WHAT A SELFISH BOY.

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CAPITOLO 3.
Valerio's pov.

Siamo soltanto a settembre e già sono stanco della scuola e della banda caotica di capoccioni che nella mia classe in questo preciso istante fa a gara per i posti migliori dell'aula. Il più gettonato è sicuramente quello infondo dove manchi alla vista dei professori e puoi pure rollare una canna in tutta tranquillità senza che ti vedano. Nike ed io siamo rilassati e calmi se devo dirla tutta perché abbiamo preso la decisione di accomodarci nei banchi in prima fila per essere sempre attenti e non mancare una spiegazione. « Piaciuto il giretto ieri? »
« È stato bello. » mi sorride ed io le tengo la mano. I suoi bei capelli rossi sono rilegati in una coda alta ma non troppo. Elegante quanto basta ma d'impatto.
« Sono contento che ti sia piaciuto! »
« Sono contenta di averti trovato. » ammicco ad un sorriso goffo e quando suona la campanella le stringo la mano e ci spostiamo in classe dove i posti sono già stati presi. « Deve essere dura. »  La guardo con aria interrogativa e lei stringe le spalle come se si aspettasse che capissi tutto al volo.
« Che intendi? »
« Intendo, da come guardi l'ultimo banco. Deve essere dura per te dirgli addio quest'anno. »
« Posso sostenere questo peso. » le schiaccio un occhiolino vivace e poi prendo posto poggiando lo zaino dietro la spalliera legnosa. Ludovica mi è dietro e con grande stupore, quando si accorge di Nike, cerca di dirmi qualcosa. Poi ci ripensa e si barrica in un semplice « Ciao. » fugace.
« Ciao Lù. » reclino le labbra indentro.
« Tutto bene? » sapevo che l'avrebbe chiesto.
« Alla grande, te? »
« Credo di sì, non ne sono certa. » So già che se avrà modo di parlare con Niccolò lo informerà di certo di questa mia nuova avventura con una ragazza. Presumo che io non possa darle torto in vista di tutto quello che abbiamo vissuto lo scorso anno ma adesso sto bene e con lui le cose non andavano ormai da un po' di tempo. L'ho rincorso per settimane come se fosse un treno ad alta velocità che per quanto veloce fossi io, non riuscivo a raggiungere. Ha fatto quello che era doveroso fare anche se non l'ho condiviso molto facilmente e ci sono stato male. Non so se lui pensa a me come io, quando capita, penso a lui. Spesso mi domando come sarebbero andate le cose, poi però mi ricordo che non c'è più un Valerio e Niccolò e dunque vado dritto per la mia strada come se niente fosse stato. Nike non lo sa. Preferisco tenerla lontana da questo mio lato oscuro e se mai dovessi decidere che reprimerlo non c'ha senso gliene parlerò. « Come mai non ne sei certa? »
« Tante cose, dopo lo scorso anno... »
« Beh sì, hai ragione. » Percepisco un filo di imbarazzo all'interno di questa discussione. Forse è perché con l'avanzare dell'estate le nostre strade si sono completamente allontanate e quindi ci siamo scordati di tutto o più semplicemente perché Nike la mette a disagio. Quando la professoressa entra in classe lei mi batte un colpo sulla spalla ed io mi giro velocemente verso la cattedra che non mi è molto distante. Se tendessi il braccio in avanti probabilmente la toccherei. Le maniche corte della maglia mi sfiorano i bicipiti in un connubio perfetto di brividi. Poi le sistemo e tiro fuori dallo zaino i libri per la lezione. Nike ed io ci dividiamo le materie, così siamo più leggeri. Abbiamo il test su alcuni autori italiani tra due giorni e questa qui continua a spiegare come se non fosse una cosa poi tanto irrazionale. Dovremmo esercitarci invece. Se non altro posso ammettere che la scuola pubblica è molto più interessante di quella privata. Nessuno si aspetta che ti aggiri per i corridoi per sfoggiare i tuoi abiti firmati. Piuttosto sei fortunato se ti guardano. Ho anche imparato a convivere in un rapporto civile con Viscardi-boy che mi chiede spesso come vanno le cose ma che mantiene comunque un certo margine di distacco. « Buongiorno classe! » saluta la prof. Ricambiamo svogliatamente e una volta indicata la pagina l'aula si riempie di un rumore di fogli che vengono sfogliati con voracità minuziosa. « Valerio, hai tinto i capelli? » domanda. Apprezzo soltanto questo di lei. Non si lascia sfuggire nemmeno il ben che minimo dettaglio. Assurda pettegola lei. « Sì, cose da adolescenti, sa? »
« Assolutamente! Ti donano. »
« Grazie mille, anche lei sta molto bene. » Se le mostri finta accondiscendenza sarai premiato. Trattala male e ritieniti fuori dalla sufficienza a tempo indeterminato, fin quando non le passa. Sorride dolcemente e poi apre il libro verificando se siamo tutti pronti per cominciare la spiegazione. Io dal canto mio sono solo assonnato ma cercherò di non lasciare che il sonno mi giochi dei brutti scherzi. Seguo la penna che Nike impugna mentre prende appunti scorrere lungo la pagina che si macchia di inchiostro nero per formare delle frasi di senso compiuto. Ha proprio una bella grafia. C'è silenzio tutt'intorno ad eccezione della voce della professoressa Mancini che fa dei discorsi sulla vita di Parini, un autore illuminista che odio. Se ne sta appollaiata su quella sedia con quei suoi capelli neri ed unti che Dio sa soltanto cosa nascondono, con il collo compresso da una collana di perle ed un vestito poco adatto ad una donna della sua età. Ma sia mai che qualcuno glielo faccia notare! Prendo consapevolezza del fatto che dovrei prestare attenzione alla lezione piuttosto che a lei in qualità di insegnante ma è così complicato! Non vedo l'ora che la giornata finisca.

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