𝟐𝟏

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Aveva gli occhi di tutti puntati addosso. 

Non poteva certo dargli torto.

Si sentiva bellissima. 

Era bellissima.

Bellissima e pericolosa. 

Camminava lenta tra i membri del consiglio reale, il rumore dei tacchi sul pavimento bianco l'unico suono udibile in tutta la sala del trono. 

Il vestito nero scivolava lento dietro di lei, lasciando al suo passaggio una scia di ombre, pronte ad infilarsi tra le scanalature del marmo prima di svanire.

Volevano incutere timore in quei Fae di nobile stirpe, rammentare loro che non tutti erano disposti a seguire ciecamente gli ordini del Re. 

Lei non li degnò di un'occhiata. 

Non meritavano nemmeno che perdesse tempo a riconoscere i volti di quelli che la volevano morta o quelli più audaci che avevano suggerito alla sua famiglia di ucciderla. 

Non perdeva tempo a preoccuparsi delle loro vite, non come facevano loro. 

Camminava a schiena dritta, il mento alto, la testa che portava con fierezza la corona di sua madre, non certo perché fosse appartenuta a lei. 

No

Quella ormai era la sua corona. 

Era riuscita a portare via qualcosa a quella Fae finalmente. 

Era stato strano quella mattina svegliarsi e trovare un vestito completamente diverso da come lo aveva lasciato, ancor di più rendersi conto che erano state le sue ombre a colorare di nero il tessuto candido, le pietre preziose; una di loro le aveva solleticato la spalla, come a prendersi il merito di quel capolavoro, quando aveva afferrato il tulle tra le mani, così scuro che non era riuscita a vedere nemmeno le sue dita.

E quando aveva visto la corona si era sentita una Regina, ma non il tipo di Regina che suo fratello voleva che fosse per quel giorno.

Non aveva potuto fare a meno di ghignare per tutto il tempo che aveva impiegato a prepararsi, indossando i due regali di Kane con la stessa furia con cui avrebbe indossato un'armatura prima di una guerra.

Non aveva pensato a come l'avrebbe presa suo fratello, poco le importava: non aveva mai ordinato alla sua oscurità di fare alcunché, non poteva fargliene una colpa.

Ma poteva essere arrabbiato, infastidito dall'orgoglio con cui indossava quel colore così scuro, adatto a lei molto più del bianco in cui voleva rinchiuderla. 

E mentre camminava con quel vestito addosso, passo dopo passo, il tessuto che le scivolava sulle gambe lunghe, percepiva il timore di molti Fae, tutti tirati a lucido per accogliere come si deve il Re responsabile di centinaia, forse migliaia, delle morti dei soldati di Adalmat.

Erano ridicoli tutti vestiti di bianco, solo per omaggiare un Re nemico che li avrebbe traditi. 

Che facessero come volevano, lei avrebbe dimostrato ad Amias che non era affatto cambiata dall'ultima volta che si erano visti, anzi era peggiorata, e le sarebbe bastato davvero poco per ucciderlo. 

Abbassò poco il mento solo per rendersi conto, con delusione, che la sua camminata trionfale stava per finire, la meta da raggiungere vicina ormai. 

Il trono di Kane era a pochi metri da lei. 

Era sistemato su tre gradini bianchi, sfumature di verde nel marmo chiaro per rimandare al colore degli occhi del Grande Re, così come l'elaborato scranno su cui era seduto.

Shadow SwordWhere stories live. Discover now