Annuisco, guardandomi intorno.
«O mio dio. E me lo dici così? La situazione si fa sempre più incredibile.»
«Si, direi di sì.»
«E dovrai dirlo ad Aurel?»
«Teoricamente si, ma, non lo farò. Primo, non mi ha voluto dire il suo nome, quindi quello che abbiamo fatto con Peter dovrà essere ripetuto e la mia voglia è pari a zero. E beh, secondo, quel ragazzo è astuto, più di quel che pensi... mio fratello si sentirebbe minacciato da lui, ne sono più che certa.»
Una figura mi si avvicina e dalla faccia di Megan, che prende un colorito quasi simile al mio, capisco che è proprio lui.
«Mi lusinga, piccola.» Dice compiaciuto, sedendosi accanto a me.
«Non faccio complimenti gratis di solito, sentiti speciale.»
«Tranquilla vampira, so già di esserlo.»
«Emh, farò finta di non essere spaventata da questa situazione. Anzi, farò finta di non essere spaventata da te.» Dice Meg, sputando l'ultima frase tutta d'un fiato, abbassando delicatamente il tono di voce.
«Ti faccio paura?» Domanda lui, mentre sul suo volto compare un accenno di sorriso.
«Direi di sì, dato che non sappiamo niente di te. Nemmeno il tuo nome.»
Scoppia a ridere, mentre io e Megan ci guardiamo confuse.
«Dio, Ada. Davvero non hai ancora scoperto il mio nome?»
«Beh, non me l'hai detto.»
Sospira divertito. «Avresti potuto sbirciare sul registro, oggi. Eravamo alla stessa lezione, ci avresti messo ben poco tempo. A quanto pare non ti interessa davvero saperlo.» Il suo sguardo è sempre lo stesso: un mix di furbizia, astuzia e sensualità.
Allunga la mano a Megan e mi guarda, prima di pronunciare il suo nome.
«Molto piacere, bella Megan. Sono Kermes.»
Guardarmi mentre ci si rivolge a qualcun altro è una cosa mi attira particolarmente. A quanto pare, non sbagliavo, c'è dell'attraente in ogni sua parola.
Meg gli stringe la mano quando sposta il suo sguardo su di lei. «Piacere mio. Adesso posso dirlo.»
«Allora... Kermes, eh?» Domando incuriosita, poggiando i gomiti sul tavolo e il mento sui pugni.
«Già! Merito di mia madre.»
«È un nome Greco?»
«Sinceramente non è nelle mie conoscenze. Non ho mai indagato sulla provenienza del mio nome. So che c'entra qualcosa con Ermes, il messaggiero degli dei, ma non so altro.» Risponde sdraiandosi completamente sulla sedia.
«E sentiamo, hai anche un cognome?» Chiede ancora Meg.
«Beh, se non lo avessi sarei per legge inesistente. Il mio nome completo è Kermes Julian Henric Voicu. Vengo dalla romania, esattamente come te, Ada.»
Mi lascio scappare un sorriso. È la prima volta dopo molto tempo che incontro qualcuno proveniente dal mio stesso paese.
«In quale città sei nato?» Domando con evidente gioia nel tono di voce.
«Alba Iulia. Non so se conosci.»
«Certo, come potrei non conoscerla! Io sono di Bran.»
«Pfh, certo. Dovevo immaginarlo. Una famiglia importante come la tua non poteva non venire dalla modestissima città dei vampiri, la città per eccellenza.»
«Ascolta...» Ci interrompe Meg.
Kermes la guarda, aspettando che parli.
«Studi doppiaggio? Parli così bene!»
Sono felice che glielo abbia chiesto, lo avrei fatto io altrimenti.
Sorride contento. «Si. L'ho studiato circa vent'anni fa, in degli studi a Los Angeles.» Spiega.
«Beh, le lezioni hanno dato i loro frutti!»
Ride divertito insieme a me e Megan, mentre un ragazzo posa una mano sulla sua spalla. È alto, biondo e con dei grandi occhi verdi. Felpa nera sotto la giacca viola aperta, con inciso il logo della scuola. Credo di chiami Robert, se non ricordo male.
«Ehi Kerm, vieni a fare due tiri?» Gli domanda, indicando il cortile. Grazie alla grande parete vetrata posso vedere altri tre o quattro ragazzi con una palla da basket tra le mani.
«Si, certo. Vengo subito.» Risponde.
Mi domando come faccia ad essere così unito con gli umani senza avere il minimo accenno di acquolina.
Mi dispiace che se ne vada, è meglio di quel che credevo.
«Ragazze, vorrei davvero rimanere qui a parlare con voi e non lo dico tanto per dire, ma sto ignorando i miei amici già da ieri. Tutto per quel Peter. Direi che ci si vede in giro. E se non ci vedremo in giro, cosa molto probabile data la mia asocialità, ci vedremo qui a scuola, a lezione o in mensa che sia.»
«Va bene, ma non sparire!» Lo prega Megan con un accenno di risata.
«Lo prometto, piccola umana dai capelli rossi.»
Mi rivolge uno sguardo, sorridendo. «Ci vediamo.» Dice solamente.
«Certo.» Rispondo, sorridendogli a mia volta, mentre si alza e va verso il cortile.
Alzo gli occhi al cielo, lasciandomi scappare un sorriso spontaneo. Un sorriso che da tempo non prendeva parte del mio volto.

Flame And Secrets [Vampiri]Where stories live. Discover now