1.29 • IL POTERE LOGORA IL GENIO

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No, dovetti ammettere con me stessa. No, non me ne importava niente, neanche li conoscevo. Inoltre mi sembrava di aver capito che avessero appena ucciso una famiglia di geni e, di sicuro, se fossero riusciti a entrare avrebbero ucciso ben volentieri anche tutti noi.

Non era quello il problema. Non volevo che Gilbert... non potevo permettere che lui facesse una strage. Non volevo che lui diventasse un mostro.

«No... è che io...» balbettai.

«Ho capito» disse Kirk, battendomi un colpetto sulla spalla.

«Ti è venuta un'altra idea, quindi?» gli chiese Gilbert.

«No» rispose Kirk.

«È venuta a me» dissi. «Raduniamo i Velatori e i Perturbatori di Anime, cancelliamo loro la memoria e mandiamoli a casa».

«Sarebbe magnifico, Ania» mi rispose Kirk. «Ma, ti ricordo, il potere dei geni non è autogenerante. Il numen è vincolato al sentimento umano. Le zanne no».

Cazzo. C'erano troppe limitazioni.

«Abbiamo finito la lezione?» chiese Gilbert, spazientito.

«Non lo faccia, per favore» piagnucolai.

«Non guardare» mi rispose, secco.

Trattenni il fiato e le lacrime per qualche secondo poi Gilbert, con voce totalmente atona, disse:

«Apri».

Il portone si aprì di botto davanti a lui e io riuscii a vedere, per qualche istante, gli uomini che si trovavano ai primi posti della fila nel corridoio di roccia.
Ai loro piedi, quel che restava della famiglia di geni giunta a cercar rifugio. I loro corpi giacevano in una pozza di sangue. Tra loro c'erano anche due bambini, di cui uno circa dell'età di Daniel e uno più piccolo.

Distolsi lo sguardo prima di sentirmi male. Ma mi sentii male lo stesso.

Quando andavo alle elementari mia madre lavorava tutto il giorno e io passavo tutti i pomeriggi a casa di mia nonna

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Quando andavo alle elementari mia madre lavorava tutto il giorno e io passavo tutti i pomeriggi a casa di mia nonna. Ci divertivamo un sacco a fare i dolci, io e lei. Quando facevamo il ciambellone arrivava sempre il momento in cui la nonna mi diceva: "prendi uno stecchino e controlla se è cotto". Odiavo farlo. Dovevo aprire il forno acceso e, appena dischiudevo lo sportello, venivo travolta da una zaffata di aria bollente che mi levava il fiato. Amavo l'odore del ciambellone. Ma quello era troppo.

In quel sotterraneo provai la stessa cosa.

Quando mi ritrovai davanti agli occhi quella lunga schiera di uomini con gli elmi laccati di bianco dai lunghi cimieri dorati, una zaffata inebriante e allo stesso tempo asfissiante mi travolse e mi sopraffece. Mi era già successo, sapevo cosa stava accadendo.

La sete era incontenibile. Ma non avrei sfoderato le zanne.

Cercai di afferrare la frusta che mi aveva regalato Kirk ma mi accorsi che le mani mi tremavano troppo.

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