𝟒𝟎

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Regnava sovrano il silenzio.

Il vento che muoveva le foglie si era zittito. 

Gli animali si erano rinchiusi nelle tane. 

Le bestie si erano nascoste. 

Nella Diamond Rain la vita aveva ispirato l'ultima boccata di ossigeno. 

Il buio era fitto quando il tempo si fermò e la mezzanotte scattò. 

Amihan fu il primo ad aprire gli occhi. 

Spalancò le sue nere iridi e osservò la fitta boscaglia, steso sul terreno ghiacciato e nodoso dove aveva passato gli ultimi trecentosessantaquattro giorni. 

Gli ci volle un po' per capire che era sveglio. 

Fu solo quando sentì l'ebbrezza del potere che gli scorreva nelle vene che ricordò. 

Sorrise, la bocca bianca, i denti affilati. 

Adad fu il secondo ad aprire gli occhi. 

Alzò le palpebre con estrema cautela, mentre sentiva il sonno abbandonarlo con riluttanza. 

La sua mente era ancora annebbiata dagli ultimi giorni trascorsi a raccogliere di nuovo quel potere che avevano sprecato quando quella Fae si era ferita cadendo da un dirupo e i suoi fratelli avevano deciso invadere la sua debole mente.

Voltò lentamente il capo a destra, uno schiocco sinistro in quelle ossa che non ricordavano ancora come muoversi. 

Alzò appena le labbra verso suo fratello, che lo guardava nella notte, un sorriso predatorio. 

Dalfon fu il terzo ad aprire gli occhi. 

Il potere tornò vivo nelle sue vene così velocemente che alzò il busto in fretta, la magia viva dentro di lui, che sembrava morto. 

Avvertiva già sotto le dita quella pioggia di sangue. 

Jorah fu l'ultimo a riprendere coscienza. 

Si mosse sul terreno arido e nero contorcendosi. 

Ogni osso di quel corpo muscoloso scricchiolò con un suono cupo. 

Amihan si alzò e aiutò suo fratello Adad a fare lo stesso. 

Entrambi ormai sentivano il potere affluire nelle loro vene con una potenza mai vista. 

Il cuore pompava sangue nero e magia nei loro corpi. 

Dalfon si avvicinò a Jorah e lo afferrò per una spalla, tirando su la figura del fratello. 

I quattro si avvicinarono e si guardarono negli occhi. 

Amihan guardò i suoi fratelli più piccoli e grugnì disgustato quando, ancora una volta, si rese conto che un posto era sempre vuoto. 

Una cieca rabbia invase i Cavalieri quando si accorsero che il Quinto era ancora da qualche parte,  disperso. 

«Adad»

Mormorò il primo tra tutti, la voce roca per i giorni passati in silenzio, guardando il fratello per non più di una manciata di secondi.

Lui annuì e un attimo dopo un forte tuono si propagò dal cielo, un tuono che portava con sé le grida dei morti. 

Jorah sorrise feroce quando avvertì il loro esercito prendere vita. 

«Quanto tempo ci vorrà?»

Chiese Dalfon ad Amihan. 

«Sappiamo chi è. Sappiamo dov'è.»

Guardò la strada nera dietro di lui. 

«Una manciata di minuti.»

I suoi fratelli annuirono. 

«Dobbiamo catturarla viva?»

Una strana oscurità adombrò lo sguardo selvaggio del Cavaliere, che afferrò le briglie del suo cavallo, portato in vita dal tuono di Adad. 

«Quella Fae deve essere viva, o nostro fratello morirà.»

Amihan non ammetteva repliche. 

Jorah sembrava deluso, ma non obiettò, non quando era certo che quell'anno suo fratello avrebbe finalmente fatto ritorno. 

«Puoi uccidere tutti gli altri, se vuoi.»

Sorrise nella notte. 

I Cavalieri montarono a cavallo e ordinarono, con un solo pensiero condiviso, ai loro soldati di seguirli. 

«Andiamo a riprenderci nostro fratello.»

E ordinarono agli stalloni di avanzare. 

Erano aiutati dalla Natura quei maschi. 

Erano aiutati dalla Natura e dalla determinazione. 

Erano aiutati dalla Natura, dalla determinazione e dal potere delle ombre, che lo sapevano, stava logorando quella Fae. 

Il silenzio cessò. 

Il vento riprese a muovere le foglie. 

Gli animali uscirono dalle loro tane. 

Le bestie seguirono l'esercito fino ai confini della foresta. 

Il tempo prese a scorrere nuovamente. 

I Cavalieri si erano svegliati e la Diamond Rain espirò, come una madre che vedeva il proprio figlio ritornare da una guerra.  

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