IV - Il grande colpo

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Infilo le mie amate Dr. Martens, pronta per un'altra giornata. Oggi, la felpa con il logo della mia scuola, è di un violaceo pastello. Un colore freddo, al contrario dell'altra felpa color beige che indosso la maggior parte delle volte. I colori freddi mi donano, ma tendono a far risaltare la mia carnagione lucente. Meglio evitare.
Saluto Aurel con un cenno di mano ed esco, dirigendomi alla mia auto. Oggi, stranamente, sono in orario. Addirittura in anticipo, mi azzerderei a dire.
Nessun semaforo tenta di bloccarmi la strada. Direi che la mattinata inizia bene, molto bene.
Arrivo a scuola e corro verso Megan, che con i libri tra le gambe siede sul solito muretto. I capelli rossi le cadono delicati sul viso, provocandole fastidio mentre è intenta a leggere qualcosa.
«Buongiorno, bellezza!» La saluto, sedendomi accanto a lei.
«Buongiorno!» Ricambia il saluto con uno dei suoi soliti sorrisi cordiali.
«Pronta per il grande colpo?» Scherzo dandole un piccolo e delicato pugno sulla spalla.
«A proposito! Ho sbirciato negli orari del preside ed ha un'importante riunione dalle dieci alle dieci e trenta. Quindi, in quella mezz'ora o poco più, l'ufficio sarà vuoto!» Spiega con fierezza.
La abbraccio d'impulso. «Dio, sei fantastica!» Esclamo, staccandomi successivamente.
«In quell'ora saremo a lezioni diverse, ma entrambe sullo stesso piano. Chiederemo il permesso per il bagno e ci incontreremo fuori dall'ufficio, ci stai?»
Wow. È passata dal non avere la minima idea di farlo, all'essere quasi più propensa di me.
Ovviamente accetto, mentre la campanella d'entrata ci interrompe. Recuperiamo le nostre cose e camminiamo in fretta verso l'aula, cercando di arrivare in tempo anche questa volta per prendere gli unici due posti con banco in comune, così da poterci scambiare qualche occhiata durante la verifica di biologia che tra poco svolgeremo.
Per nostra sfortuna, però, non riusciamo a prenderli. A quanto pare tanti dei nostri compagni hanno avuto la stessa idea; la classe è quasi al completo.
Ci accontentiamo degli ultimi posti rimasti in fondo, comunque a poca lontananza l'uno dall'altro, posando tutto ciò che ci serve e aspettando l'arrivo del professore che impiega poco tempo ad entrare in aula con il solito broncio di sempre. Mi trasmette vibrazioni negative.
«Ada!» Mi chiama Meg.
Mi volto verso di lei, alla mia destra, che mi fa cenno di guardare nella direzione opposta. Prima che io possa farlo, una figura prende posto accanto a me.
Mi volto, lasciando che i miei occhi azzurri -per modo di dire- incontrino quelli gialli di Peter.
«Buongiorno, ragazza psicopatica che mi fa mille domande risultando sospetta e non poco.»
Rabbrividisco e lancio di nuovo uno sguardo a Megan, che si fa scappare una leggera risata.
«Buongiorno anche a te, ragazzo pallido con gli occhi color senape.» Dico a mia volta. Lui deglutisce e alza la testa.
«Ti ho già detto che sono lenti a contatto.» Ringhia.
«Potresti prestarmele? Le vorrei per Halloween.» Scherzo, creando in lui dell'evidente fastidio.
«Stai insinuando che i miei occhi facciano paura?» Mi scruta, passando il suo sguardo da capo a piedi. So bene cosa vuole fare, sta cercando di spaventarmi.
«Non i tuoi occhi, le tue lenti.» Concludo, prima che il professore faccia il mio nome per l'appello. Per mia sfortuna, essendo cartaceo, Peter non è ancora stato inserito in esso.
La prima ora passa velocemente. Io e Peter non ci siamo più scambiati nemmeno mezza parola, solo qualche sguardo ogni tanto, soprattutto durante il compito in classe... e soprattutto ora.
«Credo abbia una cotta per te!» Sussura Meg accanto al mio orecchio quando Peter si allontana dall'aula diretto in bagno.
«No! Sta cercando di attirare la mia attenzione, di farsi volere. È un potere comune dei vampiri, tendiamo ad essere dannatamente attraenti per l'essere umano. Anche con un solo sguardo.»
