Capitolo 16- La verità

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- Manca davvero poco all'amichevole Tsukki! Non sei elettrizzato?!- gli chiesi scuotendolo per le spalle.

- Tu lo sei certamente più di me- disse scocciato.

- Quanto sei noioso! Quando ti ricapita nella vita di giocare? Potresti morire da un momento all'altro!- dissi scoppiando a ridere.

- Ma vaffanculo stronza, muori te!- disse tirandomi una botta in testa.

- Ahia!- dissi.

- Prego Tsukishima?-

Improvvisamente comparve dietro di noi Kageyama prendendo Tsukki per la spalla.

- Kags, cuccia, stavamo scherzando!- dissi ridendo.

- Meglio per te-

In generale i due dopo che ci eravamo fidanzati andavano più d'accordo, a parte in questi casi in cui Kageyama diventava estremamente protettivo, più di mamma-Suga. Il mio piano stava funzionando!

- Forza andatevi a cambiare che farete tardi all'allenamento!- dissi separandoli.

Raggiunsi gli altri in palestra mentre fissavo i due allontanarsi.

- Kaori, oggi faremo un'altra simulazione dell'amichevole, ci terresti i punti?- mi chiese Daichi.

- Certo- 

Così, dopo che arrivarono gli altri due cominciarono a scaldarsi. Mi sedetti sulla panca dove appoggiavano le borracce perché era vicino al segna punti e aspettai che iniziassero a giocare.

Al servizio c'era Kageyama: palleggiò la palla a terra per un po' e poi prese la rincorsa lanciando la palla. Quando c'ero io a vederlo giocare, si impegnava ancora di più per fare bella figura, quell'idiota...

Era fantastico vederli giocare da così vicino, mi sembrava quasi di essere in campo.

Pensa un po': quando giocavo non vedevo l'ora di andarmene dal campo e invece adesso avrei fatto di tutto pur di tornare davanti alla rete come ai vecchi tempi.

La parte peggiore era il riscaldamento pre-partita, mi demotivava più di ogni altra cosa per iniziare al meglio la partita vera e propria!

Era terribile stare là in mezzo quando stavi per scoppiare a piangere e con l'allenatore che ti urlava di sorridere e incitare le compagnie. 

Ero il capitano no? Dovevo dimostrare a tutti di essere forte, la colonna portante della squadra.

Ma di quale squadra?

Perché tutto era finito così?

Quando giocavo ed ero felice dicevo agli altri che non avrei mai lasciato la pallavolo e che avrei insegnato anche ai miei futuri figli a giocarci.

Ricordavo ancora il leggero dolore che mi lasciava la palla dopo aver schiacciato, oppure il fiatone che avevo dopo aver provato troppe rincorse d'attacco di fila; quando mi sentivo i polsi esplodere quando palleggiavo per troppo tempo contro il muro con la palla medica; il calore delle abrasioni che mi provocavo quando mettevo male la ginocchiera e mi tuffavo a recuperare il pallone; la terribile sensazione che avevo quando dopo aver fatto i tuffi a terra avevo le mani impastate dalla polvere.

Mi mancava così tanto tutto quello, ma al tempo stesso ne avevo una tremenda paura.

Mentre ero immersa nei miei pensieri continuavo a segnare i punti senza parlare o incitare gli altri.

Perché loro potevano giocare e io no?

Perché era successo proprio a me?

Se avessi giocato meglio le carte che avevo ora pure io sarei in campo ad allenarmi?

𝐋𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐝𝐫𝐨𝐠𝐚 ☮︎ - 𝐊𝐚𝐠𝐞𝐲𝐚𝐦𝐚 𝐗 𝐎𝐜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora