𝟑𝟒

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La Configurazione le permise di vedere attraverso i suoi occhi e fu come distogliere lo sguardo dal soffitto della locanda e ritrovarsi di nuovo nella sua stanza, le candele accese, la camera diversa da come l'aveva lasciata.

Era tutto sottosopra.

Le coperte erano state strappate dal materasso, che giaceva per metà sulla pietra nera del pavimento e per metà sulla rete di sostegno; brandelli di stoffa nera erano sparsi sul pavimento, le ante dell'armadio spalancate, i vestiti tirati fuori, come se qualcuno avesse provato a cercarla lì dentro e, non trovandola, avesse riversato la sua rabbia su ciò che le apparteneva.

«Dov'è mia sorella?»

Gli occhi della sua oscurità si spostarono sulla figura di suo fratello, la spalla appoggiata contro lo stipite della porta, si rigirava tra le mani la lama di luce che aveva creato grazie al suo potere, soppesando quell'arma come avrebbe fatto con un buon alleato di cui si fidava ciecamente.

«Perché pensi che io lo sappia?»

Sentì la voce della sua Configurazione rimbombare nella stanza, rispondere a Kane dalla sua posizione accanto alla vetrata, probabilmente accanto ai disegni che tenevano in vita l'incantesimo.

«Perché tu sei lei, lei è te...insomma sai già tutta la pantomima non c'è bisogno che ti spieghi tutto di nuovo.»

Si rigirava la lama tra le dita, la lama premuta contro l'indice destro e non osava alzare lo sguardo verso la sua oscurità, come se ne fosse disgustato, la posizione afflosciata delle spalle esprimeva noia mista a fastidio.

Ovvio che era infastidito.

Aveva lasciato decine di guardie a sorvegliare il suo castello e sua sorella se n'era andata così facilmente, era sfuggita al suo controllo quando lui non era lì a sorvegliarla.

Gli occhi della sua ombra si spostarono appena verso destra e riuscì a vedere Nakoa, seduto sulla poltrona accanto al suo specchio, il corpo rigido e teso come una corda, gli occhi azzurri ridotti a due fessure erano fissi su di lei, sulla sua ombra.

Notò con orrore che lo specchio era stato fatto a brandelli, le parole blu delle sue ombre macchiate dal sangue di qualcuno che si era scatenato sul suo riflesso.

La sua ombra abbassò gli occhi per permetterle di vedere la macchia di sangue che giaceva ai piedi di Nakoa, la mano chiusa in un pugno così stretto che la pelle sulle nocche non aveva il tempo di rimarginarsi che veniva nuovamente lacerata dal quel movimento meccanico.

«Non mi ha detto dove sarebbe andata, non posso proprio aiutarti, mi spiace.»

Kane scosse la testa e avvertì un leggero timore provenire dalla sua oscurità, lo avvertiva come se fosse il proprio, la sua paura si mescolava a quella del suo potere.

«Perché ti ostini a mentire? Sappiamo entrambi che non servirà a niente, al contrario. Solo perché mi fingo così calmo, non significa che dentro non stia meditando il modo migliore per farti scomparire dalla mia vista.»

Si staccò dalla porta, ma rimase fermo, lo sguardo ancora fisso sulla lama di luce, che rischiarava l'ambiente molto più di quanto facessero le candele appese alle mura o il fuoco del camino quando veniva acceso.

La spaventava quella versione di Kane, così com'era successo quella sera, quando era tornata al castello dopo aver scoperto che suo fratello voleva affidarle delle guardie.

«Ti prego di dirmi dove si trova Herebo, così posso andare a recuperare mia sorella prima che combini più guai di quanti non ne abbia già fatti.»

E alzò il mento, guardando la Configurazione negli occhi per la prima volta da quando le aveva aperto una strada per la sua mente.

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