Spiego, nonostante io abbia ripetuto questa cosa almeno una decina di volte.
«Beh, si. Non hai tutti i torti, a me attrae e non poco.»
Il frastuono causato dalla campanella ci indica che è arrivato il momento di cambiare lezione, dirigendoci prima hai nostri armadietti. Così facciamo, andando verso di essi. Vanno tutti, tranne Peter, che sembra essere scomparso da quando ha varcato la porta dell'aula. Le sue cose non sono più presenti al suo posto.
«Dov'è andato?» Chiede la mia migliore amica, con sguardo confuso e quasi impaurito.
Deglutisco. «Non ne ho la più pallida idea.» Rispondo, guardandomi intorno.
Megan tira un sospiro. «Ok, è arrivato il momento. Ci vediamo tra venti minuti davanti l'ufficio del preside.»
«Puntuale.» Preciso, mentre lei alza il pollice, dirigendosi verso la sua aula.
Io arrivo alla mia e prendo posto in uno degli ultimi banchi liberi, purtroppo molto vicino alla cattedra. La professoressa, una delle più anziane dell'istituto, mi saluta con un cordiale sorriso mentre abbassa delicatamente lo sguardo su un libro che da settimane tenta di leggere.
«Hai la lente messa male.» Mi comunica una voce maschile davanti me. Congelo ed alzo piano lo sguardo, sbattendo gli occhi talmente veloce da sperare che la lente si sistemi da sola.
«Che cosa?» Domando guardando di sfuggita il ragazzo di fronte a me. È lo stesso di ieri, colui che mi fissava nel corridoio.
«Credo tu mi abbia sentito. Non c'è alcun bisogno di ripeterlo.» Ha una padronanza del linguaggio che lo rende quasi attraente. Scandisce ogni singola parola in modo impeccabile.
Annuisco ed alzo lo sguardo a lui.
«Adesso?» Domando, guardandolo negli occhi. Come credevo, i suoi sono scuri, quasi come l'ebano, sembra non avere le pupille, ma in compenso, possiede un'iride esageratamente grande.
«Adesso è a posto.» Annuisce, voltandosi davanti.
Non so come mi sia saltato in mente di guardarlo negli occhi per così tanto tempo, tanto da fargli notare il colore del mio occhio nel caso la lente fosse stata ancora messa male. Per fortuna non lo era, direi che mi sono salvata in calcio d'angolo.
La lezione inizia ed i miei pensieri vanno a Peter. Non so cosa stia facendo, né dove si trovi. Spero non faccia niente di cui potrebbe pentirsi. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è uno scandalo nella scuola.
Il mio orologio vibra grazie alla sveglia impostata e mi avverte che sono già passati quindici minuti. Credo sia il momento di chiedere il permesso per il bagno.
Alzo la mano, cercando di attirare l'attenzione della professoressa, che sembra non notarmi.
«Prof.» La chiamo.
Finalmente sposta il suo sguardo su di me. «Si, Ada?»
«Ho un problema. Ho bisogno di uscire dall'aula. Posso?»
Annuisce, posando sulla cattedra il permesso per il bagno.
Mi avvicino ringraziandola e lo afferro, dirigendomi verso l'ufficio del preside.
Per fortuna nessuno si trova nei paraggi, solo qualche addetto alla pulizia che mi lancia un cordiale sorriso. Nemmeno Megan si vede. Spero solo non se ne sia dimenticata, potrei ucciderla con le mie mani. Attendo qualche minuto, ma niente da fare. Impreco sottovoce, portandomi una mano alla fronte. Giuro che l'ammazzo. Che Dio mi faccia entrare un paletto di legno nel cuore se mi dovessi fidare nuovamente di lei.
Vedo una figura avvicinarsi a me. È sempre lui, il ragazzo del corridoio.
«La tua amica non verrà.» Comunica poggiandosi al muro accanto a me. Non capisco.
«Che cosa?» Domando, confusa.
«Ti ha inviato un messaggio. Comunica che il professore non la fa uscire dalla classe.» Dice ancora, mostrandomi un telefono. Ci metto qualche attimo per capire che si tratta del mio.
Glielo sfilo dalle mani velocemente. «Cosa Diavolo?! Chi ti ha dato il permesso di frugare nel mio telefono?»
«Non ho frugato. Si è acceso.» La sua tranquillità nel parlarmi mi confonde.
Inizio ad avere paura.
«E cos'hai letto?»
Sospira ridendo. «Ada, tesoro. Sò più cose di te di quanto tu creda. So bene cosa devi fare, perchè sto cercando la stessa identica cosa che cerchi tu. Sono come te.»
Rabbrividisco. È impossibile. Due in meno di due giorni.
«Come me? Cosa sarei io?»
«Oh, andiamo. Gli occhi gialli, il colorito smorto, il tuo odore. Sono un vampiro da più tempo di te, piccola.»
Se avessi del sangue in corpo, in questo momento sarebbe congelato. Ricordo a malapena la sensazione di sudare freddo, ma so per certo che in questo momento sarebbe accaduto se fossi ancora umana. Finché non avrò una prova certa, non ammetterò niente.
«Vampiro? Dai non scherzare, non esistono i vampiri.»
«Oh mio dio...» Sbuffa stanco. «Dammi la mano.» Continua, porgendomi il palmo in verticale, come se aspettasse che io gli batta il cinque. Non rispondo, non mi muovo. «Dai, su. Fidati di me.» Si avvicina.
Deglutisco e faccio così, avvicinando lentamente la mia mano alla sua. Si sfiorano e subito di uniscono. Lui mi guarda negli occhi e subito avverto un lancinante dolore al braccio, poi al torace ed infine su tutto il corpo. Grido di dolore e mi lascio cadere, mentre lui mi afferra al volo.
«Ok, forse ho esagerato. Scusami.» Mi aiuta, alzandomi da terra. Sono spaventata e confusa. Non capisco cosa sia appena successo. Era molto tempo che non provavo un dolore del genere.
«Cos'era?» Domando, guardando la mia mano.
«Il mio potere. Posso fare del male solamente toccando qualcuno. Diciamo che ho un potere solo leggermente più potente del tuo... avresti dovuto prevederlo, vampirina.» Ride divertito.
Ora ho la conferma che cercavo.
«Ok, bene. Non me lo aspettavo, credevo di essere l'unica qui.» Confesso. Lui ride ancora.
«Oh beh, io torno in questa scuola ogni dieci anni da ormai oltre ottant'anni. C'ero da molto prima di te ed Aurel.»
«Aurel? Come conosci mio fratello?»
Questo ragazzo inizia a spaventarmi e non poco.
«Te l'ho detto, so molto più di quel che credi. Ti ho osservato per tutti gli anni di liceo e tu non te ne sei mai accorta. Mi sono anche fatto bocciare per poterti osservare meglio. Dunque sono al quarto anno. E no, non sono un maniaco ossessionato da una bella ragazza succhia sangue, semplicemente volevo sapere la percentuale di periocolo con voi a spasso per la città... e con mia grande sorpresa è molto bassa, a differenza di quella del nuovo ragazzo che supera il novanta per cento.»
Dio, è quasi impressionante.
«Cosa sai di lui?» Domanda ancora.
«Quasi nulla. È un novello e si chiama Peter, dice di essersi trasferito da Los Angeles.»
«Oh bene, si chiama Peter... Passi avanti.»
«Sai tutto di me e non sai il suo nome?»
«Piccola, in un solo giorno posso a malapena scoprire il colore dei suoi capelli. Non ho ancora avuto il piacere di averlo alle mie stesse lezioni, come te. Mi stupisce che tu sappia solo questo.»
«Ok, senti. Non è il momento. Il preside tornerà tra meno di un quarto d'ora, dobbiamo sbrigarci.»
Annuisce. «Giusto. Entro io e tu rimani fuori?»
Così da poter scoprire il nome e non dirmelo? No grazie.
«Assolutamente no. L'idea è stata la mia, entro io e tu rimani qui.»
«Dio, Ada. Con il tuo potere potrai vedere se arriverà qualcuno e stando nel corridoio sarà più semplice per te comunicarmelo. Cosa ti costa fidarti di me?» Sembra sincero, ma è sempre meglio rimanere sulla difensiva.
Sospiro, annuendo. «Ok, va bene. Ma sbrigati.»
Accenna un leggero sorriso ed entra nell'ufficio. Effettivamente non sbaglia. Il mio potere mi permette di vedere solo ciò che accadrà da lì a poco nell'esatto posto in cui mi trovo. Essere dentro ed avere una visione non mi permetterebbe di uscire in tempo.

Flame And Secrets [Vampiri]Where stories live. Discover now