1.20 • NESSUNA PAROLA D'ORDINE

Começar do início
                                    

Gilbert, lì per lì, non rispose, facendomi preparare al peggio. Se si fosse rifiutato di venirmi incontro cosa avrei fatto?

«Ho capito» disse, invece.

Si avvicinò e, sospirando, mi slegò la sciarpa dal collo. Per quanto ripetessi, a me stessa e a tutti gli altri, di avere piena fiducia in lui, dovetti ammettere che il tocco delle sue mani, così vicine alla mia gola, mi aveva provocato un sussulto.

«Non ti farò fare alcuna maledizione, se non vuoi» disse, poi mi passò la sciarpa intorno alla testa e me la annodò in modo che coprisse gli occhi.

Quel compromesso mi andò bene.

«Ok» dissi, tirando un sospiro di sollievo. «Grazie mille».

«Andiamo».

E andammo

Ops! Esta imagem não segue nossas diretrizes de conteúdo. Para continuar a publicação, tente removê-la ou carregar outra.

E andammo.

Dove, non ero in grado di dirlo con certezza. Quello di cui ero certa, invece, era che non ce la facevo più a camminare bendata.

La paura di inciampare e di cadere, mista all'ansia di essermi dovuta affidare completamente a Gilbert e al terrore di unirmi alla Setta e di trovarmi prima o poi faccia a faccia con Jesper Kierkegaard, mi stavano provocando un tale irrigidimento della schiena e del collo che quasi facevo fatica a muovere le braccia senza avvertire un dolore lancinante, simile a una scarica elettrica.

Avevamo camminato un po', poi eravamo saliti su una macchina e poi avevamo camminato di nuovo. Ci trovavamo in campagna, probabilmente, a giudicare dal silenzio.

«Siamo quasi arrivati» disse Gilbert.

«Bene».

«Adesso il terreno si fa scosceso» mi avvisò. «Dammi la mano e fai piccoli passi».

Allungai alla cieca la mano per cercare la sua. Non avrei protestato. Ero riuscita a risparmiarmi la maledizione, quindi mi andava bene tutto. Anche perché temevo che, se avessi fatto storie, Gilbert mi avrebbe fatta maledire senza fare né tanto né quanto.

Scosceso, comunque, era un eufemismo. Sembrava, più che altro, che ci stessimo scapicollando in un burrone.

Mi facevano male le punte dei piedi, che erano slittati tutti in avanti nelle scarpe, ed ero già scivolata una mezza dozzina di volte. Gilbert mi aveva tirata su per il braccio, ogni volta. Ma ok, mi sarebbe andata bene anche una spalla lussata. Sarebbe stata comunque meglio dello stordimento.

Dopo un'infinità di tempo e di mie imprecazioni più o meno silenziose, Gilbert, finalmente, si fermò.

«Bene, ora dobbiamo saltare» disse.

«Ottimo» dissi, senza scompormi. «Saltiamo».

Non c'era da avere paura. Si trattava solo di un salto. Alla cieca. Ma mi imposi di rimanere calma. Gilbert di sicuro sapeva quello che stava facendo.

SPQTOnde histórias criam vida. Descubra agora