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Selin sentì il suo cuore saltare un battito, per poi riprendere a pulsare molto più velocemente del normale.
Una goccia di sudore gelido attraversò la sua spina dorsale. Avvolgendo le braccia attorno al petto della piccola Felia la strinse forte contro alle sue gambe, come volesse difenderla da quella che per lei era a tutti gli effetti una minaccia.
L'agente di polizia in piedi davanti a loro non aveva ancora estratto la sua pistola, eppure il suo atteggiamento era ugualmente minaccioso: con lo sguardo scrutò le altre due per interminabili secondi fino a che, d'un tratto, una scintilla non si accese nei suoi occhi.
-Signorina, si identifichi- ordinò rivolgendosi a Selin, mentre nel frattempo spostava una mano sulla fondina legata attorno alla sua vita.
La castana tacque; era certa che quel poliziotto avesse già capito chi lei fosse. Il suo aspetto fisico era sicuramente stato descritto accuratamente dai testimoni al vecchio hotel di Dan, perciò poteva ipotizzare quasi con assoluta certezza che le forze dell'ordine ne fossero state tutte quante messe al corrente.
Fece un piccolo passo indietro senza mai lasciare la sua presa sulla piccola Felia, mentre con la coda dell'occhio si guardava intorno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga; si chiedeva se quel tipo le avrebbe sparato o meno, nel caso in cui avesse tentato di scappare.
-Io... Mi scusi, stavo solo dando un'occhiata in giro...- riuscì a balbettare.
-Mi mostri un documento- ordinò ancora il poliziotto, che sembrava sempre più impaziente e nervoso. -La bambina è sua sorella? Sua figlia?-.
Il suo sguardo era truce, la mano destra sfiorava il calcio della pistola, pronta ad estrarla. Ormai era quasi certa che l'avesse riconosciuta.
Colta alla sprovvista Selin iniziò a balbettare con sempre maggior indecisione, mentre la bambina scoppiava in un pianto silenzioso, singhiozzando disperatamente. -Stavamo solo facendo un giro, non ho portato i documenti con me- tentò di improvvisare, con la voce piu credibile che riuscì a fare. -Lei è... La mia sorellina. Si, mia sorella minore-. Nel dire quelle parole sentì le sue interiora annodarsi tra loro, e per poco non scoppiò a piangere a sua volta.
Il poliziotto scosse lievemente il capo assumendo uno sguardo di disgusto e disapprovazione, che lasciava intendere che non si fosse affatto bevuto quelle frottole.
-Non muovete neanche un solo passo, chiaro?- sbottò, mentre affondava una mano nella tasca estraendo una radio digitale dotata di lunga antenna. Non appena notò l'oggetto, Selin capì che le cose si stavano mettendo di male in peggio: se quello sbirro avesse avvertito la centrale, in particolar modo dicendo che probabilmente aveva trovato la ragazza ricercata per l'omicidio di Phil, allora per lei sarebbe stata la fine.
Arresto, poi prigione, poi processo giudiziario.
Non ne sarebbe uscita mai più.
Annaspando cercò di sistemare le cose, seppur il suo nervosismo le rendesse difficoltoso anche il semplice atto di parlare. -Agente, la prego ci lasci andare. Nostra madre ci aspetta a...-.
-Chiudi la bocca!- la interruppe bruscamente l'uomo con un feroce grido, mentre in un paio di secondi estraeva la pistola e la puntava dritta in sua direzione.
Il pianto di Felia, a quel punto, si fece disperato. Gridava e piangeva così forte che la sua voce era divenuta roca e strozzata.
Con l'arma puntata sul volto e la piccola in lacrime che si agitava continuamente, Selin capì che a quel punto era davvero tutto finito. Provò a tranquillizzare Felia con delle piccole carezze sulle spalle mentre continuava a stringerla forte a sé; tutto ciò in cui poteva sperare adesso era l'arrivo di Rose. Magari la donna, con le sue abilità comunicative, avrebbe in qualche modo potuto capovolgere la situazione. Doveva essere ancora la fuori seduta in macchina, o almeno questo era ciò che sperava con tutto l'animo.
