12 - Non mi piace andare al parco.

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Mira era seduta sulla poltrona nel salotto, la tazza di the fumante fra le mani. Soffiava piano per portare la bevanda a una temperatura più accessibile. Nella stanza entrarono Chiara e Tommaso e si sedettero sul divano. Sul tavolino da fumo c'era un mazzo di carte sparpagliato.

«Cos'hai letto?» chiese la ragazza.

«Niente. Non mi mostrano altro che la lama della torre.» rispose Mira.

«Cosa vuol dire?» s'informò Tommaso.

«Non lo capisco.» sospirò la donna «Potrebbero essere dei problemi e non sono tranquilla. La Torre indica anche cadute. In ogni senso, fisico, psichico ed emotivo.»

La carta era al centro del tavolino, rappresentava una torre in pietra vista minuziosamente dipinta, con fiamme che uscivano dalle finestre e un uomo che precipitava a testa in giù, con le mani a proteggere la testa. Chiara la prese in mano.

Uno specchio su una toeletta d'epoca era vicino a una finestra. Il paesaggio era composto da una cittadina che poteva essere la sua, non fosse che il cielo era rosso, come se il tramonto avesse deciso di espandersi per tutta la volta. La stanza era in pietra vista grigia, sembrava una camera di un Castello medievale. Una donna alta con lunghi capelli neri, fasciata in un abito cremisi, camminava avanti e indietro, innanzi alla pediera di un enorme letto a baldacchino adornato con finiture argentate. Parlava da sola.

«Lui è scappato, ma non importa. Lei... lei la pagherà...» poi il suo volto si illuminò, un'idea le era salita alla mente. Prese lo specchio, quello sulla toeletta, dal manico e lo baciò. Il suo riflesso si annebbiò, come se del vapore avesse appannato lo specchio, poi sembrò che dentro ci fosse del fumo che si muoveva. Lo baciò ancora e sussurrò una sola parola.

«Milena...»

Nello specchio comparve il volto addormentato della ragazza, si udiva il battito regolare di un cuore. Il fumo travolse quell'immagine e comparve il viso di Daniele. Il battito accelerò. La donna posò lo specchio, che riprese il suo ruolo di superficie riflettente, e uscì a passo spedito dalla porta di legno. Ridendo.

Chiara posò la carta e Tommaso la scrutò.

«Ora lo chiedo io: cos'hai visto?» chiese lui.

«Era... una torre.» esitava, ma i due attendevano che proseguisse, quindi raccontò nel dettaglio ciò che aveva visto e sentito «La cosa strana è che... Bhe, lei mi sembrava di conoscerla. Sembrava Layla, ma più adulta.» Mira posò la tazza e riprese in mano la carta. La Torre. Qualcuno voleva fare male a sua figlia... e lei sapeva come reagiva la sua bambina se ci avessero anche solo provato.

«Forse non è ancora successo» suggerì il ragazzo «e Milena non lo farà accadere. È una strega e, se le cose sono come credo, anche la sua döppelganger. Non è il momento di preoccuparci. Tuttavia... questa donna che assomiglia a Layla non mi piace per niente.»

Sua madre annuì pensierosa.

«Se fosse,» Chiara di mordeva il labbro «ho comunque visto solo una piccola parte della storia. Non sappiamo il resto. Magari era riferito ai döppelganger.»

«Non credo.» intervenne Mira «La lettura l'ho fatta su mia figlia. Era questa l'energia sulle carte, quindi la tua visione ha seguito sicuramente questa scia magica.»

«Mira,» disse dolcemente Chiara «Milena è molto in gamba.»

«A volte non basta.» dichiarò amareggiato Tommaso.

La mente di sua madre andava nel passato, però, rivedendo la sua Milena quando aveva sette anni.

Al parco giochi tutti i bambini giocavano insieme. Quel giorno d'estate, in particolare, genitori e figli si salutavano, chi tornava dalle ferie con l'abbronzatura vistosa e chi sarebbe partito a breve. Una bambina guardava una mamma e la figlia, le scrutava. La mamma, Mira, era seduta sulla panchina e la bambina, Milena, era in piedi e stringeva in braccio una bambola. La bambina, Beatrice, che non levava loro gli occhi di dosso aveva i capelli lisci e neri, con occhi scuri che penetravano come dardi. Si avvicinò loro e guardò la bambola.

«Lo psicologo della mia mamma» esordì lei «dice che le bambole devono essere messe via quando si iniziano le elementari.»

«Le bambole» rispose Milena «si tengono quanto si vuole.» e strinse più forte la sua.

Mira non interveniva, sapeva che era peggio. Beatrice scattò veloce e la bambola fu tra le sue mani.

«Ora è mia!» gridò trionfante.

«No! È la mia bambola!» si arrabbiò Milena

«Tanto tu sei grande per le bambole. Te la butto io!» e si voltò per andare verso il cestino.

Milena urlò «No!» e aprì le braccia.

Il cielo si fece improvvisamente scuro e un fulmine colpì un albero lì vicino. Beatrice si immobilizzò e la bambola le cadde di mano. Guardò gli occhi ridotti a fessure di Milena. Mira era scattata di fianco alla figlia e la stringeva a sè. Le mamme prendevano i figli e scappavano via, quella di Beatrice la prese in braccio al volo e sparì nella macchina. Mira strinse più forte Milena, che ora fissava la sua bambola a terra. Il cielo si rischiarò.

Tornarono a casa in silenzio. Davanti alla porta di casa, la piccola Milena strinse più forte la sua bambola, poi spalancò gli occhi verdi e dichiarò «Non mi piace andare al parco.»

«Spero che Milena riesca ad affrontare qualunque cosa debba trovare davanti al suo cammino.» sospirò Mira, chiedendosi se ci fosse qualcuno più pericoloso di una ragazza sensibile con il potere di governare gli elementi. E... se c'era... quanto doveva essere terribile? 

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