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-Felia, ti ho detto di venire dentro!-.
Non appena Selin raggiunse l'ultimo piano, distratta dai suoi pensieri, notificò la presenza della solita bambina che stava giocando al centro del corridoio, proprio sul ciglio delle scale.
Nell'incrociare il suo sguardo sul volto della piccola comparve un ampio sorriso che ne arrotondò le guance, all'improvviso i suoi occhi parvero accendersi di una nuova luce.
-Ciao!- le disse, fermandosi di colpo a guardarla. I suoi capelli ricci e biondi erano stati raccolti al centro della testa in una grande coda di cavallo con l'ausilio di un laccio colorato, e indossava una tutina logora che le stava un po' stretta.
Selin ricambiò il saluto agitando una mano, ma si rese immediatamente conto che il padre della piccola le stava guardando con un'espressione furibonda attraverso la porta aperta della sua stanza. Era seduto su un piccolo divano con una birra stretta tra le mani, il suo volto era rosso di rabbia.
-Felia! Non costringermi ad alzarmi, cazzo!- gridò ancora, così forte che la stessa Selin si sentì scossa da un brivido.
Dalla sua posizione riuscì a scrutare l'interno della stanza ove certamente quell'uomo abitava da solo assieme alla figlioletta e si rese conto di quanto fosse sporca e disordinata, tanto che sul pavimento erano presenti diverse lattine vuote e molta altra spazzatura accumulata.
Il sorriso che fino a poco prima aveva inarcato le labbra sottili della bambina scomparve via dal suo volto, che assunse un'espressione affranta. Con un lieve cenno del capo salutò ancora una volta Selin, per poi correre obbediente dal padre prima che questo potesse arrabbiarsi più di quanto già non fosse; e dopo aver varcato la soglia, silenziosamente,  si chiuse dentro con lui.
-Quando ti chiamo devi venire subito, mi hai capito?!- continuava a sbraitare la voce dell'uomo, che era perfettamente udibile anche attraverso il muro. -Mi hai capito?- ripeté.
Selin si avvicinò di qualche passo con il cuore in gola, e sentì Felia borbottare un debole sì. Sospirò e strinse le labbra per il dispiacere, perché si rendeva perfettamente conto che la situazione familiare di quella bambina era un disastro, e non poter intervenire in alcun modo la faceva stare male.
Quale padre parlerebbe in quel modo alla propria figlia di otto anni, si chiese?
Abbassò lo sguardo e trinse le spalle, riprendendo a camminare a passo lento lungo il corridoio in direzione della sua stanza.
Dalla finestra sul fondo penetrava un po' di luce contrastata da una vecchia tenda color crema, ricolma di macchie e qualche buco.
Neanche si accorse di essere seguita, semplicemente perché non udì alcun rumore provenire dalle sue spalle; così fu colta completamente di sorpresa quando sentì una mano aggrapparsi con violenza alla sua spalla e spingerla contro alla parete. Non ebbe il tempo di reagire in alcun modo perché nel giro di un secondo si ritrovò con le spalle premute contro al muro sul quale aveva anche battuto la tempia sinistra, sormontata dalla presenza di uno sconosciuto che stava bloccando ogni suoi motivemento con forza.
Terrorizzata spalancò gli occhi e fece per urlare, ma lui le tappò immediatamente la bocca.
-Fai il minimo rumore e ti ammazzo-.
Selin deglutí a vuoto, soltanto adesso riuscì a vedere più chiaramente lo sconosciuto che la stava aggredendo con così tanta ferocia: indossava una felpa bianca di qualche taglia troppo grande che gli ricadeva sulle spalle, ed aveva una folta chioma di capelli neri, lisci e molto lunghi che ne coprivano parzialmente il volto. La sua pelle era stranamente pallida, il fisico asciutto, ma un dettaglio più di tutti le fece raggelare il sangue: tra le ciocche di capelli che ricadevano sulla sua fronte lui la fissava intensamente. I suoi occhi di un colore estremamente chiaro erano carichi di odio, tremendamente freddi, lo specchio di un'anima puramente maligna.
Si sentì immobilizzata, incapace persino di respirare. Iniziò a tremare vistosamente.
Lo sconosciuto sembrò scrutarla a fondo, restando muto, prima di iniziare a parlare. -Che facevi davanti alla mia porta, stamattina?- le chiese, applicando maggiore forza alla presa che stava effettuando su di lei come a volerle suggerire che un tentativo di fuga sarebbe stato vano.
Selin chiuse gli occhi stringendo forte le palpebre, per non dover ricambiare ancora quello sguardo truce che la stava terrorizzando. -I..Io non ho fatto niente...- riuscì a balbettare, annaspando.
