ƈą℘ıɬơƖơ 29

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Nel corso della sua breve vita la piccola Felia aveva vissuto assieme al suo papà in diversi posti, ma il vecchio hotel fu di certo la dimora che abitò per più tempo rispetto alle altre.
E molto spesso, quando si trovava a dover trascorrere lunghi pomeriggi da sola all'interno della stanza, si ritrovava con la faccia premuta sul vetro della finestra ad osservare il cielo.
Aveva imparato a giocare con le nuvole.
Ne osservava le forme e viaggiava con la fantasia dando un nuovo senso ai movimenti casuali di quelle soffici masse bianche; immaginava scenari e personaggi di ogni tipo semplicemente guardandole e, a volte, le ricalcava sul vetro con l'ausilio di un pennarello scatenando l'ira del padre al suo ritorno.
Così, proprio come le aveva suggerito Selin, stando distesa sul pavimento polveroso fece con quel pezzo di carta ingiallito esattamente la stessa cosa: usò la matita grigia per ricalcare i bordi delle macchie trasformandole in qualcosa di nuovo, per poi completare il resto dei dettagli con gli altri colori.
La carta era il cielo, le macchie erano le nuvole.
E mentre la bambina era intenta a completare la sua piccola opera d'arte, Jeff approfittava della quiete per riposare le ossa continuando a restare in disparte. Selin lo osservò per molto tempo senza più dire niente, ma pensando che avrebbe tanto voluto poter entrare nella sua testa e vedere cosa diavolo c'era dentro: avevano trascorso insieme nel bene e nel male ormai due giorni, ma ancora non riusciva assolutamente a capirlo.
Lo osservava disteso su quel materasso e raggomitolato come un bambino, e più lo guardava più non riusciva a capire chi lui fosse per davvero; nulla di ciò che aveva fatto sembrava avere il benché minimo senso, anche adesso che continuava a comportarsi come una persona assolutamente normale. Ma non poteva certo dimenticare ciò che le aveva fatto passare, solo il giorno prima.
Ad un certo punto la ragazza abbandonò la stanza e, per abbattere la noia, decise di esplorare la vecchia casa approfittando per controllare meglio la zona all'esterno attraverso le poche finestre presenti ed assicurarsi che non ci fosse nessun poliziotto in giro. Si accorse della presenza di una scala pericolante di legno, tramite la quale era teoricamente possibile accedere al piano superiore; quest'ultimo sembrava versare in condizioni davvero pietose, parte del pavimento era crollato e la struttura in quella zona sembrava essere piuttosto indebolita.
Spinta dalla curiosità, tuttavia, Selin si avventurò su per i gradini facendo estrema attenzione e calcolando con precisione ogni singolo passo in modo da scongiurare un cedimento, e riuscì così a salire al piano primo: qui si trovò davanti un'unica stanza. O meglio, ne era presente anche una seconda, ma era ormai del tutto priva di pavimentazione e dunque inaccessibile.
Si guardò intorno con curiosità, attraverso una finestra aperta poté scorgere una piccola porzione della periferia e della strada provinciale che si affiancava all'edificio; sotto ai suoi piedi erano presenti diversi cumuli di detriti, foglie secche e tegole rotte che erano precipitate giù dal tetto. Ma nel mezzo di tutta quella sporcizia, adagiato sul pavimento come fosse stato messo li apposta da qualcuno, notificò la presenza di un vecchio peluche.
Un coniglietto rosa dal volto dolce, posizionato proprio centro della stanza.
Le sembrò assurdo trovare quell'oggetto proprio li, ed in un primo momento provò una lieve inquietudine: sembrava essere molto vecchio esattamente come ogni cosa che era contenuta in quella casa, ma aveva un aspetto particolare. La pelliccia di cui era ricoperto appariva piuttosto scolorita, era molto sporco ed uno degli occhietti in vetro levigato era del tutto assente, sostituito da un grottesco buco vuoto.
Accigliata Selin osservò quell'oggetto a lungo, si chiedeva come fosse finito lì; in ogni caso sembrava essere stato abbandonato da tempo, lo si poteva notare dal fitto strato di polvere che era adagiata sulla sua testa e sulle orecchie.
