WHAT AM I RISKING?

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CAPITOLO 18.
Niccolò's pov.

Le mani di Federico mi avvolgono da dietro mentre ce ne stiamo stesi sul suo letto. Lui si è addormentato ed ha un piccolo sorrisetto stampato in faccia, il che lo rende ancora più tenero.
Mi piace ed a volte credo che mi faccia impazzire. Poi ne ho la certezza quando non lo vedo per più di un paio d'ore e non faccio altro che scrivergli.
Ma penso anche a Valerio. Penso a lui sempre, ogni giorno da quando ho lasciato Roma nel silenzio delle tre del mattino di un piatto tredici agosto.
Penso al modo in cui mi ha guardato quando gli ho detto che sarebbe stato meglio per entrambi che ognuno prendesse la propria strada ed ancora penso al fatto che non si sia fidato di me quel giorno.
Lui sapeva. Ed al contempo non sapeva nulla, niente di ciò che per causa di Costa ho dovuto affrontare.
L'anoressia, la depressione e finanche anche un disturbo post-traumatico da stress. Ho visto quanto la pelle mi aderisse alle ossa, ho visto quanto poco bastasse agli altri per piegarmi in due ed ho visto come tutti mi guardavano in quella orribile clinica.
Era come se io e gli altri ragazzi fossimo tutti delle cavie da laboratorio. Dei topini a cui somministrare a grosse pillole amare un po' di forza per cercare di andare avanti e di non scegliere il suicidio come via più rapida per la felicità.
Una felicità che era utopistico solo immaginare per uno come me che l'aveva assaporata ed era rimasto a bocca asciutta. Come quando togli le caramelle ad un bambino e rimane di sasso.

Probabilmente me la sarò cercata. Credo a volte che convincersi che doveva proprio andare così sia la cosa migliore che si possa decidere di fare.
Ma ho deciso che il professore non avrà una vita facile se mai gli tornerò a ronzare attorno. Mi trasformerò in uno dei più terribili tormenti che possa mai sfinire un essere umano e sarà allora che cercherò di avere la mia rivincita.
E poi mi chiedo che senso abbia tutto questo. La mia innocenza è stata compromessa e qualora vincessi questa lotta contro qualcuno di più furbo, lei non tornerebbe comunque indietro da me.
Mi sento piccolo in un mondo dove chiunque sembra essere più grande e più grosso di me. Mi sento solo anche quando qualcuno mi è accanto e mi sento colpevole per avergli lasciato la libertà di compromettere la bontà d'animo di qualche altro ragazzo che come me affida la sua esile fiducia nelle mani di qualcuno che è troppo indelicato per mantenerla integra in tutte le sue parti.
E Dio solo sa quanto sia difficile rimetterne insieme ogni pezzo, perché in ognuno di questi è contenuto un frammento della storia che rimane indelebile.

Sarei grato alla vita se qualcuno fosse stato lì per salvarmi dalle manone ruvide di colui che fino a poco prima era stato quasi una piccola e solida ancora di salvezza. Una parte di luce in quel baratro scuro che per mesi mi ero lasciato alle spalle.
E gli ho permesso di gettarmici dentro senza neanche domandarlo. Ho permesso a colui che mi aveva salvato dal vedere il mio migliore amico morire, di marcare il mio corpo con il suo.
Credo di non avere altra scelta se non quella di fingere che vada tutto bene. Devo proteggermi, perché anche solo un piccolo strappo alle regole e me ne torno tra le mura di quel centro riabilitativo.
Ho paura. Ho paura per un sacco di cose.
Temo per la mia famiglia che ha ripreso a respirare da relativamente poco, temo per Valerio che è rimasto insieme a Costa, temo per Federico perché potrei ferirlo e temo per me e per il mio futuro.
Non ho mai avuto così tanto rancore verso il mondo, neanche quando me ne stavo in solitudine nel fondo della mia stanza. Non ne ho avuto neppure quando Filippo e Mirko mi avevano chiuso nei bagni della scuola solo per prendersi gioco di me.
Ho sempre pensato che il meglio sarebbe arrivato per me, ma la verità è che va sempre peggio. E sono stufo di guardare la realtà con gli occhi di chi invece non è realista.

Eppure mi chiedo il perché. Come mai io non ne abbia fatto parola alcuna con nessuno dei miei amici.
Forse perché non sono pronti o forse perché non sono pronto io. Che si tratti di questo?
Per farla breve; chi mi crederebbe mai? Soprattutto se lo denunciassi adesso, con anno di ritardo.
Ma la violenza rimane violenza, dico bene? E se così non fosse, che ne sarebbe di me e della mia incolumità? Della mia persona?
Ne parlerei a Federico e però rischierei di rovinare il suo stato di calma. È così preso da me che sarebbe da sciocchi rischiare di rovinare tutto quanto con una confessione di questo calibro.
Ma sto male e lui lo ha notato. Mi chiede sempre cosa ci sia che non va ed io non gli rispondo mai.
Lo allontano dal capire cosa non va in me rubandogli dei baci, ma la sua espressione rende chiaro quanto ci rimanga male della mia mancanza di fiducia.
Sento il calore del suo respiro addosso e mi volto a guardarlo dormire. I ricci neri sono scompigliati e le labbra rossastre sigillate elegantemente.

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