Capitolo 50

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Si dice che il fiore più bello dello Yorkshire sia il girasole.
Campi interi, disseminati su alte colline verdi...ricoperte di un manto color dell'oro.
Fiori che seguono il sole. Eretti, anche nel richiedere la loro propria linfa vitale.
La luce.
E in fondo cos'erano gli esseri umani, se non bambini che richiedono ad alta voce ciò di cui più hanno bisogno?
Era giunto il 20 luglio.
Pochi giorni, dopo una notte che era parsa lunga una vita intera.
Hermione Jane Hargrave si trovava nella casa materna. Ad Hargrave Hall. La Magnifica.
I girasoli di suo nonno avevano continuato a crescere...ed erano cresciuti alti, belli, pieni, rigogliosi.
Tutto aveva continuato a crescere, sotto la cenere.
La nuova generazione stava mettendo su ottime radici. Forti e robuste.
Quel giorno c'era un sole splendido.
Un cielo come la liscia superficie di un lapislazzulo.
Appena chiazzato da soffici nuvole color panna. Grossi nembi che mettevano allegria, invece che preannunciare pioggia.
Il vento le carezzò i capelli, sollevandosi a ventaglio...lei si girò in quel momento verso il maniero, il bel maniero dai tetti rossi e le pareti di intensi colori, vivi e brillanti. L'oro degli Hargrave.
Superò con lo sguardo la galleria di giardini botanici, fontane e statue che abbracciavano la tenuta a sinistra.
La serra in vetro e ferro battuto. La mezzaluna, a pinnacolo, che sormontava la struttura, catturando i raggi di sole di quel mattino iridescente.
Poi il parco, la fedele ricostruzione edoardiana, che ne coglieva lo spirito, trasmettendone la fedele espressione dello stile tramite il fiorire dei bucaneve, intrecciati fra di loro.
E lì, in quell'isola solitaria e verdeggiante, le tombe degli Hargrave.
Lì, vide Damon Michael Howthorne...in piedi. Accanto a due tombe.
Una vecchia di otto anni. Quella di suo nonno.
E una appena eretta. Alla memoria di qualcuno che non era mai nato.
Ma sarebbe rimasto nel suo cuore per molto, molto tempo.
Sorrise, senza accorgersene, vedendo la regale figura di suo marito, discordarsi dalla vegetazione come la statua di un dio del nord. Alto, di nero vestito, i capelli incredibilmente biondi...e occhiali dalle lenti rosse, che permettevano a Draco Lucius Malfoy di dare l'estremo saluto a l'unico suo rimpianto.
Draco stava appoggiato a una stampella. Ovviamente un bastone costoso e antico, a cui subito si era aggrappato con le unghie e coi denti, non appena era riuscito a fuggire dal San Mungo, la notte prima.
Un Malfoy non usava stampelle di plastica.
E un Malfoy, Draco Malfoy, non stava a letto, quando avrebbe potuto dire addio a suo figlio ancora una volta.
E questa volta per sempre.
Dei passi alle spalle della strega, la convinsero che era arrivato qualcuno a porgerle una spalla.
Una carezza sulla schiena ed Hermione poggiò la testa contro Ron Weasley, che le cinse il capo col braccio bendato.
- Che fai qua?- le chiese, frizionandole gentilmente i ricci soffici.
- Due passi.- mormorò, prendendogli la mano – Ti unici a me?-
Il rossino annuì, sorridendole.
S'incamminarono per i viali alberati di Hargrave Hall, godendo del tempo tiepido e mite.
Dapprima in silenzio, Hermione non riusciva a staccare lo sguardo da nessuno di quei luoghi.
La fontana circolare, situata nel punto d'incrocio degli assi principali dei quattro giardini della villa. Il giardino a est, quello su cui camminavano loro, studiato all'italiana, voluto dalla moglie di suo nonno, coperto di rampicanti, lasciato come lei loro aveva abbandonato, morendo. Ma coperto di glicine.
Ed Hermione amava il glicine. Tutto in quel fiore profumato le ricordava profondi ricordi.
Torbidi sentimenti. Primi baci d'amore.