Sorridendo la castana si chinò per afferrarlo e tentò di scacciare via un po' di sporcizia sbattendolo tra le mani, poi si voltò per tornare di sotto; era assolutamente sicura che a Felia sarebbe molto piaciuto, nonostante tutto.
Scese a ritroso i gradini con la stessa attenzione con la quale li aveva saliti e sentì un brivido attraversarle la schiena quando sentì uno di questi cedere sotto alla scarpa; si affrettò a raggiungere il pavimento, e voltandosi ancora verso la scala tirò un gran sospiro di sollievo: forse era stato rischioso salire di sopra, ma almeno aveva trovato qualcosa che avrebbe potuto scaldare un po' il cuore ferito di Felia.
Pensando a questo si ritrovò a sorridere di nuovo senza neanche rendersene conto; strinse il peluche nella mano sinistra e si avviò in direzione della vecchia cucina dove certamente la piccola era ancora intenta a disegnare, pregustando il momento in cui glielo avrebbe donato. Mentre varcava la soglia a passo svelto, tuttavia, trattenne a stento un grido quando notò la figura di Jeff in piedi dietro allo stipite della porta.
-Cristo, mi hai spaventata!- esclamò balzando indietro con il fiato sospeso. Il pupazzo le cadde dalle mani e rotolò a terra, fermandosi proprio contro ai piedi del killer.
-Ma che cazzo!- sbottò ancora, tentando di calmarsi. Il suo cuore batteva all'impazzata, non si aspettava di trovarlo li.
Il ragazzo invece la osservava con una calma disumana, se ne stava in piedi con una spalla appoggiata alla parete piena di crepe ed entrambe le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. La pelle del suo volto disteso sembrava essere ancora più pallida del normale, forse a causa dell'angolazione della luce.
-Eh?- borbottò accigliato. L'espressione sul suo viso suggeriva che non avesse capito il motivo di quella esagerata reazione da parte sua.
Selin si chinò frettolosamente e recuperò il peluche, stringendolo poi contro alla pancia. -Mi hai spaventata, non mi aspettavo di trovarti qui- si giustificò, visibilmente in imbarazzo.
Il killer allargò un sorrisetto divertito, spostando lo sguardo sull'oggetto che lei teneva in mano ma senza avanzare domande a riguardo. Certamente aveva capito che fosse destinato alla bambina.
Sollevando lo sguardo i due si ritrovarono faccia a faccia, e subito Selin si voltò altrove; all'improvviso si sentiva a disagio, non voleva sembrare debole o stupida anche se si era appena comportava come tale.
-Vedo che stai meglio.. - commentò, non sapendo che altro dire. -Credevo che saresti morto-.
Quella seconda frase le uscì dalla bocca in modo automatico, e risultò più aspra di quanto avesse voluto.
Il killer strinse le spalle con indifferenza. -Penso ci voglia ben altro per farmi fuori- commentò. -Ma ammetto che mi ero abbastanza preoccupato, stavolta-.
La castana gli rivolse uno sguardo pensieroso, continuando a mantenere una certa distanza fisica. Non si fidava affatto, anche se voleva fargli credere il contrario.
-Hai avuto paura di morire?- gli chiese, ironicamente. -Uno come te avrebbe paura della morte?-.
Il killer arricciò le labbra infastidito mentre le voltava le spalle e si incamminava verso la stanza vuota adiacente. Le parve irritato da quella domanda. -In ogni caso non è la cosa che temo di più-.
Selin lo guardò allontanarsi e sollevando la mano con cui impugnava il pupazzo percorse con lo sguardo i lividi che vi albergavano, poi emise un lento sospiro.
-E quale sarebbe la cosa di cui hai più paura?- domandò ancora, mentre la figura di Jeff spariva dietro ad una parete.
Non ricevette alcuna risposta, questa volta.
Solo un pesante silenzio che le suggerì di aver parlato troppo e di aver toccato un argomento sbagliato.
