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Con il prezioso foglio di carta al sicuro nella tasca dei pantaloni, Selin si affrettò ad uscire dal bar e si rese conto, subito dopo aver messo il naso fuori, che la pioggia era fortemente aumentanta d'intensità.
Sospirò pesantemente ed una nuvola di condensa di generò davanti alle sue labbra, dissolvendosi poco dopo; avrebbe sperato in una migliore ospitalità da parte degli abitanti del luogo, ma era sicura che parte del problema fosse il suo aspetto trasandato. Si ripeté più volte che presto tutto quanto si sarebbe aggiustato, che si sarebbe sistemata e avrebbe costruito la sua vita un pezzetto per volta; così, a testa bassa, si gettò sotto alla pioggia battente attraversando la strada con una breve corsetta.
Una violenta folata di vento trascinò sull'asfalto qualche pezzo di carta ed alcune foglie secche, seppur in quella zona non sembrava esserci nessun albero: chissà da quanto lontano provenivano. Accelerando il passo Selin si avvicinò ad un'auto di passaggio per chiedere informazioni all'autista, ma ottenne soltanto un grosso schizzo d'acqua gelida che le imbrattò i pantaloni. Solo diversi metri dopo, proseguendo il suo disperato cammino, la ragazza si imbatté in un passante che si degnò di indicarle la strada.
"Dritta per di la, al terzo incrocio sulla destra. Non mi risulta però che li ci sia un hotel o affittacamere".
Con gentilezza Selin ringraziò lo sconosciuto e infreddolita si avviò immediatamente. Il temporale non sembrava essere intenzionato a placarsi molto presto, ed era seriamente preoccupata della possibilità di non riuscire a trovare un posto dove rifugiarsi per quella notte.
Con le labbra strette e la mente affollata da mille pensieri, molti dei quali la riportavano a vecchi ricordi dai quali sentiva di essere ormai troppo lontana, seguì alla lettera il percorso che le era stato indicato fino a raggiungere la via citata sul foglietto che teneva in tasca.
Quando la vide ne fu stupita, perché era molto diversa da ciò che aveva immaginato.
A differenza del grigio quartiere di asfalto e cemento che si era lasciata alle spalle, questa limitata zona periferica sembrava meno affollata da palazzi ed industrie che venivano invece sostituiti da qualche villetta a schiera, alcuni ruderi disabitati e diverse zone verdi in cui la natura si era presa una piccola rivincita sulla mano dell'uomo.
Seppur fosse piu gradevole agli occhi rispetto alla prima, anche questa zona cittadina sembrava essere un luogo molto povero e malfamato: era facile comprenderlo anche solo osservando l'aspetto malmesso delle abitazioni, le montagne di spazzatura abbandonate nei vicoli e la quasi totale assenza di illuminazione stradale. Tuttavia, in qualche modo, Selin pensò di preferire quella zona rispetto a ciò che si era appena lasciata alle spalle, solo per il fatto che qui la vita sembrava un po' più tranquilla.
Recuperò nervosamente il biglietto dalla tasca per ricontrollare l'indirizzo, e soltanto allora si rese conto che in effetti vi era stata indicata la via ma non il numero civico.
Quel dettaglio le sembrò un po' strano, ma era troppo infreddolita e stanca per preoccuparsene; avanzando lungo la via, che era a fondo chiuso, osservò con attenzione tutte le abitazioni cercando di capire quale tra queste potesse essere quella che offriva le stanze in affitto.
Mentre perlustrava la zona, ad un certo punto la sua attenzione fu catturata da un edificio in particolare, decisamente più grande degli altri: si innalzava su ben tre piani ed era posto sul fondo della strada, laddove non era più possibile proseguire perché l'asfalto terminava contro ad un muretto di sassi.
Forse era proprio quello, il posto giusto.
L'abitazione versava in condizioni di grave incuria; era circondata ad ogni lato da un piccolo giardino il cui prato, composto perlopiù da erbacce, non veniva tagliato da troppo tempo. La facciata, di color mattone scuro, si presentava molto scolorita e in più zone l'intonaco si era addirittura screpolato e staccato risaltando il grigio della calce sottostante. Ogni piano era composto da una lunga fila di grosse finestre alcune delle quali erano state tappate con della carta adesiva o delle semplici tende; era ragionevole pensare che ogni finestra corrispondesse ad una stanza.
Per la sua fattezze, pateva trattarsi di un vecchio ostello o forse addirittura di una ex scuola.
Selin osservò l'edificio per una buona manciata di secondi mentre se ne stava in piedi in mezzo alla strada, sotto alla pioggia; non era presente alcuna insegna e se non fosse stato per la luce artificiale che proveniva dall'interno avrebbe creduto che quel luogo fosse disabitato. Iniziava a chiedersi se fosse giunta davvero nel posto giusto.
Facendo appello al suo coraggio la ragazza si incamminò lungo il vialetto ed ebbe fin da subito una sgradevole sensazione di disagio, come se qualcuno la stesse osservando dalle finestre; ma alzando gli occhi, non vide nessuno.
Giunta davanti al portone non esitò a premere il campanello che trovò alla sua destra, sollevata dal fatto che sotto al porticato la pioggia non stesse più raggiungendo il suo corpo ormai zuppo fradicio.