La terra nera delle aiuole, in cui crescevano camelie bianche e rosa, magnolie stellate, digitali purpuree, ogni razza di tulipano. Gigli, regali gigli. Rose. Che non mancavano mai. Lillà. A ogni momento dell'anno.
Sua figlia amava quel luogo.
Hermione aveva sempre ringraziato per questo.
Glory amava i fiori. Questo la avvicinava a Liam Hargrave.
Aveva bisogno di unire i tasselli della sua vita. Seppur con pretenziosa insistenza.
Tutto nella sua esistenza era cambiato in fretta, con strappi violenti, a volte.
Battaglie, vittorie, sconfitte miserabili, dolori, amori, gioie...perdite, lutti.
Tutto era in mutamento.
Ma quel giardino non sarebbe mai cambiato.
- Il processo è alle undici.- le disse Ron, all'improvviso.
Hermione annuì.
- Ci vieni?-
- Certo. Harry?-
Weasley scosse il capo – Ha detto che stavolta resta a casa. Crede di portare male. O così gli ha fatto credere tuo marito.- sollevò lo sguardo chiaro al cielo, pieno di pazienza – Mi stupisco sempre dei ragionamenti che riescono a mettersi su quei due. E il bello è che si convincono anche a vicenda.-
- Privilegi degli invasati.- commentò la bella strega – Efren?-
- Già al Ministero. E' andato a litigare col Capo per un aumento di paga.-
Sogghignarono insieme, poi stupendo la Grifoncina, Ron smise di colpo di ridere.
Dalla sua espressione, sembrava non trovarci più nulla di buffo.
Arcuando un sopracciglio, fece per chiedergli cos'avesse, ma lui la precedette, levandosi una lettera dalla tasca interna della giacca che teneva appoggiata alla spalla sana.
Lei gli prese la busta fra le mani.
Il sigillo rosso portava il marchio ufficiale del Ministero, quello affidato a Duncan Gillespie.
Scrutò Ron, preoccupata. Lui, a buon ragione, tacque.
Lo strappo della carta, poi Hermione ne accolse un altro nella sua vita.
Le iridi dorate di sgranarono.
Il cuore iniziò a batterle forte.
- Edward ha dato le dimissioni ieri notte.- sussurrò Ron – Non sono più riuscito a parlarci. So solo che quella è da parte sua, per te. E Duncan ha proibito a me e a Harry di saperne di più. Quelle sono le loro spiegazioni per te.-
Leggeva rapida, veloce.
Afferrò il braccio a Weasley, per sostenersi a lui.
- Ora dov'è?- chiese, con voce strozzata.
- A Glasgow.- rispose il rossino, senza la minima inflessione nella voce – Suo padre l'ha buttato fuori da Dalton Hardfort Manor. Deve aver fatto qualcosa di tremendo perché George Dalton reagisse in questo modo.-
La stava supplicando di dargli un motivo.
Una ragione valida.
- Sono tenuta al silenzio.- Hermione accartocciò la lettera. Poi se la strinse al petto.
La calligrafia regolare di Edward le stava dicendo qualcosa.
Qualcosa che non poteva essere ignorato.
- Herm,- la voce di Ron diventò quasi supplichevole – ieri notte ha chiesto il divorzio ad Ophelia.-
No.
Lui non l'avrebbe mai fatto.
Sarebbe morto, piuttosto che lasciare andare l'unica donna che avesse mai amato.
Questo le stava urlando Ron. Eppure non capiva.
Il perché di quelle dimissioni.
Il perché del divorzio.
Il perché...Edward Deverall Dalton avesse deciso di punto in bianco di sfasciare la sua famiglia.
- Al San Mungo si sono sentite le urla di Ophelia per tutta la notte.-
Troppo stremati per riprendere a camminare, rimasero fermi. Immobili.
Le statue angeliche, che avevano sempre vegliato con volto sereno sulla casa, ora a Hermione sembravano tristi.
O forse era solo la sua immaginazione.
Serrò le palpebre, bruciò la lettera che aveva in mano, per non lasciarne più traccia.
Nessuno deve sapere.
Avrebbe accettato la volontà di Edward.
Si, l'avrebbe fatto. Perché lo capiva.
Fin troppo bene.
Ma quel nuovo dolore le spezzò il fiato in gola.
La schiena.
Il cuore.
