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«E se io dicessi che non ho la minima idea di cosa sia un Cavaliere?»

I tre guardarono il Theurgi come se avesse appena annunciato a gran voce di volersi buttare dallo strapiombo dietro di loro con la convinzione che ne sarebbe uscito indenne.

«In che senso?»

Gli chiese, gettando un'occhiata al Fenix e all'Esoti per capire se solo lei avesse sentito; entrambi le rivolsero la stessa occhiata confusa. 

«Nel senso che non capisco perché tutta questa agitazione per un paio di maschi che se ne vanno in giro a cavallo una volta l'anno.»

Sospirò. 

«Dopo questa credo di aver davvero bisogno di una pausa.»

Disse l'Esoti alzandosi. 

«Ma se ci siamo seduti qui proprio perché avevamo bisogno di una pausa.»

Replicò il Theurgi, gli occhi verdi messi in risalto dal fango che gli sporcava il volto.

«Sì, Elyon, ma io ho bisogno di una pausa da te.»

Si allontanò prima che potesse ribattere con una delle sue domande.

Scese la collina facendo attenzione a non scivolare sul fango e a non infastidire i Kerei. 

Erano passati due giorni dal loro scontro e li aveva passati cercando di sfuggire alla predica di Kane.

 Quando quella mattina si era alzata, però, la prima cosa che aveva visto era stata la brutta faccia del Fenix. 

«Continua a starmi così vicino e penserò che tu abbia una cotta per me.» 

Lui le aveva sorriso, scoccandole una lunga occhiata che le aveva messo i brividi. 

«Viviamo a meno di tre metri l'uno dall'altra.»

Le aveva fatto notare, indicando la porta aperta della sua camera con uno strano luccichio negli occhi. 

«E poi hai aperto la porta proprio quando io stavo uscendo in corridoio per andare ad allenarmi.»

A quel punto era toccato a lei studiarlo e non era passato inosservato il fatto che indossasse l'armatura arancione di Thaebar; sotto lo stemma reale aveva notato una scatola di fiammiferi.  

«Perché mi è più facile credere che ti sia appostato qui con la speranza che potessi vedermi?»

Sapeva che giocare in quel modo con il Fenix era pericoloso, ma era terribilmente eccitante e divertente. 

«Perché hai un'alta, fin troppo alta se mi permetti di dire la mia, considerazione di te stessa? O perché è quello che ho fatto?»

Le aveva detto allora lui, piegando la testa di lato e lasciando che i capelli gli scivolassero sugli occhi fiammeggianti.

Erano davvero belli, si era ritrovata a pensare: boccoli color tramonto che mettevano in risalto la sua carnagione dorata, abbastanza lunghi per permetterle di fantasticare su come le sue dita avrebbero potuto accarezzarli dolcemente.

O tirarli con foga.

«Sono sicura che non hai aspettato tutto questo tempo solo per il piacere della mia compagnia. Dimmi quale ordine devi eseguire questa mattina e facciamola finita.»

La busta che aveva chiusa tra l'indice e il medio era stata la prima cosa che aveva visto.

La seconda era stata la cera dorata - la stella a sedici punte in rilievo - che suo fratello aveva usato per chiudere insieme le due estremità del foglio.

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