WAIT FOR ME.

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CAPITOLO 22.
Valerio's pov.

31 DICEMBRE.

Manca poco meno di un'ora al cominciare del duemilaventi e lo inizierò senza di te, Niccolò. E vuoi sapere di una cosa a cui non smetto di pensare da ormai settimane?
Stare affacciato dalla mia stanza al giardino insieme a Ludovica non è come mi aspettavo che avrei inaugurato il nuovo anno. Credevo che sarei stato stretto al tuo corpo e che teatralmente, davanti ai fuochi, ti avrei baciato come per auspicarmi di passare tutta la mia inutile esistenza insieme a te.
Ma tu non l'avresti resa così inutile, no, ne sono sicuro. Perché tu sei portatore di cose buone e non aspetto altro che poterti toccare non appena saprò che camminerai sulle stesse mie strade.
Per te mi farò tutta Roma a piedi, anche sotto la pioggia torrenziale, anche a costo di inzuppare il miglior paio di scarpe che ho. E che tu voglia o no, io vorrò sapere che stai bene e domanderò di sentire il contatto caldo del tuo petto stretto al mio.
Saremo cuore a cuore ed il mio sussurrerà così tante cose al tuo che avendomi tra le braccia, non vorrai più lasciarmi andare. Ed io farò lo stesso.
Non percorrerò la strada dei miei errori ancora una volta e affinché non ti pentirai di avermi dato una seconda chance, mi impegnerò ad essere tutto ciò che non sono stato prima. Mi manchi, tanto.

Che io e te ci pensiamo allo stesso momento? Credo sia altamente improbabile, anche se ho visto il modo in cui mi guardavi da dietro quello schermo.
Ti manco anche io. Ti conosco e so che non riesci a mentire neppure mettendotici d'impegno.
E poi chi era quel Federico? E se ti stessi aspettando vano perché state insieme e non hai voluto dirmelo?
Diamine, odio essere preda dei miei pensieri. È tutta colpa tua cazzo, io non sono così, io non sono debole.
Secondo recenti studi, una cotta che dura oltre dodici mesi può essere considerata amore a tutti gli effetti. Ma non serviva consultare uno stupido sito per rendermi conto che sono innamorato di te.
Per me è stato un colpo di fulmine. Mi è bastato sfiorare le tue dita in quella stretta di mano per capire che io e te ci appartenevamo di già.
Ammetto di aver fatto una mossa azzardata dandoti quel bacio, ma qualcosa in me mi aveva suggerito che si trattasse della cosa giusta. E quale migliore decisione se non quella di darmi ascolto per una volta?

Federico. Parlo a te adesso.
Ho già speso troppe parole su Niccolò, perciò adesso parlerò un po' con te. Non mi risponderai ed è palesemente ciò che voglio da te.
Se confermassi ciò che penso, credo che potrei rimanerci secco. Tuttavia non voglio illudermi e ammetterò a me stesso che le probabilità che voi stiate insieme siano alte, molto alte.
Lui stava sulle tue gambe. L'ho notato dallo specchio dietro di voi a cui probabilmente non avete prestato attenzione per l'improvvisa videochiamata.
Eri agitato, come se sapessi che quando si tratta di me Niccolò perde il senno. Ma c'era qualcosa di strano in te, qualcosa come un filo di rassegnazione.
Cos'è che tu sai che io non so? Di cosa avete avuto modo di parlare tu e lui durante questi lunghi mesi?
Conosci anche tu il suo corpo come lo conosco io? Ti ha concesso di toccarlo laddove ho toccato io?
Avete fatto l'amore? No aspetta, non dirmelo.
Non potrei comunque oppormi. Noi non stiamo più insieme, eppure mi offende sapere che entrambi abbiamo scelto vie assai facili per dimenticarci.
Ma Nic, avrai capito che il sesso complica le cose. E se per caso per te non fosse stato lo stesso che per me?

« Ci siamo, manca molto poco. Circa un quarto d'ora. » squittisce emozionata Ludovica interrompendo le mie considerazioni.

Non le rispondo, annuisco e basta. Dal canto suo lei non fa domande pur vedendomi piuttosto taciturno e se ne sta poggiata sulla mia spalla nel silenzio di una casa vuota ma piena di pensieri che non smettono di pungolarmi a sangue.
Chissà a cosa starà pensando. Chissà se con la mente va ad Emanuele o se starà riflettendo sui nuovi progetti che ha per l'anno che verrà.
Io in procinto della mezzanotte ne costruisco sempre di nuovi e dopo trecentosessantacinque giorni finisco per realizzare che non ne ho compiuto quasi nessuno. Non saprei con che termine definire la sensazione che ho in corpo in questo momento, ma posso affermare concretamente che non mi piace.
È come se vivessi in uno stato perenne di apatia o ancora, al contrario, come se provassi troppo per poterlo fare uscire fuori a parole. Se sia doloroso non so stabilirlo con sicurezza, ciò che so è che mi crea un sinistro senso di inadeguatezza, in ogni contesto.
Sulla base delle mie insicurezze posso affermare con certezza che non mi conoscerete mai per davvero a meno che non guardiate a me attraverso una singolare introspezione. Ma molti di voi sarebbero felici di non conoscermi veramente, perché sono così instabile che finirei per destabilizzarvi tutti quanti.

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