Draco e Harry sarebbero stati furibondi.
Mai l'avrebbero perdonato, una volta che lui...si fosse mostrato di nuovo.
Nella sua nuova missione.
Col pensiero, volò ai fatti accaduti negli ultimi giorni.
Una serie infinita di processi, mandati d'arresto. Accuse, false testimonianze.
Il Wizengamot aveva lavorato giorno e notte. Non erano mai stati spiccati tanti mandati d'arresto da più di sedici anni.
Metà dell'alta società dei maghi era finita ad Azkaban.
Paul Brockway aveva terminato il suo mandato, per finire dall'altra parte delle gabbie nel nero castello sull'acqua dove tutti i Mangiamorte catturati sulla defunta Riddle House erano stati rinchiusi.
Badomen era stato sottoposto al Bacio. Due giorni prima.
Una sentenza sola. Unanime.
Stessa sorte, goduta anche da chi aveva pensato di essere riuscito a sfuggire ai vigili occhi dei tre Fondatori dell'Ordine della Fenice, che l'avevano catturato nei cunicoli di Casa Riddle, era stato in compianto Segretario Donovan.
Catturato da Silente, nei tunnel, era stato portato fuori dal trio come il peggiore dei reietti.
Come il primo fra i traditori.
Peggior sorte, in termini di fama, non era toccata neanche a Craig Badomen.
Il Ministro Dibble aveva presenziato a tutte le udienze.
E sorpresa fra le sorprese, una decina di Consiglieri dell'Alta Corte dei Maghi erano stati destituiti.
Con onori alla carriera...però con l'infamia di essere stati messi a riposo.
Fra questi, Dolores Umbridge purtroppo l'aveva scampata.
Restando ancorata a quella sedia, che forse non avrebbe mai ceduto...se non morendo.
Altri, con gran sorpresa e con gran rabbia di Harry Potter, erano riusciti a sfuggire alla prigione.
Fra questi pochi graziati, con un che di incredibile, Zeus Levy.
E la moglie del defunto Cletus Hurt.
Secondo i Legimaghi del Ministero, Zeus Levy erano stato messo sotto Imperius da suo fratello minore, Eos Levy.
E quindi costretto a diventare Mangiamorte.
Sorte identica alla moglie di Hurt. Entrambi i redenti, avrebbero trascorso un periodo relativamente breve sotto il controllo del San Mungo e dei Legimaghi. Ma entro un anno, sarebbero tornati in libertà.
La reazione di tutti gli Auror che erano stati presenti alla battaglia era stata di rabbia, sconcerto.
Frustrazione.
Altre energie perse per niente.
Perché ancora una volta qualcuno l'aveva fatta franca.
Lucilla, venuta a saperlo, non aveva accolto la notizia con lo sdegno degli altri compagni.
Per esperienza, sapeva che tutti i nodi venivano al pettino. E, col suo raro ma gelido ghigno sulle labbra, aveva commentato che nessuno smette di essere Mangiamorte.
E prima o poi, ognuno di quelli che si erano salvati avrebbe commesso un passo falso.
Magra consolazione, forse. Ma la saggezza accumulata negli anni le aveva fatto vedere tutto in una diversa prospettiva.
La felicità della Lancaster non era stata offuscata da nessuno dei recenti accadimenti.
Per un semplice motivo.
Cedar House era diventata la casa di Jess.
Lei e Tristan si erano trasferiti al centro di Mayfair. In una villetta minuscola, in confronto alla loro vecchia casa. Però, quando suo marito le aveva proposto di andare a "vivere insieme", lei non ci aveva pensato su due volte.
Mai avrebbe rifiutato.
E così, vivendo ora insieme come due ragazzini, la povera Degona era rimasta senza alloggio.
A Mayfair, le era stato gentilmente detto, per lei ci sarebbe stato poco posto.
Basita, ma talmente grata al cielo che i suoi avessero almeno tentato di appianare le loro divergenze, aveva fatto fagotto ed era diventata la felice proprietaria di un appartamentino di fronte all'Associazione Hayes.
E non era l'unica parte in causa a pagare l'affitto.
Aveva un coinquilino.
L'unico cruccio di Degona, che in quei giorni toccava alti picchi di gioia da cui niente e nessuno sarebbe riuscito a smuoverla, era il totale distacco creatasi fra sua madre...e Caesar.
