1.25 • LA VENDETTA NON È GIUSTIZIA

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Quella era una rivelazione inaspettata. Non avevo mai conosciuto mio nonno. Ma la nonna, quindi, non era davvero mia nonna?

«Non stare a pensarci, dai» disse mia madre. «Andiamo a dormire».

«Ok» dissi, poi ci ripensai. «E Daniel?» chiesi. «Daniel cos'è?»

Mia madre mi rivolse un sorriso stanco.

«E chi lo sa».

«Ovviamente non si può sapere finché non passa il risveglio» mi disse Kierkegaard, il giorno dopo

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«Ovviamente non si può sapere finché non passa il risveglio» mi disse Kierkegaard, il giorno dopo.

«Cos'è il risveglio?» gli domandai.

«È il passaggio obbligato grazie al quale un genio entra in possesso del suo numen e assume i suoi poteri. I bambini non ne hanno o ne hanno appena un accenno. Verso la pubertà ogni genio subisce una sorta di metamorfosi e il suo numen si delinea in maniera definitiva».

Eravamo andati, insieme a Jurgen, nello stesso giardino in cui mi aveva portato Maia la prima volta in cui ci eravamo incontrate lì sotto, sulla sponda del fiumiciattolo. Mi aspettavo un attacco a sorpresa o che tentasse di testare in altro modo la mia preparazione fisica invece, d'improvviso, mi chiese:

«Tu sai qual è la tua debolezza, Ania?»

«Facile. La claustrofobia».

«Sbagliato» rispose.

«Allora mio fratello. Quando qualcuno parla di lui io...»

«Sbagliato di nuovo» mi interruppe.

Ci pensai un attimo. Rei, forse? Di sicuro non avevo intenzione di nominarlo.

«Allora non saprei».

«È la vendetta» mi disse lui.

Guardai in direzione di Jurgen, cercando di capire se mi stesse prendendo in giro, ma entrambi sembravano serissimi.

«Che significa?» domandai.

«E lo sai qual è il punto debole di Jurgen?» chiese di rimando.

«Maia Vanhanen?»

Entrambi scoppiarono a ridere.

«No, Ania» rispose Jurgen.

«Hans Vanhanen, il cugino dei gemelli, ha messo in giro questa voce. Diceva che avevi confessato a Maia della congiura perché eri invaghito di lei» dissi.

«Ti è chiaro o no che non è mai esistita nessuna congiura?» mi chiese Kierkegaard.

«Ho capito» risposi, offesa. «Poteva comunque essere che fosse invaghito di lei. È amico di Heikki e Maia è così bella».

«È molto bella, è vero» convenne Kierkegaard.

Aspettai che finisse la frase. Ma la sua constatazione era finita lì. Non c'era nessun ma, nessun però. Maia era molto bella e basta.

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