𝟑𝟗

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Fu sorpresa di scoprire quanta poca rabbia provasse nei suoi confronti. 

Più si avvicinava alla sala del trono più sentiva che quel sentimento tinto di rosso svaniva via, correndo lontano da lei. 

Non era rabbia quella che provava per Kane, non voleva fargli del male, non voleva che si sentisse come si era sentita lei dopo aver scoperto che le avevano mentito. 

No

Quando arrivò all'ingresso della sala, trovando le porte già aperte, suo fratello seduto scompostamente sul trono, capì che non gli avrebbe gettato addosso il suo odio. 

Voleva che suo fratello vedesse quanta delusione ci fosse in lei, quanto le pesasse sul cuore il senso di tradimento. 

Così attraversò la sala con la calma che non l'aveva mai contraddistinta, rallentando il battito del suo cuore, lasciando che il suo sguardo vagasse per la stanza, memorizzando i volti dei presenti. 

Nakoa, Amias, Aithne, Adira, Lachlan, Terran, Braxton erano disposti intorno al trono, sguardi contrastanti per emozioni contrastanti. 

Nakoa la guardava attentamente, esaminando il suo corpo in cerca di qualcosa. 

Sgranò gli occhi quando sentì l'odore di Aled su di lei. 

Amias sembrava compiaciuto, una luce inconsueta, quasi di fierezza, gli brillava negli occhi ardenti. 

Aithne osservava i tre, lei, Aled ed Elyon, con curiosità mista a noia, sorridendo soddisfatta quando sentì l'odore del Fenix sui suoi vestiti. 

Adira era ferocemente divertita; si era posizionata accanto a Kane, il più vicino possibile per dimostrare a tutti quale sarebbe stato il suo posto, ma il più lontano possibile per non incorrere nella sua ira. 

Lachlan e Terran non la guardavano, ma le loro mascelle contratte e le mani posizionate sulle spade erano un chiaro segno delle loro intenzioni. 

Braxton era bianco, immobile, si comportava con la solita freddezza solitamente attribuita agli Esoti. 

Kane la guardava, seduto sul suo trono imponente, il mento poggiato sul palmo sinistro, la gamba destra allungata in avanti, pronta a correre verso di lei, la sinistra piegata, come a fare da sostegno a quel salto che gli avrebbe permesso di raggiungere sua sorella prima che scappasse ancora. 

Non c'era nessun altro nella sala.

Quando le porte si chiusero con un tonfo impedì al suo corpo di sobbalzare per lo spavento. 

Raggiunse il trono.

Tre metri tra lei e suo fratello. 

Le mani dietro la schiena, una velata dimostrazione che gli avrebbe fatto capire che non aveva intenzione di combattere. 

Aspettò che dicesse qualcosa. 

Osservò i suoi capelli scompigliati, la corona malamente posta sul capo, le occhiaie profonde, lo sguardo spento, di un verde scuro, la barba di qualche giorno, le labbra sottili. 

Anche lui la osservò, annusò l'aria intorno a lei solo per accorgersi di quello che tutti gli altri nella sala già conoscevano.

Le sue prime parole non riguardavano quell'odore di cenere e fuoco che l'avvolgeva come una seconda pelle. 

«Mancano meno di due ore.»

Esordì, la voce ruvida e roca, come se avesse passato gli ultimi giorni a urlare ordini. 

Non poteva credere che fossero state grida di disperazione le sue.

«Lo so.»

Mormorò, guardandolo con sufficienza, stanca di quella partita di potere e di indifferenza a cui giocava solo Kane. 

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