DARK CURLY HAIR.

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CAPITOLO 6.
Niccolò's pov.

Il suo braccio sta steso in avanti lungo tutto il banco e con aria svogliata, prima della lezione, si attorciglia un riccio con l'indice. Durante la strada abbiamo discusso parecchio. Ho anche interpretato il ragazzo offeso ed ha cercato di farmi cambiare idea su di lui in tutti i modi possibili. Sembrava sincero anche se in questo momento sono molto confuso. I conti non tornano. Voglio dire, perché sei comparso dal nulla? Te l'ho chiesto ed hai accennato ad una guerra che sai anche che non stiamo combattendo. Ho solo issato una cortina tra noi due. « Ti sei incantato? » mi fa cenno con la mano. Scuoto la testa perché completamente immerso nelle maniche turchesi di quella camicia e poi lo guardo. « No. No, ci sono. »
« Non sembrava. » sorride.
« Ho dormito poco. Credo sia per questo. »
« Quanto poco? »
« Poco abbastanza da sentire il bisogno di stendermi. » sbadiglio e lui smette di attorcigliare il riccio con il dito.
« Se ti va, possiamo passare del tempo in biblioteca durante la quarta ora. »
« E rinunciare alla lezione? No. » sbadiglio di nuovo.
« Ma sei stanco. »
« Ce la faccio. » dico risoluto.
« Ci ripenserai. » sorride compiaciuto. Questa sua tendenza ad essere così meschinamente compiaciuto delle sventure altrui mi fa impazzire e non in senso positivo. Il fatto che lui sia così tanto un'incognita mi tormenta perché ho bisogno di sapere qualche dettaglio in più. « Me lo stai augurando? »
« Probabile, voglio saltare storia dell'arte. »
« Cos'hai contro l'arte? »
« Mi annoia. Sono sincero. »
« Sei ignorante. » rido.
« Oggi sei in vena di complimenti. »
« Sono stanco e se continui su questa scia finirò pure per innervosirmi. Non farmi innervosire. »
« Scusa tesoro, prometto di non farlo più. » Lo fisso perplesso e lui assottiglia gli occhi. Dopo qualche secondo si acciglia ed io alzo le spalle. Mi hai appena chiamato tesoro? « Adesso va meglio? »
« Sicuro. »
« Lieto di averti aiutato. »
« Mh. » mi schiarisco la voce. È questo suo poco preavviso nel dire o fare le cose. È questo che mi tiene ancorato al suo mondo. Sebbene io cerchi di staccarmi da lui e dal suo carattere, non ci riesco. Quasi come se fosse una calamita mi attrae e mi trascina a se. Non importa quanta forza ci metta perché vince sempre lui e prevedo una battaglia furiosa all'orizzonte. Durante lo scorrere fervido della prima ora lui se ne sta appollaiato sui suoi castelli in aria. È completamente distratto, come se la lezione non lo toccasse direttamente o come se non fosse sua prerogativa apprendere qualcosa.
« Mi stai fissando. »
« Sei distratto. » bisbiglio.
« Saranno pure affari miei. » stringe le spalle.
« Be', sì. » storco le labbra di lato.
« Non prendertela sul personale. »
« Non sono così permaloso. » Infondo sono così: permaloso, vendicativo ed un tantino scorbutico. Mi terrorizza così tanto che non gli possa piacere il mio carattere? Mi sono sul serio rammollito? « Non si direbbe. »
« Cosa te lo fa credere? »
« La tua tendenza ad accusarmi di poca negligenza per le parole che mi sono sfuggite di bocca ieri. »
« Ancora con questa storia? »
« Sì. »
« Ma sei te che continui a tirarla fuori. » Mi guarda e prima di rispondere riflette. La sua iride azzurra si espande per un secondo, poi ritorna alle sue dimensioni naturali e dopo una repentina analisi dei suoi pensieri, ecco l'impulso per parlare. « Ti sto provocando. »
« Mi stai innervosendo. »
« Alla faccia di chi non è permaloso. » ridacchia.
Roteo gli occhi e lui scuote la testa rassegnato.
« Va bene, sono permaloso. » ammetto.
« Non serviva neppure che lo dicessi. »
« Gne gne. » metto il broncio.
« Non vedevo il broncio da anni ormai. »
« Non te l'ho chiesto. »
« Non stavo parlando con te. »
« Quindi parli da solo? » Le sue pupille nere contornate da un abbondante celeste scuro immerso in qualche piccola nervatura verdastra mi stanno addosso come un cane con l'osso. Mi rincorrono in qualunque mio spostamento e sono attente a non mancarmi neppure per errore. Si prende tutto il tempo che gli è necessario. Non gli interessa che stia aspettando una sua risposta e per sua consuetudine non vuole apparire sciocco. « No. »
« No? »
« No. Non parlo da solo. »
« Quindi parlavi con me. »
« No. » stringe le spalle.
« Sei assurdo. »
« Sì è vero. Potresti imparare che sono anche una persona per bene, se solo t'andasse di conoscermi. »
« Magari mi andava, ora semplicemente non più. »
« Saccente! » si estrae un anello e lo lascia roteare sulla superficie del banco. Lo guarda descrivere dei movimenti concentrici ad alta velocità e lo scruta minuziosamente senza perdersi neppure un giro. La classe nel frattempo è in subbuglio per via del cambio dell'ora e tutti sono immersi in conversazioni da cui noi siamo esclusi. È quasi naturale il suo istinto che lo porta a ripararsi in un territorio che ha già esplorato. Parlo la sua lingua, lo capisco ed il nostro è quasi un legame non voluto, di convenienza ma che va oltre. Sembra che ci stia provando ad andare oltre ma che è come se ci fosse un muro o una barriera che glielo impedisse. Ha fatto il primo passo. Mi ha rincorso questa mattina, mi ha parlato ma il suo atteggiamento gelido lo percepisco tutto addosso e qualcosa mi dice che se non mi sposto, finirò per tornare a casa con degli enormi geloni sul corpo. Al contempo ha quell'espressione da cane bastonato che se sommata all espressività di quegli occhi è una soluzione letale per chiunque gli capiti a tiro. « Non sono saccente. Sono realista. »
« Dunque prova a vedere le cose da una prospettiva differente che magari ti sarà tutto più chiaro. »
« Perché vedere le cose da una prospettiva diversa quando hai il dono di saper leggere tra le righe? »
« Perché a volte potresti leggere nel rigo sbagliato. »
« Non è il mio caso. Suppongo. »
« Sei indissolubile. »
« Sono sicuro di quello che dico. »

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