Chiuse gli occhi sussurrando qualcosa nelle orecchie della bambina, mentre il poliziotto avvicinava la sua radio alla bocca.
-Centrale, sono l'agente Fendeth. Ho immediato bisogno di rin...-.
Qualcosa interruppe di colpo la comunicazione, prima che l'agente avesse terminato la sua richiesta di aiuto ai colleghi. 
Un tonfo acuto e improvviso, seguito da una serie di rapidi passi.
La porta socchiusa dietro alle spalle del poliziotto fu spalancata e per un attimo la luce esterna inondò violentemente la stanza, come un lampo nel cuore di una notte tenebrosa.
Un grido strozzato.
Un getto di sangue caldo disegnò una sagoma frastagliata sulla parete ricolma di crepe, come se si trattasse di una sporca tela di intonaco e mattoni scheggiati.
Selin trattenne il fiato e d'impulso coprì gli occhi di Felia con una mano, per impedirle di guardare quella scena terrificante.
Tremava.
Tremavano entrambe.
La radio cadde a terra rotolando un paio di volte sul pavimento pieno di detriti, mentre l'agente Fendeth scivolava in ginocchio con uno squarcio spesso diversi centimetri appena sopra alle clavicole. Un fiume di sangue caldo ne usciva, inzuppando la divisa che indossava e impregnando l'aria di quell'odore disgustoso.
Jeff era sbucato fuori dal nulla, come una sorta di entità maligna che appare quando evocata; alcuni schizzi rossi avevano macchiato la sua felpa e il suo viso, rendendo la sua presenza più inquietante di quanto lui avrebbe voluto.
Non si voltò in direzione di Selin e Felia neppure per un secondo, ma restò tutto il tempo ad osservare il poliziotto agonizzante fino a che questo, poco dopo, non crollò a terra privo di sensi sbattendo la nuca contro al pavimento.
Selin si sentì come se fosse stata appena travolta da un camion in piena corsa: rivedere Jeff la fece sentire felice e anche rassicurata, ma allo stesso tempo vedere ciò che aveva appena fatto le ricordava ancora una volta quanto lui fosse un pazzo scatenato, pericoloso per se stesso e soprattutto per gli altri.
Una voce insicura e tremante fuoriuscì dalle labbra della ragazza, incredula e terrorizzata di ciò che aveva appena visto.
-J..Jeff...- riuscì a balbettare, continuando ad impedirle alla piccola Felia di vedere quello scempio.
Solo a quel punto il killer la degnò del suo sguardo, ma nei suoi occhi vi era il riflesso di una rabbia malcelata. -Ma che cazzo hai nella testa, uh?- le gridò contro, posando la suola di una scarpa sul cadavere ancora caldo come se per lui quella fosse la situazione più normale del mondo.
-Perché cazzo sei tornata qui!?-.
La castana dapprima non riuscì a rispondere, non riuscì a dire proprio niente: schiuse la labbra e trattenne il fiato, ma non una sola sillaba fuoriuscì dalla sua bocca. Sentiva il corpo della bambina tremare tra le sue braccia, l'odore del sangue penetrare le sue narici e una sensazione di disperazione assalirla con violenza.
Niente di tutto ciò sarebbe dovuto accadere, ma ancora una volta era stata proprio lei la causa scatenante degli eventi.
-Perché... Perché lo hai fatto...- mormorò, mantenendo lo sguardo basso e tornando a cullare la bambina. -Non aveva colpe, lui stava solo... Facendo il suo lavoro-.