Il moro tacque qualche secondo, come stesse valutando che cosa avrebbe voluto farne di lei; poi, senza dire una singola parola, indietreggiò di un passo liberandola dalla presa. La ragazza portò le mani al petto e spinse la schiena contro al muro come avesse voluto allontanarsi da lui pur essendo sprovvista dello spazio necessario, e guardandolo dritto in volto notò un altro dettaglio che prima, forse a causa dell'agitazione, non aveva notato: sulle guance dello sconosciuto, che pareva avere venti o venticinque anni al massimo, erano presenti due evidenti solchi che ne prolungavano il profilo delle labbra come a voler comporre un grande quanto grottesco sorriso.
Si trattava certamente di ferite inferte sulla pelle con una lama, che adesso si erano trasformate in spesse cicatrici.
Un violento brivido percorse la sua schiena, e lui sembrò goderne.
-Non provare mai più a ficcare il naso nei miei affari- le disse ancora, con un tono di voce così neutrale da sembrare totalmente privo di emozione. -Se ti troverò ancora davanti alla mia porta, per te si metterà male-.
Selin annuì nervosamente, iniziando a sgusciare via di lato. -Certo, ho capito- balbettò, tremando come una foglia. -Non accadrà mai più, lo prometto-.
Muovendosi lentamente si allontanò dall'inquietante ragazzo senza mai staccargli gli occhi di dosso; lui non era armato, ma aveva dimostrato di poter avere la meglio su di lei molto molto facilmente. E soprattutto, chiunque egli fosse sembrava non avere alcun tipo di scrupolo.
Essendo ormai nel panico Selin infilò una mano tremante nella tasca e riuscì a recuperare il mazzo di chiavi, ma con molta più fatica riuscì a posizionare quella giusta nella toppa; e lui, nel silenzio più totale, continuava a fissarla poco distante.
Fece girare il meccanismo nonostante continuasse a tremare come una foglia, mai fu così felice di udire quel suono; con un gesto deciso tirò la maniglia e spalancò la porta, per poi precipitarsi all'interno.
Scoppiando a piangere Selin si chiuse dentro e fece qualche passo indietro continuando a fissare la porta per diverse decine di secondi, come temesse che quel folle avrebbe tentato di sfondarla; poi, recuperando un po' di controllo, portò le mani al volto ed iniziò a singhiozzare rumorosamente.
Era terrorizzata.
Agitata ed ancora scossa da continui brividi iniziò a camminare avanti e indietro lungo la stanza, mentre con lunghi sospiri cercava di calmare se stessa senza riuscirci. Quell'incontro l'aveva sconvolta profondamente, non si sentiva più al sicuro tra quelle quattro mura maledette.
Si mise a sedere sul letto, sfregandosi le tempie con i polpastrelli, per poi sfilarsi di dosso la maglietta che stava indossando con un gesto rapido e nevrotico: doveva assolutamente allontanare la sensazione di quei pugni stretti sul suo corpo, che ancora percepiva chiaramente. Arrotolando l'indumento lo avvicinò al petto e lo strinse con entrambe le braccia come si trattasse di un peluche, piangendo fino a che non sentì i suoi nervi iniziare finalmente a rilassarsi; l'ambiente era adesso avvolto dal più totale silenzio.
-Merda... Che faccio ora...- sussurrò con un filo di voce, affogando i suoi polmoni in un'ampia boccata d'aria. Era terrorizzata al sol pensiero di dover uscire nuovamente in corridoio con la possibilità di incontrare ancora quel pazzo, senza contare il fatto che lui si trovasse proprio nella stanza accanto alla sua.
Soltanto una misera parete li separava. 
Come avrebbe potuto dormire serenamente quella notte? Come avrebbe potuto continuare a passare più volte al giorno davanti a quella maledetta porta?
Non poteva immaginare di restare a vivere in quel posto dopo ciò che le era successo, il suo unico desiderio adesso era andarsene via e trovare un luogo sicuro.
Rivolgendo uno sguardo demoralizzato alla finestra, Selin si ritrovò a pensare a quelle strane cicatrici sul volto del suo aggressore, ed a quello sguardo demoniaco che lui le aveva conficcato addosso. Ancora una volta, tremò.
Si mise a sedere con le gambe accavallate e con una mano accarezzò la sua stessa pelle attraversata da brividi, poi tra i capelli laddove aveva sbattuto la testa contro alla parete.
Si promise che l'indomani avrebbe parlato con Dan di quanto era accaduto, e che presto se ne sarebbe andata via.

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