Pasta al sugo

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Entro in casa e mi tolgo le scarpe, mettendole nella scarpiera e indossando le ciabatte.

«Hey» borbotto ai miei che stanno chiacchierando in cucina, mentre mamma sta preparando il pranzo.

«Ciao, è pronto tra poco, quindi vedi di non sparire in camera tua» dice mamma, intuendo le mie intenzioni, mentre papà mi saluta con un cenno della mano.

«Arrivo, due minuti» mormoro, eclissandomi in camera mia. È da tutto il giorno che penso a Dario e alla sua omosessualità e avevo creduto che una volta uscito da scuola me ne sarei dimenticato velocemente. Invece no, ancora non mi do pace su come diavolo sia possibile che un tipo come lui possa essere gay. Apro il computer e accedo a Facebook, ma il primo post che mi appare è proprio di Dario. È una foto, un po' buia, visto che è scattata evidentemente di sera, c'è lui che sorride all'obbiettivo, mentre circonda con un braccio il collo di un ragazzo. Che gli sta baciando una guancia con gli occhi chiusi. Forse per lui l'armadio è un po' troppo stretto e ha deciso di uscire allo scoperto.

Il mio compagno di classe indossa una camicia che gli sta quasi stretta, con le maniche a tre quarti, nera e piena di fiori rosa e gialli, uno scollo a v che gli arriva quasi a metà petto mi fa capire che quell'indumento non sia stato pensato per stare addosso a un uomo. Eppure, anche con una camicia da donna e un ragazzo che lo bacia, Dario ancora non mi sembra gay.

«È pronto!» grida mamma dalla cucina. Mi trascino fino al tavolo, continuando a pensare al fatto che una persona così normale sia gay. Se lo è Dario, può esserlo chiunque, il vicino, la cassiera, mio padre addirittura.

«Papà, sei gay?» chiedo. Entrambi si voltano di scatto verso di me, guardandomi con occhi strabuzzati.

«Ma che cavolo stai farneticando?» domanda, curioso, il diretto interessato. Sospiro e mi passo una mano nei capelli.

«Scusa... È che...» inizio, ma abbasso lo sguardo verso la pasta al sugo nel piatto. «...Un mio compagno, oggi, ha fatto coming out, ma...»

«Ha fatto cosa?» chiede di nuovo lui.

«Coming out, si è dichiarato gay, però, nel senso, lui sembra così... non gay, che mi sembra ancora impossibile che lo sia davvero» dico. Papà batte un paio di volte le ciglia, mentre mamma si apre in un sorriso.

«Bhe, è stato molto coraggioso questo tuo compagno» dice lei. «Poi è una cosa bella, no? Far sapere a tutti chi sei»

«Ma che dici?» le chiede stralunato papà. Credo che questa conversazione lo stia confondendo e non poco.

«Eh, che dico, Raja, dico che è bello poter amare chi ami alla luce del Sole, no?»

«No, sì, sì, non dico quello, dico solo che lui non sembra affatto omosessuale e... in un certo senso non capisco come lo possa essere» mi affretto a dire. Non mi fa schifo, né mi dà fastidio che Dario sia gay, non sono fatti miei di sicuro, ma sono solo stupito che un tipo come lui lo sia.

«E perché? Come deve sembrare un omosessuale, scusa?» incalza mamma. Gesticolo un po' a vuoto, cercando le parole.

«Non so... non ne ho mai visto uno, non posso neanche immaginarlo» mormoro.

«Pensa un po' invece, hai visto questo tuo amico per quattro anni e per tutto questo tempo non è sembrato omosessuale neanche per un momento» borbotta con un sorriso lei. Sospiro. Ha ragione, Dario è stato gay dal momento esatto in cui è nato e finché non l'ha detto, nessuno ha mai sospettato di questa cosa. E forse è proprio come lui e il suo ragazzo che devono sembrare gli omosessuali: persone normalissime, al limite del noioso.

«Ma... questo tuo compagno... è proprio gay gay?» chiede papà. Annuisco distratto.

«Ha un ragazzo» dico.

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