1 - Una casa in cui non chiedere, ma dare.

15 1 0
                                    

Era una giornata soleggiata. La via era fiancheggiata da villette con i tetti marroni e le facciate color miele. Una strada secondaria e tranquilla, non c'erano macchine in transito e non volava una mosca. Aprile era stato molto più caldo degli anni precedenti e si respirava la voglia di estate e di abiti leggeri, insieme al desiderio generale nella città di sfruttare ogni momento libero per stare al sole e fare una bella scorpacciata di vitamina D.

Solo una persona si muoveva nella via, un ragazzo. Era rimasto parcheggiato davanti a una delle villette, poco distante dal parco di quartiere, che aveva un tavolo da pic-nic, due altalene colorate e un cavallino a molla, che il giovane stava fissando senza vederlo. Aveva aperto e richiuso la portiera della macchina, una splendida Audi TT blu elettrico, almeno quattro volte prima di decidersi ad uscire. Percorse il vialetto con ansia evidente, si torturava le mani, dava l'idea di un delinquente che andava a costituirsi alla polizia. Il ragazzo, Daniele, guardò nervosamente l'orologio da polso, erano le 10.30.

I capelli color zenzero lanciavano riflessi dorati a ogni passo, fino al cancello, dove si fermò a cercare il campanello, che però non c'era.
Prese un profondo respiro e avanzo verso il portone. Daniele ora fissava il campanello. Non era ancora convinto. Sostava davanti alla villetta color del miele. Guardava il portone di legno e il piccolo pulsante quadrato e nero del campanello. Sulla targhetta era riportata la scritta: Bianco M. Addario M. Addario T. Avvicinò il dito, poi lo ritrasse. Rimase a fissarlo ancora, non si accorse neanche di avervi posato il polpastrello, di nuovo, e di aver premuto. Scelta inconscia.

Dlin dlon!

La voce cristallina aldilà del portone cantilenò:«Accomodati!» mentre spalancava l'uscio. Daniele era spaesato ed entrò timidamente, in una postura chiusa, dava l'impressione di volersi rannicchiare in un angolo. La signora che aveva davanti aveva circa mezzo secolo, quasi il doppio dei suoi anni. Era avvolta in un aderente vestito arancione e i capelli racchiusi in un turbante su cui regnavano calde tonalità di giallo; il trucco leggero, con un rossetto color pesca rendeva il suo sorriso morbido e benevolo.

Lo invitò a sedersi nel soggiorno, sulle morbide poltrone nere che incorniciavano il tavolino da caffè in vetro. Gli versò l'aromatica e scura bevanda e fece altrettanto per sé, poi venne al dunque.

«Cosa ti porta, caro, a varcare la mia soglia? Proprio tu... Insomma tua madre non ne sarà felice, suppongo, visti i nostri precedenti.»

Daniele sorseggiò il caffè e si schiarì la voce.

«Signora Bianco... mi dispiace per quello che ha detto e ha fatto la mia famiglia... e che continua a dire e fare. So anche che, per il mio assecondare tutto questo, meriterei che la porta me l'avessi sbattuta in faccia, ma... ma non so a chi altro rivolgermi.»

Lei bevve un lungo sorso, poi posò la tazzina piegando le labbra in un leggero sorriso.

«Daniele, chiamami per nome, Mira, non sono così vecchia.» gli sorrise con calore «Non si può giudicare una persona dagli sbagli dei genitori. È vero, li assecondi, ma sono la tua famiglia. Comunque sia... dimmi qual è il problema e vedremo di trovare una soluzione.».

La donna ascoltò ogni parola, con molta attenzione. Al termine del racconto, in cui aveva colto tutta l'ansia e la paura nella sua voce, dovette dargli due notizie.

«Daniele... io non ho le capacità né le conoscenze per aiutarti...» in un solo istante sul viso del ragazzo comparve il più triste sconforto «però, caro, so chi ti potrebbe aiutare.» e altrettanto rapidamente il rosa ricomparve sulle sue gote e le labbra si piegarono appena, dando la sensazione di un sorriso.

Mira lo scortò al piano superiore e bussò a una porticina in fondo al corridoio. Gli chiese di attendere fuori qualche minuto ed entrò. Daniele era stupito di vedere un arredamento così minimale, nella casa di una sensitiva ci si aspetta di trovare poca luce e qualcosa di pacchiano ad ogni angolo, quanti film hanno avvalorato questo cliché nel tempo, invece c'era solo qualche pittoresco dipinto, ma niente di satanico... il che aumentava la fiducia nella sua scelta. I muri erano bianchi e il pavimento in cotto marrone, le porte erano in legno di ciliegio con le maniglie color oro rosa. Si aprì la porta e Mira lo invitò ad entrare, specificando che lei non sarebbe rimasta e che Milena lo attendeva.

Oltre lo specchioWhere stories live. Discover now