Attese una decina di secondi in silenzio, prima di sentire dei passi pesanti provenire dall'altro lato della porta. Ad aprire fu un uomo dal fisico massiccio che portava una capigliatura castana dal taglio molto corto, ed una folta barba che era invece stata fatta crescere lunga fino alla gola; vestiva in modo semplice, con una tuta nera ed un paio di scarpe da tennis visibilmente usurate.
-Che vuoi?- le chiese, squadrandola dalla testa ai piedi con un atteggiamento decisamente poco ospitale. Per qualche motivo sembrava sospettoso nei confronti di Selin, e non particolarmente felice che lei avesse bussato alla sua porta nel bel mezzo di una tormenta. Il suo sguardo era molto freddo, duro e giudicante.
Selin si sforzò di mostrare un amichevole sorriso che potesse celare almeno parzialmente il disagio che stava provando, e mostrando il piccolo pezzo di carta che aveva con sé disse: -Spero di non trovarmi all'indirizzo sbagliato, cerco una stanza da prendere in affitto- disse, un po' intimorita dal losco uomo che continuava a fissarla con sospetto.
Alla vista dello stralcio di annuncio, tuttavia, lui sembrò ammorbidirsi ed iniziò ad atteggiarsi in modo decisamente piu gentile.
-Si, il posto è questo- le rispose, facendole cenno di entrare. Selin obbedí, ma si fermò proprio sul ciglio della porta.
-La camera costa quindici al giorno, ne restano poche quindi se decidi di prenderla dovresti farmelo sapere subito- puntualizzò il padrone di casa.
La ragazza annuì debolmente, accartocciando il biglietto nel palmo della mano bagnata. -Quindici va benissimo, è meno di quel che mi aspettavo. Ne avrei bisogno subito, se è possibile-.
L'uomo annuì, puntando le mani sui fianchi. -Certo che sì-. Si avvicinò poi ad un vecchio mobile posizionato accanto alla porta e prelevò una cartelletta piena di documenti; poi, tornando a volgere lo sguardo a lei, assunse un'espressione neutra.
-Vedi, questo posto una volta era un hotel, ma è fallito molti anni fa ed io l'ho comprato all'asta. Adesso è una dimora privata, non più un'attività, quindi non posso farti fattura-.
Mentre lui parlava, la giovane spostò lo sguardo sul corridoio che le si parava davanti, il quale conduceva ad una imponente scala. L'ambiente era molto spoglio, privo di quadri o decorazioni di qualsiasi tipo, quasi come si trattasse del corridoio di un ospedale ma decisamente molto più sporco e malconcio.
-Non... non importa, va benissimo- rispose prontamente.
E l'uomo, irritato dal fatto che lei non avesse atteso che finisse di spiegare, le lanciò un'occhiataccia. -Ho comunque bisogno dei tuoi documenti- disse, freddamente. -Per quanto tempo intendi affittare la stanza?-.
Il disagio si amplificò notevolmente.
Selin deglutí a vuoto, fin da quando aveva varcato quella porta aveva sperato che non le sarebbe stato chiesto di mostrare i documenti, semplicemente perché non li aveva; l'agitazione inizio a farle tremare le mani.
-Pensavo... un paio di notti- mugolò, abbassando lo sguardo.
L'altro sollevò le sopracciglia. -Due notti? No no no, qui non si può prendere nessuna camera per meno di un mese-. Con un gesto irritato l'uomo rispose i fogli che aveva preso poco prima e sospirò pesantemente, poggiandoni palmi delle mani sul mobile. -Sei una clandestina?- chiede poi.
In quel momento Selin si sentì mancare l'aria, ed ebbe l'impulso di voltarsi e scappare via; aveva già fatto un passo indietro, quando vide il rozzo padrone di casa farle un piccolo sorriso. -Tranquilla, non sono mica uno sbirro. Se non hai i documenti non è un problema per me, basta che tu abbia i soldi- le disse. -Non sarai ne la prima ne l'ultima persona irregolare che ho ospitato qui-.
Quelle parole rassicurarono la ragazza profondamente, tanto che la tensione nel suo petto si sciolse inducendola ad emettere un lento sospiro; tuttavia, restava il fatto che lei non desiderava affatto fermarsi in quel luogo per un intero mese. Ciò che stava cercando era una semplice dimora momentanea.
-È molto gentile, la ringrazio tanto signore- disse. -Ma un mese è troppo per me, sto cercando lavoro e non so dove lo troverò-.
L'uomo fece una smorfia di disapprovazione, avvolgendo questa volta le braccia attorno al petto. -Senza documenti, mia cara, ti garantisco che non troverai nessun altro alloggio se non questo- le fece notare. Vide la sconosciuta fermarsi a pensare con lo sguardo fisso sul pavimento. Le poggiò una mano sulla spalla notando che lei, istintivamente, si era irrigidita.
-Se hai la caparra per un mese, che sono quattrocentocinquanta, consegnamela e sarai apposto per trenta giorni- le disse. -Altrimenti puoi andare-. Nel pronunciare l'ultima frase le indicò la porta aperta con un cenno della mano, laddove la furia del temporale si stava ancora abbattendo con violenza sul vialetto.
Selin si trovò messa alle strette. L'idea di potersi rifugiarsi subito in un posto caldo e asciutto la convinse ad accettare, nonostante la somma richiesta equivalente alla quasi totalità dei risparmi che aveva con sé.
-Molto bene- esordí l'uomo, che finalmente le strinse la mano amichevolmente.
-Io sono Dan, il padrone di casa come avrai capito. Seguimi, ti mostro la tua stanza-.

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