12. La legge degli spietati

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12.

La legge degli spietati


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Dire che fosse arrabbiato sarebbe stato riduttivo: era un mare di dinamite pronto ad esplodere e si sentiva tremare dentro.

James Madden prese posto sul sedile del veicolo e fu nuovamente libero dopo aver trascorso la bellezza di un giorno -senza nessuna concreta accusa- in gattabuia.

Il guidatore non aveva ancora trovato il coraggio di aprir bocca e quando udì le prime parole del capo si domandò perché accidenti fosse toccato a lui il turno per andare a prenderlo.

"Perché ci avete messo tanto? Razza di incapaci, siete utili come la merda in culo."

Il guidatore prese tempo e ticchettò con ansia le dita sul volante, riflettendo sul modo migliore in cui recapitargli le terribili novità che si erano verificate nelle ultime ore.

"Purtroppo boss ci hanno teso delle trappole" iniziò a dire piano, cercando di non aggiungere ulteriore benzina sul fuoco. "Non appena la polizia vi ha portato via, i Peaky Blinders si sono impossessati del locale e hanno dato inizio a una rissa. Poi a tarda serata, già che c'erano, hanno incendiato il magazzino in cui tenevamo la scorta principale di whiskey."

Silenzio.

Un glaciale silenzio.

Il guidatore gettò una rapida occhiata allo specchietto retrovisore e si accorse che Madden era furente. Le spalle dell'irlandese erano percorse da violenti spasmi che avevano ben poco di umano e l'occhio di vetro traballava in modo inquietante.

"Ehm capo..." lo richiamò flebile, in parte terrorizzato da una sua possibile reazione mentre cercava invano di tamponare il danno. "Comunque non preoccupatevi, abbiamo altre scorte in abbondanza ehm e pure altri magazzini uhm. È sì una perdita ma non troppo grave mmm..."

"Fai marcia indietro. È ora di rispondere come si deve ai loro giochetti del cazzo."

Suonò come un ordine, ma soprattutto come una promessa di morte.

Farai meno lo stronzo Thomas Shelby quando ti accorgerai contro chi ti sei messo.





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Cassandra portò il bicchiere sbeccato alle labbra socchiuse e bevve un piccolo sorso, trattenendo il liquido sulla punta della lingua per identificare il retrogusto.

"Non è male il gin, mi dispiace averlo scoperto così tardi" rivelò dopo un'attenta degustazione a Thomas, seduto al suo fianco.

Erano al Garrison, intenti a bere in prossimità del bancone. Ormai era pomeriggio inoltrato e a quell'ora il pub era semi deserto, eccezion fatta per loro e per qualche sporadico ubriacone che passava la vita a uccidersi il fegato.

Thomas nel sentire la rivelazione della donna stese le labbra in quello che pareva quasi un sorriso.

"Dovresti darmi ascolto più spesso."

"Se ti dessi ascolto diventerei noiosa tanto quanto te."

Thomas inarcò un sopracciglio con aria educatamente stupita.

"Pensi che io sia noioso?"

"Spesso, sai per colpa di quell'aria di regale distacco che ti porti appresso. No dai, solo a volte" si corresse Cassandra, pensierosa, fissando il fondo circolare del bicchiere. Poi tornò a guardare l'interlocutore con una certa intensità. "Ad essere sinceri mi hai colpito dai primo istante in cui ti ho visto, quel lontano giorno che sedevi nel tuo ufficio in Watery Lane, intento a firmare cumuli di scartoffie."

Sicario || Thomas ShelbyWhere stories live. Discover now