Zero assoluto. Contatti interrotti. Pacifico e noncurante disinteresse.
E tanti saluti.
Se non altro Cameron in quel periodo aveva un chiodo fisso e una missione da portare a termine per preoccuparsi del dispiacere di aver perso la sua migliore amica. La missione di far innamorare di sé sua moglie oltre ogni limite concepibile, come se Denise Loderdail avesse bisogno d'incoraggiamenti in quel senso.
E poi, d'altra parte, Caesar aveva anche un altro compito da portare a termine.
Presenziare al processo che si sarebbe tenuto da lì a poche ore, al Ministero della Magia.
L'imputato?
Thomas Maximilian Riddle.
- Chi li paga i venti avvocati che ci sono entrati in casa ieri?- bofonchiò Ron, inspirando forte per dimenticare ciò di cui avevano parlato.
- Chi vuoi che li paghi.- Hermione fece una smorfia di disgusto, ma cercò di trattenere la repulsione verso i coniugi Black. Erano pur sempre i nonni di Draco. E i bisnonni di Glorya.
Ok, Jocelyn Black aveva cercato di farla secca ma...ma c'era di peggio nella vita.
Perdere una guerra.
Perdere un amico.
Perdere un figlio
.
- Non credevo che l'avreste mai detto a Malfoy Senior.- commentò il rossino, quando si voltarono di nuovo per tornare indietro. Trovandosi così di fronte a uno spettacolo insolito. Per non dire...inimmaginabile.
Jane Hargrave, Scott Granger, Lucius e Narcissa Malfoy.
Tutti insieme, davanti alla tomba.
Sargas Liam Malfoy.
Tutti a salutarlo.
E cosa ancora più toccante, una mano di Lucius Malfoy stava poggiata sulla spalla del figlio.
Appena percettibilmente. Forse Draco neanche sentiva il contatto del palmo contro di sé...però...
Era un inizio.
Un bacio sulla tempia e Ron lasciò l'amica.
- Ci vediamo in tribunale fra due ore.-
- Si, Ron.- gli sorrise, passandosi velocemente le dita sotto gli occhi – A dopo.-
Si soffermò un secondo a scrutarla, poi oltre le sue spalle – Muoviti, prima che a tuo marito venga una crisi isterica quando suo padre proverà la nuova esaltante esperienza di abbracciare il suo primogenito per la prima volta dopo quasi trent'anni.-
Che acidità, pensò Hermione fra sé, riprendendo la sua via.
Però aveva ragione Ron per una volta. A Draco sarebbe venuto un enfisema senza neanche fumare quaranta sigarette al giorno, se Lucius avesse anche solo alzato un dito in quella direzione.
Fortunatamente, arrivata a una decina di metri, se ne andarono tutti.
Narcissa Malfoy le sorrise perfino.
Wow, il mondo stava davvero per crollare come un castello di carte.
Restarono solo Damon e Draco. Ma il biondo aveva i suoi occhiali rossi sul naso...e sebbene facesse fatica, una fatica micidiale a tenersi in piedi senza tenere il palmo della mano destra sul bastone, stava fabbricando l'ennesimo di una lunga serie di uccellini di carta.
Origami.
Una marea di origami. Tanti uccellini bianchi...che qualcuno faceva svolazzare sopra la tomba.
Una bella tomba di marmo bianco, piatta, più piccola di quella di Liam Hargrave...su cui troneggiava un angioletto sorridente, con espressione dolce, paffuta, tenera.
Forse troppo, per uno come Sargas.
Il bimbo cacciò un gridolino di gioia, quando sua madre li raggiunse.
Damon restava un po' indietro, mani nelle tasche dei jeans, il viso piacevolmente colorito.
- Come andiamo?- chiese Hermione, dandosi poi della sciocca per aver posto una domanda tanto idiota.
Ma cosa poteva dire?
Lei non ci aveva mai saputo fare...in quelle situazioni...
- Abbiamo qualche minuto, ancora.- le disse Damon, trattandola con dolcezza.
Il suo tono amichevole, comprensivo, riuscì a metterla a suo agio. Capì finalmente che avrebbe dovuto rivolgersi a lui già da molto tempo. E guardando Draco, che rideva per come Sargas faceva volare in una spirale tutti gli origami, si chiese come avrebbe fatto a staccarli.
Come si sarebbero separati?
- Deve...- si morse il labbro, fissando Howthorne piena di apprensione -...cioè...il bambino...andrà da solo?-
Era così piccolo! Come avrebbe affrontato un viaggio simile senza spaventarsi?
Per cinque anni era sempre stato insieme a loro, senza mai staccarsi da lei e Draco...e ora...
- Stai tranquilla.- Damon posò gli occhi da lei a Sargas, a qualcun altro, dietro a Malfoy – Ho chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Ci penserà Nora.-
Nora Moore era pronta. Il giorno prima Damon l'aveva accompagnata dalla sua famiglia.
Dalla sua amica Maggie.
Oh, era stato più difficile di quanto avesse pensato.
Perché erano i morti che non sapevano dire addio.
I vivi...soffrivano, pativano come cani.
Ma poi il dolore scemava, svaniva. Veniva accantonato, per sopravvivere.
Nora annuì verso il suo amato protettore, scompigliando i riccioli biondi a Sargas.
- E' ora di salutare.- sussurrò allora Damon – Dorothy verrà a prendervi fra poco.-
Lentamente, Draco si rizzò in piedi. A fatica, ma riuscì a rimettersi eretto.
Hermione gli fu subito accanto. Gli strinse la mano.
Gli fece male, eppure suo marito non si lamentò.
Doveva essere lì.
Ecco cosa significava amarsi.
Essere presenti.
Era già stato detto tutto...ancora e ancora.
Restava il silenzio. Più assordante di mille parole.
- Sargas...- Damon piegò la bocca in un sogghigno – Non devi dire qualcosa?-
Draco, attraverso le lenti, vide il piccolo sbuffare. Abbassò la testina ricciuta, picchiò il piede a terra un paio di volte.
Mosse le labbra.
E Howthorne ridacchiò – Che scuse penose.-
- Cos'ha detto?- sussurrò la strega.
- Ha detto che non aveva intenzione di fare paura a Glory e...- Damon si zittì, inferocito.
"Non volevo spingerla giù dalle scale..." concluse, sfidando il Legimors "Va bene così?"
- Eh, una meraviglia. Ha detto anche che gli dispiace di averla spaventata.-
"Dici alla mamma e al papà di salutarmi Lucas?" cinguettò.
- ...Vuole che salutiate Lucas...si è divertito molto...-
Se perfino Draco riuscì a trovare demenziale quella situazione, tanto da ridacchiare brevemente, allora ce l'avrebbero fatta, pensò Hermione. Lo adorava.
Lo rendeva felice.
E non avrebbe permesso che il riflesso dello Specchio delle Brame, per lui, si fosse modificato.
Lucente, brillante, un fuoco fatuo si sovrappose al sole, oltre la croce di marmo che sovrastava la tomba.
E venne Dorothy. Il suo orologio a cipolla, smise di ticchettare.
Era ora.
Ora di andare.

Sparirono per mano, Sargas, Nora e Dorothy.
La luce venne sopraffatta dai loro sorrisi.
La gioiosa risata di un bambino fu l'ultima cosa che si udì...poi i passi di Damon, che li lasciava soli.
Silenzio. Gli uccellini e gli origami, che volavano alti.
Il frullio delle loro ali...bianche e pulite.
- Perché qui la tomba?-
Hermione si nascose fra le braccia di Draco. Il viso, affondato nel suo torace.
- Credevo lo volessi nella cappella dei Malfoy.-
- No.-
Lui, con gli occhi di argento colato posato su quel marmo immemore.
- Con tuo nonno starà meglio. Quella non è brava gente...io sopporterò...ma non Sargas...e nemmeno Glory.-
Nessuno di loro.
La sua famiglia avrebbe riposato lontano, d'ora in avanti.
In fondo la casa è dove riposa il cuore.
E il loro cuore, sarebbe stato lì.
Fra quei salici, quei fiori...in quell'erba smeralda, che odorava di gelsomino.
Il cuore, lì per sempre.
Sempre...

T.M.R |DRAMIONE|Where stories live. Discover now