Lanciando un'occhiata al coniglietto di peluche Selin strinse le labbra e sbattè le palpebre più volte, per poi raggiungere la piccola Felia; la trovò ancora distesa a terra sul pavimento logoro della cucina, stava ultimando gli ultimi dettagli del suo disegno.
Varcando la porta la castana nascose il pupazzo dietro alla schiena.
-Hei piccoletta! A che punto siamo?-.
-Ho finito!- rispose subito l'altra, agitando ancora un po' la matita blu sul foglio per poi balzare in piedi con entusiasmo; sventolò il disegno a mezz'aria mentre saltellando le si avvicinava, per poi mostrarglielo con grande soddisfazione. -Ti piace?-.
Sulla carta ingiallita quelle che prima erano delle semplici macchie di umidità e sporcizia si erano trasformate in alcuni animaletti stilizzati, sullo sfondo di un cielo azzurro privo di nuvole.
-Oh, ma è bellissimo!- commentò Selin sorridendo. -Non mi aspettavo che fossi così brava!-.
La bambina richiuse il foglio piegandolo un paio di volte su se stesso per poi riporlo nel taschino del suo pigiama. -Lo tengo con me, voglio darlo a papà appena lo rivedo- esordì.
Quelle parole strinsero un nodo nella gola di Selin, che per un attimo non seppe più che cosa dire; deglutí a vuoto, e notificando l'insorgere di una certa tristezza negli occhi della piccola capí che avrebbe dovuto agire in fretta: portò avanti le mani, e con falsa gioia le mostrò il coniglietto.
-Questo è per te, l'ho trovato di sopra-.
Gli occhi della bambina si illuminarono in un istante quando si posarono sulla pelliccia sbiadita del giocattolo, quasi come se avesse visto l'oggetto più bello del mondo. -È mio? Posso averlo?- domandò subito, iniziando a saltellare sul posto. Doveva esserle stato insegnato a non prendere niente dalle mani degli adulti, senza la loro approvazione.
-Ma certo che è tuo!- rispose la ragazza, porgendole l'oggetto di stoffa. La piccola lo afferrò subito dopo e lo strinse forte al petto, iniziando a cullarlo come si trattasse di un cucciolo vero. Quasi scoppiò a piangere per la felicità.
-È bellissimo! È un bellissimo coniglietto!- iniziò a dire, passeggiando per la stanza.
Selin la guardò con tenerezza ed in quel momento pensò di aver finalmente fatto la cosa giusta: anche se quel pezzo di stoffa non avrebbe potuto in alcun modo colmare le lacune di sofferenza che si erano create nell'anima di quella bambina, sarebbe stato utile a farla sentire meglio. E solo questo contava, adesso.
Emise un sospiro, e voltandosi verso l'ingresso si accorse che di nuovo Jeff era nei paraggi, ed a sua volta stava osservando la bambina senza dire niente. Il suo volto era ancora totalmente inespressivo, ma stava alternando lo sguardo dalla stanza alla finestra che dava sull'ingresso come fosse all'improvviso insospettito da qualcosa, o desiderasse per qualche motivo andarsene via alla svelta.
-Che c'è?- gli chiese Selin a bassa voce. Aveva notato il suo nervosismo, anche se non riusciva a capire a cosa fosse dovuto stava supponendo che lui avesse udito qualche rumore sospetto provenire dall'esterno.
Si sbagliava.
Il moro aggrottò la fronte e fece un passo indietro senza più staccarle gli occhi di dosso; i suoi muscoli si erano irrigiditi, i nervi erano tesi ed una voce nella sua testa aveva iniziato a gridare così forte da farlo sentire intontito. Strinse le labbra inspirando una piccola porzione di aria fredda dal naso, poi le inarcò dipingendo sul suo volto un sorriso appena percettibile.
I suoi occhi, questa volta, stavano brillando di una luce completamente diversa ed ogni cellula del suo corpo sembrava essere all'improvviso diventata bramosa di sangue. Le sue iridi color ghiaccio erano lo sfondo di uno sguardo gelido, folle ed irrazionale.
E Selin impiegò poco altro tempo a capire di essere nei guai.

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