𝟑𝟏

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Era davanti alla finestra della sua camera da letto.

In piedi con indosso la sua armatura ad osservare ciò che Sunbury aveva da offrirle.

Nulla.

La città era buia, desolata, non era rimasto più nessuno che rendesse magnifico il panorama che amava guardare quando rimaneva sola con i suoi pensieri.

Oltre alle fioche lanterne dei soldati che si occupavano di ispezionare le strade per assicurarsi che non ci fosse più nessuno, osservare Sunbury quella notte era come osservare l'interno della sua anima: buio, vuoto, oscuro.

Un brivido le attraversò la schiena: la spina dorsale era perfettamente guarita, così come il resto delle sue ossa, pronte per affrontare quel viaggio verso una città che non aveva mai avuto occasione di vedere.

Lei e Aled avevano messo a punto un piano che avrebbe retto fin tanto che tutti la credevano ancora convalescente, in bilico tra la vita e la morte: nessuno avrebbe dovuto sapere cosa stavano per fare o Nakoa, sostituto perfetto di Kane, l'avrebbe rinchiusa nelle segrete per le ultime due settimane che avevano prima che i Cavalieri arrivassero.

Non poteva permettere che succedesse una cosa simile, non quando avevano ancora una possibilità di scoprire qualcosa a Sunfire.

Avevano entrambi deciso che partire quella notte sarebbe stata la scelta migliore, prima che ritornasse suo fratello, quando metà delle guardie reali lo aveva seguito e nessuno avrebbe prestato molta attenzione a loro, che girovagavano allegramente per una città vuota.

«Funzionerà?»

Le aveva chiesto Aled prima di lasciare la sua stanza, quel pomeriggio, per mettere a punto il primo passaggio di quel folle piano. Lei l'aveva guardato, i muscoli ancora doloranti, ma lo sguardo fiero e sicuro, e aveva annuito.

«Deve funzionare. Amias mi ha detto che a Sunfire c'è qualcosa di importante che mi aiuterà a capire i Cavalieri e sento che dovrei saperlo, magari il loro punto debole o un'arma che potremmo usare per ucciderli.»

Voleva andare a Sunfire per scoprire cosa la sua famiglia le aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo.

Voleva andare in quella città perché era davvero l'ultima occasione che aveva per salvarsi.

Lei era determinata a restare in vita tanto quanto i Cavalieri volevano liberarsi dell'incantesimo; quello che aveva avuto modo di conoscere le aveva fatto capire quanto fosse pronto a fare qualsiasi cosa pur di poter rivedere i suoi fratelli, rivederli per più di ventiquattro ore all'anno.

Per tutti erano dei mostri incapaci di amare, ma ciò che provavano l'uno per l'altro doveva essere una forma d'amore che lei non aveva mai conosciuto, l'amore fraterno di cui era stata privata.

Insomma, suo fratello era andato via, l'aveva lasciata sola nel momento di maggiore difficoltà: la sua vicinanza non l'avrebbe fatta guarire più in fretta, ma svegliarsi e trovare la sua figura ripiegata sulla poltrona in una posizione scomoda l'avrebbe fatta sentire meglio, più amata forse.

Ma lui aveva preferito andarsene, accompagnare il suo popolo in un'altra città, dove sarebbe stato al sicuro da qualsiasi minaccia, nemica o amica che fosse.

Aled le aveva detto che, quando aveva scoperto cosa le era successo, non era andato da lei nemmeno una volta. 

Si era limitato a mandare un guaritore per provare a curare le sue ferite, e quando gli era stato detto che dovevano solo aspettare che il processo di guarigione iniziasse, lui aveva annuito e continuato a leggere le sue carte, a confrontarsi con i suoi generali sulla strada più breve per arrivare a Sunlight.

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