«Perché voteresti per l'assoluzione, genio

«Perché non ci sono abbastanza elementi per condannarlo» rispose Yumi al posto mio. «Di tua cugina non frega niente a nessuno, Hans. Lei è un testimone come un altro».

«Non l'ho chiesto a te» le rispose lui.

Tutti i giurati stavano guardando verso di me e persino Yumi sembrava aver esaurito tutta la verve.

«Non lo so» ammisi.

Era la verità, peraltro: non avrei votato per decretare la morte di qualcuno con una conoscenza tanto lacunosa degli eventi e, soprattutto, del contesto in cui essi si erano svolti.

«O forse lo sai?» insistette Hans. «Magari lo conosci. Potreste essere parenti, o amici. Potrebbe essere il tuo fidanzato».

Le sue parole mi scossero. Perché mai avrei dovuto conoscerlo?

«No...» provai a discolparmi. «Non lo conosco...»

«Ania» mi disse Yumi alzandosi e poggiandomi una mano sulla spalla. «È ovvio che non lo conosci. Non avresti potuto fare da giurato, altrimenti. Non ti preoccupare, non hai bisogno di giustificarti».

«Magari non lo conosce abbastanza a fondo da farsi invalidare la nomina» continuò Hans. «Magari è solo rimasta impressionata dal suo bel faccino da demon... da genio

«Vanhanen» si sentì tuonare. «Falla finita».

A parlare era stato l'uomo che, insieme a me e a Yumi, non aveva alzato la mano. Si alzò in piedi, superando Hans di tutta una testa. Poteva avere forse intorno ai quarant'anni, aveva lunghi capelli neri raccolti in una coda disordinata, la barba di tre o quattro giorni e un aspetto piuttosto trasandato e, tutto sommato, decisamente terrificante. Hans, infatti, gli lanciò una mezza occhiata storta poi si mise seduto in silenzio; l'uomo, dopo qualche attimo, parlò di nuovo:

«Anche io sono un genio» disse. «Se qualcuno dei presenti ritiene che questo sia un problema è pregato di farsi avanti e parlare adesso, in modo da non perdere altro tempo in seguito».

Ma, poiché nessuno disse niente, aggiunse:

«Bene. Visto che siamo tutti d'accordo, possiamo continuare».

E, in effetti, la riunione continuò. Hans non disse più una parola e anche l'uomo alto, l'altro genio, parlò poco e niente.
Io, dal canto mio, non riuscivo a non pensare alle parole che Hans mi aveva rivolto e a ciò che era successo dopo. Perché aveva insinuato che Jesper Kierkegaard fosse un mio amico o addirittura un mio parente? E perché l'uomo alto aveva chiesto ai giurati se qualcuno avesse problemi con la presenza di due geni nella giuria?

Magari è solo rimasta impressionata dal suo bel faccino da genio, aveva detto Hans.

Anche Kierkegaard era un genio, quindi.

«Ragazze» ci disse la signora Petrocchi, avvicinandosi di soppiatto, quando la riunione fu finalmente terminata, «vi va una tazza di tè?»

«Ragazze» ci disse la signora Petrocchi, avvicinandosi di soppiatto, quando la riunione fu finalmente terminata, «vi va una tazza di tè?»

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