-Perché l'ho fatto?- ripeté Jeff, avvicinandosi a lei. Era infuriato, continuava a dondolarsi su se stesso come se si stesse trattenendo dal saltarle addosso e riempirla di botte. -Perché tu sei tornata qui e ti sei portata dietro la polizia, ecco perché!-.
Selin assunse un'espressione stupefatta, lasciando cadere la mandibola inferiore e spalancando le palpebre. -Cosa? Io non... Questo non è vero- tentò di spiegare scuotendo energicamente il capo. -Non sono stata seguita, nessuno mi ha seguita!-..
Una risatina nervosa fece incurvare le labbra tese di Jeff. -Nessuno? E allora come spieghi la presenza del nostro amico qui?- chiese, indicando il cadavere disteso a pochi passi dalle sue scarpe. -È apparso come per magia?- ironizzò duramente. 
La ragazza tacque per qualche secondo, innervosita dall'atteggiamento aggressivo del killer. Non riusciva a capire per quale motivo si stesse comportando in quel modo.
-Nessuno mi ha seguita, ti dico. O almeno io non ho visto nessuno quando sono entrata poco fa- spiegò ancora, riuscendo nel frattempo a ritrovare la calma necessaria a impedire alla sua voce di tremare.
Il suo sguardo percorse rapidamente la figura snella di Jeff, indossava abiti diversi dall'ultima volta che lo aveva visto e sembrava essersi ripulito, anche se non aveva idea di come o dove avesse potuto farlo. I suoi lunghi capelli neri dondolavano sul petto ad ogni suo movimento, celando solo parzialmente una piccola ferita sulla sua spalla sinistra che non ricordava di aver mai visto prima. 
-Ti suggerisco di controllare meglio, allora- replicò Jeff piegando lievemente la testa, e puntandole addosso un'occhiata carica di irritazione. -E comunque, che diavolo ci fai di nuovo qui?-.
Il suo atteggiamento era freddo e distaccato, si comportava come un completo estraneo. E anche se questo avrebbe dovuto far piacere a Selin, la sensazione che le causò fu tutt'altro che piacevole.
-Stavo... Cercando te- ammise. -Sei sparito senza dire niente e pensavo che...-.
Il killer strinse le labbra, poi scosse la testa. -Sparisci. Tra dieci minuti al massimo arriverà una pattuglia- esordì, voltando bruscamente le spalle. Fece giusto un passo poi si fermò ancora, senza più rivolgerle il suo sguardo. -Grazie a questa tua stronzata dovrò nascondermi da qualche altra parte-.
Non sapendo il che modo replicare Selin abbassò la testa e strinse le mandibole; non avrebbe mai voluto causare problemi a Jeff o a chiunque altro, eppure sembrava proprio che la sua semplice esistenza stesse causando guai a tutti coloro che le stavano attorno.
Rose, la piccola Felia e adesso anche Jeff.
Proprio mentre pensava a questo sentì la bambina iniziare ad agitarsi tra le sue braccia, come se volesse liberarsi dalla sua presa; non glielo concesse, non voleva che vedesse il cadavere e tutto quel sangue. Ma la piccola, ancora travolta da un disperato pianto, continuò ad agitarsi con ogni sua forza finché alla fine non fu riuscita a sfuggire dalle braccia di Selin; a quel punto si fermò un secondo per asciugarsi la faccia ormai zuppa di lacrime.
-Felia no! Chiudi gli occhi, non guardare- sentì gridare la voce preoccupata della ragazza, ma non la ascoltò.
Con gli occhi gonfi e umidi la bambina compì una breve corsa fino a raggiungere Jeff, che si trovava ancora voltato di spalle e si apprestava ad uscire dall'edificio. Senza esitazione si aggrappò alle sue gambe stringendo nel pugno destro un lembo dei suoi pantaloni, e lo intrappolò nell'abbraccio più forte che avesse mai dato a qualcuno in tutta la sua vita.
-Non te ne andare via, ti prego!- gridò, con un pianto soffocato.

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