BLACK OUT DAYS.

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CAPITOLO 26.
Federico's pov.

Domani è Febbraio. Niccolò mi ha invitato a passare un pomeriggio con lui al Palaghiaccio della città ed ho accettato senza pensarci neanche troppo.
Suo fratello Zac ci sta accompagnando e per tutto il tragitto ce ne stiamo in silenzio ereggendo una cortina di imbarazzo che butteremo giù non appena saremo arrivati. Nel frattempo lo guardo Niccolò e contemplo con quanta delicatezza quella felpa gli ricada lungo le spalle ed il petto.
Profuma di mandorle questa mattina ed amerei poter odorare ogni centimetro della sua pelle per rifocillarmi le narici. Ora alza lo sguardo ed i suoi occhi baciano i miei in un contatto rapido ma completamente dissetante per le mie iridi.
Erano tanto secche per quanto c'ho pianto in questi giorni che il castano di quelle di lui è stato come collirio per le mie. Ha i capelli raccolti in una cipollina minuziosamente sistemata, se ne sta di profilo ed i margini delle sue labbra innescano in ogni parte di me una pazza voglia carnale.
Pagherei per toccarlo di nuovo come è stato nel cottage, ma non mi è concesso. Ciò che mi è proibito mi irretisce, mi attrae e mi tiene prigioniero dei miei stessi pensieri sporchi e talvolta loschi.

Eppure sento che, per qualche strana ragione, io debba assicurarmi che Niccolò ritorni con Valerio che neanche conosco e di cui già mi fido. E che chiaramente lo faccia senza che io gli metta il bastone tra le ruote ancor prima di partire.
Riesco a sentire il peso delle sue pupille su di me quando scosto il volto dalla sua parte del finestrino alla mia e sorrido fantasticando un po'. Il suo respiro sul mio collo è stato poesia ed una poesia che per me vivrà in eterno, anche negli attimi più tenebrosi.
Ovviamente il suo corpo non sa di essere vittima delle mie perverse fantasie ed è meglio che sia così per tutti. Ma più mi impongo di non pensare e più sento i suoi fianchi stretti tra le mie mani ed il suo bacino sfiorare nudo il mio poco irsuto.
Sono eccitato, porca miseria! Che sia possibile pensare al sesso anche alle undici del mattino?
No, basta! Siamo più di due semplici corpi nudi, siamo persone ed in quanto tali meritiamo un po' di pudico ma serio rispetto, reciproco!

« Si può sapere perché sei così agitato? » mi domanda ammiccando con lo sguardo alle mie dita che ora che le guardo sono avvinghiate tra di loro.
« Non so pattinare. Ho un pessimo equilibrio. »
« Povero, mi fai quasi pena. » ride.
« Non tutti siamo Niccolò Gallo. C'è anche chi come me è imperfetto. » alzo le spalle sorridendo.
« Chi ha mai detto che io sia capace? »
« Oh be', non lo sei? » mi accigliò e scuote la testa.
« Questa è la mia prima volta, Federico. »
« Vorrà dire che cadremo insieme. »
« Sì, credo sia piuttosto probabile. Ma non mi dispiacerebbe di certo se cadessi soltanto tu. »
« Brutto infame! » gli tiro piano un colpo.
« Manesco. Sei solo un manesco! » ride.

Zac mi guarda autoritario dallo specchietto retrovisore ed io evito i suoi occhi come un elefante farebbe con un topo. Sarebbe in grado di spezzarmi in due soltanto stringendomi la mano a giudicare da quanto sia grosso un suo bicipite, perciò ritengo più opportuno non averci a che fare.
Deve tenere parecchio a Niccolò e lo noto da come si comporta quando anche solo lui gli chiede di passargli la ciotola del sale. Vorrei fumare adesso, ma dovrò attendere se non voglio che qualcuno, Zac per intenderci, mi spinga fuori dall'auto a suon di calci nel sedere.

« Eccolo, lo vedo! » urla emozionato.
« Contieni l'emozione, bambinone. »
« Sarebbe meglio per te che non mi offendessi o sarò costretto a lasciarti sul pavimento quando cadrai. »
« È una minaccia? Non mi scuote neanche un po'. »
« Sarà più d'effetto quando cadrai sul serio. »
« Staremo a vedere, Niccolò, staremo a vedere. »
« Excuse me, ain't parking. Bet you guys get out of the car here. » spezza Zac e Niccolò annuisce.

Ci lascia di fronte al palazzetto prima di partire e noi ci incamminiamo. È strano non tenerci più per mano e per quel che mi riguarda, il vuoto non è colmabile con nessuna consolazione, neanche la più arguta.
Lui d'altro canto sembra essere particolarmente sereno e perciò rimango sempre, con più fermezza, convinto che mettere il dito nella piaga complicherebbe solo il nostro rapporto. Dentro la pista è enorme, ma mi aspettavo di trovarla colma di persone che pattinassero contente e con una bravura superiore alla mia e a quella di Niccolò.
Si volta verso di me e si apre ad un sorriso tenero, alza i pollici in su e mi trascina con forza allo stand dei pattini. Scegliamo quelli della nostra taglia, io allaccio i miei ed i suoi e poi ci addentriamo sul ghiaccio che è più scivoloso di quanto mi aspettasi.
Cerco di tenere come meglio riesco l'equilibrio su questi aggeggi infernali e quando comincio a prendere dimestichezza, tengo con entrambe le mani Niccolò e lo aiuto a pattinare. Ad un tratto lo lascio andare e continuiamo il percorso vicini ma non troppo, tanto quanto basta a non caderci addosso.
I suoi capelli ondeggiano lentamente verso destra e sinistra mentre tira fuori la lingua per concentrarsi, finendo poi, sul più bello, per cadere. Mi avvicino e prima di aiutarlo rido di lui di gusto.

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